Bomba scuola Brindisi: rischio trauma indelebile, ecco perché

Niente silenzi sull’attentato di Brindisi. Il ministero dell’Istruzione invita tutti i dirigenti scolastici a parlarne domani in classe. Lo psichiatra: “colpiti nel loro nido, fondamentale intervenire subito”. Ecco come

Che sull’attentato di Brindisi non cali il silenzio! È l’appello rivolto dal ministero dell’Istruzione ai dirigenti scolastici di tutte le scuole italiane affinché proprio la Scuola che è stata teatro e vittima indiretta di questa immane tragedia torni subito ad ed essere per i ragazzi di tutta Italia il luogo sicuro che era fino a l’altro ieri. Il rischio, ammoniscono gli esperti, è che questo gesto lasci “un segno indelebile nelle giovani vite in formazione” se non affrontato subito e nel modo giusto. Ma il problema è anche un altro e riguarda tutti. Ecco quale.

UN APPELLO ALLE NOSTRE COSCIENZE. L’impressione è che il Miur, con la sua lettera, abbia voluto lanciare un messaggio agli adulti prima ancora che ai ragazzi. La politica del terrore non deve vincere sulle nostre coscienze. La necessità di rispetto per le vittime di questo gesto infame non deve scontrarsi con la necessità, altrettanto importante, di parlarne per dare un senso a quanto accaduto. So che è difficile trovarne, ma se uno e uno soltanto ce n’è, questo è senz’altro quello di riaccendere le nostre coscienze. Riscoprire nel dolore della morte il valore della vita e la necessità di difenderlo contro chiunque cerchi di sottrarcelo è il minimo che chiunque di noi possa fare per non soccombere a chi uccide noi e i nostri figli. Il terrorismo vince quando la paura di uscire, vivere sognare, muore insieme alle prime vittime che cadono per loro mano.

L’Italia ha dato una grande prova di coraggio scendendo ieri nelle piazze delle principali città. Ma che accadrà domani quando i nostri figli dovranno tornare sui banchi e lasciare quella mano con cui li stiamo stringendo ora? Guardo le foto di Melissa Bassi che fanno il giro del mondo e non riesco a non chiedermi come mi sentirei se avessi oggi 16 anni o come mi sentirei se fossi genitore sapendo che domani è un altro giorno, ma niente è più come prima. Impossibile non sentire la paura che qualcosa possa ancora accadere e colpire proprio noi. Impossibile resistere alla tentazione che forse sarebbe meglio evitare le aule. Ma la Scuola, come suggerisce il Miur, deve tornare subito ad essere il luogo in cui sentirsi sicuri, per rinascere per riscoprirsi vivi e continuare a coltivare i sogni e le speranze a cui tutti i ragazzi hanno diritto, compresi quelli dell’Istituto professionale Morvillo-Falcone di Brindisi.

UN AIUTO SUBITO. Per loro e in particolare per chi ha vissuto in prima persona gli attimi concitati dell’esplosione i momenti più difficili non sono dunque finiti. Vedere la propria scuola violata, i compagni di banco feriti, la strada invasa da fogli, libri e zainetti, gli oggetti della quotidianità straziati e persi nel caos dalla deflagrazione (foto), “lascerà un segno indelebile nelle loro giovani vite in formazione“, spiega all’Adnkronos Salute Mencacci. Un dramma nel dramma. “Il rischio è di un trauma difficile da cancellare – spiega lo specialista – e per questo è fondamentale, quando si verificano situazioni così drammatiche, intervenire subito con azioni di sostegno psicologico per le prime vittime, avendo cura di farli sentire il più possibile in condizioni di sicurezza, al riparo da altre possibili violenze“. Dalla paura di essere di nuovo vulnerabili.
In agguato per i giovani testimoni dell’attentato, per i compagni della 16enne che ha perso la vita, per gli studenti feriti, c’è un male subdolo: il disturbo post-traumatico da stress. “Entro il primo mese dall’evento tragico, il più presto possibile, occorre avviare un lavoro di supporto di gruppo per affrontare una condizione come questa“, avverte Mencacci. Questi ragazzi, nel pieno dell’adolescenza, “sono stati catapultati in una dimensione surreale e terribile ai loro occhi. Una situazione sconosciuta e inaspettata. La condizione indispensabile per tenere lontano quelli che sono gli effetti da ‘Post traumatic stress disorder’, inevitabile in casi estremi come questi, è dare fin dall’inizio la sensazione di ritrovata sicurezza“. Poi sarà il momento di affrontare la perdita dell’amica, e la sensazione di sentirsi esposti in un luogo considerato protetto come la scuola.

PERCHÉ TORNARE A SCUOLA DOMANI. Un lavoro indispensabile soprattutto per chi era sul posto al momento dell’attentato, per chi rischia di rivedere nella sua mente il film della tragedia, le scene cruente del dopo, la morte, il dolore dei coetanei feriti, ma che non deve trascurare anche le vittime indirette di tutta questa vicenda: gli altri ragazzi italiani. “I testimoni in primo luogo, ma la scuola tutta, sono inevitabilmente esposti al rischio, anche in maniera indiretta, anche solo per la partecipazione successiva al dramma cittadino“, spiega l’esperto.
Utile sarà “compattare lo spirito di gruppo e ricostruire un clima di serenità e tranquillità, anche se ci vorrà fatica – osserva lo psichiatra – Una delle conseguenze più frequenti, dopo eventi del genere, è il rifiuto del luogo in cui sono avvenuti e la rievocazione delle scene a distanza di tempo. Ma soprattutto una serie di disturbi d’ansia e del sonno che sono particolarmente gravi. Quanto questo durerà ora non possibile saperlo, ma molto dipende da un intervento mirato nella fase acuta, quella successiva al trauma“.

NON DIMENTICARE GLI ADULTI. L’importante è non trascurare anche i genitori e i familiari degli studenti che poi domani dovranno accompagnare i loro figli a scuola. Il dramma ci coinvolge tutti e anche se la maggior parte di noi non va più a scuola, ha comunque modo di identificarsi nelle vittime e nei suoi cari. Lo sciacallaggio di immagini che è stato fatto di questi ragazzi non aiuta per nulla. Capisco la voglia di dare un volto alle persone per non trasformarle in meri numeri di una statistica. Ma non concepisco che circolino immagini così personali di una ragazzina morta in un attentato terroristico mentre andava a scuola. Frugare nel profilo facebook o nella stanza di Melissa Bassi a caccia di immagini di lei sorridente, ora che è morta non fa altro che aumentare il senso di smarrimento. Crea angoscia e non aiuta ad accendere le coscienze su un dramma: le spegne. Rendersi complici del voyerismo cinico di cui i media spesso si macchiano non ci fa diventare persone migliori, ci mette sullo stesso piano de i vili che giocano con le vite altrui come fossero figurine. Televisioni, giornali, internet sono chiamati oggi più che mai a un grande compito: aiutare gli adulti a superare il dramma proprio come la scuola cercherà di fare coi ragazzi a partire da domani. Che ognuno faccia la sua parte!

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