Appena ho 18 anni mi rifaccio. Più che una promessa un debito … della società

Hanno tra i 16 e i 18 anni, sono benestanti e, per lo più, bei ragazzi e belle ragazze. Eppure l'unico desiderio che riescono ad esprimere per il loro compleanno, la maggiore età, la promozione all'esame di maturità è un intervento di chirurgia estetica come regalo. Un sogno che  si portano dietro da giorni ma spesso anche da anni (!!!) come se quel piccolo o grande ritocco estetico fosse l'unica cosa capace di cambiargli in meglio la vita.

Non che dietro ci siano grandi idee originali o innovative. La maggior parte si ispira a cose già ben note e omologate: i piedi della Barale, che li ha perfetti; le labbra, tipo Scarlett Johanson; il seno come quello di Jessica Alba e perfino dell'amica con cui fanno palestra o con cui vanno in discoteca. Tutto purché non sia il loro che comunque agli occhi del resto del mondo non avrebbe nulla di così "mostruoso" da dover essere cambiato.

Il problema è che questi bei ragazzi e belle ragazze hanno smesso di credere al corpo come a un dato di natura. Sono smaliziati, irruenti, incoscienti e per loro "la cosa più importante è piacere e non rimanere indietro." Così iniziano a modificare il proprio corpo, appena cominciano a averne coscienza.

Ma non è un semplice capriccio che passa col tempo, come credono molti genitori quando promettono di esaudire questo desiderio più in là sperando che arrivati davvero al loro diciottesimo compleanno o all'esame di maturità se ne siano dimenticati o l'abbiano sostituito con un altro capriccio più innocuo e magari più economico.
No! Loro soffrono davvero le pene dell'inferno per quell' "imperfezione mostruosa".
Alzano la soglia di sopportazione del dolore fisico, rinunciano al motorino pur di avere un corpo il più simile possibile a quello dei loro sogni. E se qualcuno cerca di convincerle-li che stanno bene esattamente come madre natura le ha fatte-li ha fatti, loro non ci credono, devono apparire come l'immagine che hanno in testa. Nulla sembra farli recedere di un passo, neppure se le dimostrazioni di stima vengono da colui o colei che amano e da cui sono amate.

Per fortuna non sono tutti così, ma i giovani raccontati nel libro edito da Bompiani "Appena ho 18 anni mi rifaccio. Storie di figli, genitori e plastiche" sono lo specchio di una società che aspira alla perfezione estetica come massimo valore. Una generazione di adolescenti che percepisce il proprio corpo come "un'azienda" e vuole ottenere "tutto e subito" senza dover faticare.

Partendo dalle esperienze di ragazzini minorenni ricorsi alla chirurgia estetica, l'autrice, la giornalista professionista, Cristina Sivieri Tagliabue, è andata a scavare nelle ragioni sociali ed individuali della necessità sempre più impellente di adeguarsi a canoni di bellezza divenuti irraggiungibili.
L'idea è nata "da un disagio personale nel non riconoscersi in quella che oggi è l'immagine della donna vincente", ha raccontato ieri lei stessa presentando il libro a Milano insieme a Benedetta Tobagi e Luisa Pronzato.
Si tratta di venti racconti narrati in prima persona da ragazze e ragazzi tra i 16 e i 18 anni, il cui più grande desiderio è sostituire un "pezzo imperfetto" del proprio corpo ricorrendo a tecnologie chirurgiche, senza rendersi conto però che "il problema non è il pezzo in sé, ma la fragilità psicologica ad esso legata", spiega Tagliabue.

Si tratta di una vera e propria inchiesta giornalistica perché per scriverlo l'autrice, che ha 36 anni, vive a Milano e scrive sulla pagina di creatività de Il Sole 24 Ore, ha intervistato direttamente ragazzini e famiglie, arrivando a descrivere la "metamorfosi della società verso la 'perfezione' sia in termini di efficienza, sia in termini estetici", come si legge nella prefazione al libro.
"Raccontare le esperienze delle ragazzine è un punto di partenza", ha detto Tagliabue, "perché in realtà questo è un libro sui valori. E per le ragazzine il valore è il corpo", utilizzato per ottenere le cose che vogliono.
Ma spesso, ha commentato Benedetta Tobagi, operatrice culturale e giornalista, "dietro questo mondo di chirurgia dei minori … ci sono dei confusi, disperati bisogni che non sanno esprimersi, e non trovando direzione si sfogano lì".

Il quadro che emerge è dunque quello di una carenza di comunicazione all'interno delle famiglie, della paura di non essere accettati, e di una società in cui "per ottenere amore e riconoscimenti devi essere bellissimo". E tutto questo spinge i ragazzi a percepire il corpo come unico strumento di potere a disposizione, e a cercare risposte "immediate" ed "esteriori" nella chirurgia estetica a cui chiedono il "ri-tocco magico" per poter assomigliare a qualcun altro pur di non fare i conti con quello che sono ma non gli piace.

Un problema che la nostra società della bellezza perfetta anche se artificiale ha creato e di cui pagherà lo scotto, perché i ragazzi di oggi saranno gli adulti di domani e se già oggi il ricorso al ritocco come panacea per il senso di inadeguatezza personale riguarda molti adulti oltre che tanti giovani, negli anni a venire trovare persone che non abbiano ceduto al fascino del bisturi sarà davvero difficile.

Una società di plastica. Perfetta, ma sempre di plastica. Col rischio che si sciolga al sole come le ali di cera del giovane Icaro.

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