Abbassare la glicemia con l'allenamento?

di Gianfranco Di Mare

Performance Engineer

Come dicevamo nel post di ieri, in un allenamento dedicato all’esaurimento sia del glucosio ematico che delle riserve epatiche e muscolari l’atleta si trova nella necessità di bilanciare due istanze opposte: da una parte tentare di utilizzare come combustibile una miscela quanto più possibile ricca di glucosio e povera di acidi grassi; dall’altra, la consapevolezza che maggiore è l’utilizzo del glucosio e maggiore è l’accumulo di acido lattico, che limita di fatto il lavoro totale che possiamo svolgere.

In un’ora di corsa lenta si consumano molte più calorie (e si fanno molti più chilometri) che in un’ora di scatti brevi, visto che tra uno scatto e l’altro si deve per forza riposare parecchi minuti. Un’altra differenza notevole tra i due tipi di corsa è che negli scatti il sistema nervoso lavora a grande intensità: verso la fine dell’allenamento la velocità (e la voglia di continuare) diminuisce moltissimo anche per via della fatica nervosa che quindi limita, di fatto, la quantità di lavoro svolto.

Anche nel caso di una partita di calcio (che implica regimi di funzionamento misti, nei quali prevalgono di volta in volta glucosio o acidi grassi), l’atleta poco allenato si troverà pian piano a ridurre la frequenza degli scatti e/o la loro durata e/o la loro velocità, per spostarsi (man mano che la sua glicemia si riduce e la lattacidemia aumenta) verso l’utilizzo di una miscela energetica sempre più ricca di acidi grassi.

D’altro canto, se l’atleta ha una buona forza resistente in certi distretti muscolari (braccia, petto e spalle ad esempio) e meno forza resistente in altri (gambe ad esempio) ed anche meno resistenza generale, troverà che riesce a lavorare più intensamente con dei piegamenti delle braccia che con la corsa, o giocando a calcio.

Non dimentichiamo, infatti, che alla quantità ed intensità di lavoro che riusciamo ad esprimere contribuiscono non solo le qualità metaboliche della fibra contrattile, ma anche aspetti neurosomatici (la capacità dei nervi di erogare la corrente necessaria per forti contrazioni muscolari, la facilità a compiere certi gesti piuttosto che altri, la voglia di “spingere” sotto fatica, il piacere di ciò che facciamo…).

La migliore combinazione di esercizi per massimizzare l’utilizzo del glucosio potrebbe essere (se si ha una buona resistenza generale) effettuare esercizi prevalentemente anaerobici (piegamenti delle gambe, delle braccia, addominali in serie corte ed intense, trazioni alla sbarra… o, in generale, esercizi di bodybuilding) in modo che uno stesso gruppo muscolare lavori ancora solo a parecchi minuti di distanza. In questo modo l’atleta utilizza molto glucosio per ogni esercizio, ma produce (tipicamente) molto acido lattico e, sul totale dell’allenamento, lavora complessivamente poco perché i recuperi sono piuttosto lunghi. Ma si può ricorrere ad un “trucco”, modulando l’allenamento in modo da consumare glucosio, limitare l’accumulo di acido lattico ed aumentare i tempi di lavoro (per favorire un consumo maggiore). I dettagli nel prossimo post!

Image courtesy superbody.ro

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