Attacchi di panico post terremoto: una tragedia nella tragedia che possiamo ancora evitare

Riprendere la vita di tutti i giorni dopo una tragedia come quella che ha colpito l'Abruzzo alle 3 e 32 di ieri notte è difficile. Anche se vivi a Milano e i tuoi cari, la tua casa, le tue cose, le hai ancora.

Il senso di svuotamento che mi ha lasciato la giornata di ieri, ancora non si è esaurito, ma bisogna riappropriarsi della propria vita il più presto possibile per non lasciarsi andare allo sconforto. Era quello che ieri pensavo avrebbero dovuto fare le popolazioni colpite, mentre alla televisione sentivo i giornalisti chiedere agli esperti che cosa potevano dire gli adulti ai loro figli. Oggi lo ripeto un po' anche a me stessa.

Credo, purtroppo, ci sia poco da dire e molto da fare. Gli adulti dovranno cercare di riportare la vita a una parvenza di normalità il più presto possibile. I bambini hanno bisogno delle loro abitudini fatta di orari per andare a letto, giocare, studiare, andare a scuola.

Passata la prima emergenza di recuperare i dispersi ancora sotto le macerie, si tratterà di accertare quali case sono ancora agibili e restituirle alle famiglie che vi abitavano. Per tutti quelli che una casa non l'hanno più, si dovranno invece costruire edifici che ricreino il più possibile il senso dell'abitare e di vivere in una comunità, fatta di tanti piccoli spazi privati e alcuni luoghi comuni più grandi. La mensa, l'infermeria, la scuola, … perché è inutile nascondere che la situazione non si risolverà domani, né fra un mese. Anche tenendo alla larga i soliti sciacalli che cercherebbero di guadagnare sulle disgrazie altrui, tra un anno, purtroppo qualcuno abiterà in edifici "provvisori".

Questo senso di "provvisorietà" è la tragedia nella tragedia con la differenza rispetto al terremoto i cui effetti non siamo riusciti a fermare, per il senso di "provvisorietà" possiamo ancora fare qualcosa.

Dal punto di vista psicologico la prima emergenza da affrontare subito per prevenire conseguenze a breve e lungo termine sarà quella della perdita improvvisa della casa, e degli affetti. A tale scopo Rosario Sorrentino, neurologo e direttore dell'Ircap (istituto di ricerca e cura degli attacchi di panico) alla clinica Pio XI di Roma ha già inviato in Abruzzo una task-force neuropsichiatrica dell'emergenza contro ansia e panico da terremoto. "Si tratta di un gruppo di specialisti da affiancare alla Protezione Civile per aiutare fin dalle prime fasi chi, travolto dall'esperienza, potrà avere fin dai primi giorni effetti invalidanti sul proprio comportamento e sull'equilibrio psicofisico".
"È un trauma da forte stress quello di chi vede polverizzata in pochi secondi una vita fino ad allora normale. Un trauma che si insedia in quella scatola nera del nostro cervello, l'ippocampo, in cui depositiamo le nostre esperienze più belle e più brutte. Soprattutto per gli anziani, bambini e donne, saranno immagini da choc indimenticabili".

Sorrentino però pensa anche all'effetto del "bombardamento" di notizie e immagini su chi vive a centinaia di chilometri dall'Abruzzo, ma che per diversi motivi è vulnerabile a subirne una sorta di "trauma senza il trauma".
"Le emergenze sempre più diffuse nella nostra epoca e la globalizzazione delle immagini che vengono diffuse in tempo reale sui circuiti internazionali – spiega infatti Sorrentino – suggeriscono di ragionare e agire in termini preventivi perché tutti noi siamo candidati a essere 'potenziali pazienti per caso'. Questo crea le premesse culturali per un secolo di paure e incertezze".

Sull'utilità di parlare del terremoto e in che termini proveremo a ragionare tra poco. Per il momento vorrei che quest'ultima frase di Sorrentino fosse interpretata come un monito per tutti a vigilare sui propri cari o suoi propri pazienti cercando di cogliere sul nascere eventuali segni di disagio scatenati proprio da questa tragedia anche se si vive fuori dall'Abruzzo. Tuttavia, non vorrei diventasse essa stessa terrorismo psicologico per cui oltre alle tragedie naturali e ambientali dovremo attenderci come effetto inevitabile un terremoto psico-sociale italiano.

Per le persone realmente colpite, invece, il rischio di disturbi psicologici immediati è altissimo.
"Sulla base di quanto accaduto in precedenti sismi, possiamo stimare che il 7-14% della popolazione interessata rischia di essere colpita dal disturbo post-traumatico da stress" afferma Girolamo Baldassarre, responsabile del Gruppo di lavoro in psicologia dell'emergenza del Consiglio nazionale dell'Ordine degli psicologi, che in questi anni si è occupato di numerosi altri eventi simili nel Centro-Sud del Paese, e segue da vicino la situazione in Abruzzo.

Dopo aver visto la propria casa crollare e avere rischiato la vita, la popolazione dell'Aquila e dei paesi vicini sopravvissuta al terremoto dovrà affrontare le possibili e  pesanti ripercussioni psicologiche.
"L'esposizione diretta a un evento che ha minacciato la propria vita – spiega Baldassarre – rischia di lasciare il segno. Si va da un generale disorientamento ad attacchi d'ansia, fino al disturbo post-traumatico da stress". Un problema caratterizzato da difficoltà a dormire, incubi, immagini e pensieri drammatici di tipo "intrusivo" che si insinuano nella mente quando meno ce lo aspettiamo, nei sogni, provocando improvvisi risvegli, ma anche da svegli mentre si svolgono le normali attività quotidiane. In alcuni casi si può avere l'attuazione anche involontaria di dinamiche di evitamento per cui si cerca di evitare a ogni costo luoghi o eventi che ci ricordino il trauma, ma sono possibili anche irritabilità e difficoltà a rispettare il ritmo sonno-veglia .

Quello degli attacchi di panico in effetti è il problema più temuto dagli esperti. La psicoterapeuta Paola Vinciguerra, presidente dell'Eurodap (Associazione europea disturbi da attacchi di panico), intervistata dall'Adnkronos, parla addirittura di "rischio epidemia di Attacchi Panico". "Dopo un terremoto come quello di questa notte, che ha provocato il panico in gran parte della popolazione, – dice – non bisogna sottovalutare le conseguenze della paura di morire che inevitabilmente ha contagiato molte persone. A rischiare di più questo tipo di disturbo conseguenza della paura di morire sono in particolar modo i 40-45 enni, perché hanno il peso delle responsabilità familiari, quindi casa, figli spesso piccoli, genitori anziani. Sentire addosso tutto questo può portare a tremende crisi di ansia che possono degenerare".

Il compito degli psicologici dovrà quindi essere più che mai mirato e organizzato, anche in considerazione del fatto che la situazione è ancora in una fase di crisi oggettiva, tra scosse ancora in atto, case a rischio crollo non ancora messe in sicurezza, feriti da curare, dispersi da recuperare, sfollati da sistemare.
"Quello che gli psicologi, gli uomini della Croce Rossa e della Protezione Civile sul campo stanno attuando in queste ore – spiega Baldassarre – si chiama 'defusing'. Si tratta di interventi immediati di accoglienza e presa in carico della popolazione, con colloqui mirati a evitare che l'ansia e la paura restino 'incistate' nel profondo. Condivisione, accoglienza e incontro sono antidoti potenti", assicura.
"Più avanti, fra 2-3 giorni o anche una settimana, si passerà al 'debriefing'. Un termine mutuato dall'esperienza anglosassone, che punta a fare un bilancio di gruppo dell'accaduto, attraverso un percorso in più tappe, guidato da uno psicologo esperto nelle emergenze. In questo modo si punta a normalizzare la popolazione duramente colpita. Dobbiamo pensare che, specie nelle comunità più piccole – ricorda lo psicologo dell'emergenza – c'è stata una violenta perdita delle relazioni, dei rapporti col vicinato, delle abitudini di una vita".
Occorre aiutare queste persone, fornendo gli strumenti per gestire questi sentimenti senza esserne soverchiati.

Sulla tempestività dell'intervento degli esperti insiste anche Vinciguerra, aggiungendo però qualche consiglio pratico che chiunque può mettere subito in atto. "Bisogna intervenire prima che avvenga l'interiorizzazione del trauma e ci sono varie tecniche, – dice infatti – ma già da subito ognuno può mettere in atto la strategia dell'agire: fare cose anche piccole per affrontare la situazione, combattere il senso di impotenza con la realtà di tantissime azioni. Per esempio aiutando i soccorsi, mettersi a disposizione, ma soprattutto agire, agire, agire. Se poi si hanno figli, è necessario trasmettere loro sicurezza con l'esempio, mantenendo la calma e cercando di portare anche loro a fare qualcosa".

Il dramma che staranno vivendo i bambini è, se possibile ancora più devastante. "Ecco perché sono fondamentali gli interventi psicologici mirati, specie nei confronti dei più piccoli. L'equilibrio dei bambini è stato scosso – ammette Baldassare – Per questo gli specialisti che sono al lavoro in Abruzzo si occuperanno in modo mirato del benessere psicoeducazionale dei più piccoli, anche attraverso colloqui mirati con i loro genitori". Ma si può ricorrere anche alle favole: "Inventare racconti che contemplino anche la terra che trema, cercando però sempre di trasmettere calma e gioco" conclude Vinciguerra.
In questo blog avevamo parlato anche di arteterapia per le popolazioni colpite da calamità naturali mostrando gli ottimi risultati raggiunti, soprattutto coi bambini, di una task force internazionale di arteterapeuti inviata ad aiutare le vittime dello tsunami in polinesia.

In ogni caso l'Eurodap è a disposizione delle persone che hanno bisogno d'aiuto e di consigli per affrontare l'ansia e gli attacchi di panico, attraverso il numero 06-64824008.

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