Curarsi con le piante

di Gianfranco Di Mare

Performance Engineer
 

Molti chiamano omeopatia le terapie naturali. In realtà l’omeopatia è una tecnica specifica, del tutto diversa per principi e procedure da molte forme terapeutiche.
Se si utilizzano per la cura princìpi attivi contenuti nelle piante, si parla invece di terapia fitologica (preferisco questo termine al corrispondente fitoterapia, perché quest’ultimo si utilizza anche per indicare la cura delle malattie delle piante). A volte si usa anche il termine fitologia medica.

Il mondo (occidentale) pare nettamente diviso riguardo la terapia fitologica: ci sono medici o farmacisti che parlando di un prodotto fitologico dicono “ma in fondo sono solo erbe”; e c’è chi mai e poi mai utilizzerebbe per curare sé e i suoi cari una molecola di sintesi (un farmaco tradizionale).

Giova ricordare ai primi che “fitologico” non è sinonimo di “dalla debole azione”, come mostrano con brutale chiarezza i mille veleni estraibili da molte piante (cicuta, veleni fungini) e le mille sostanze psicoattive di origine vegetale. Non si capisce perché, a priori, mille piante possano addormentare o indurre allucinazioni, o addirittura uccidere, mentre mille altre non possano manifestare azioni chimiche salutari su di un tessuto, un organo, una fisiologia. Altro è, naturalmente, valutare l’utilizzo tecnico e commerciale che si fa di un prodotto fitologico.

Ai secondi mi preme far osservare come la terapia sia una cosa seria, e vada condotta con i migliori strumenti a nostra disposizione. Nell’immaginario collettivo il principio attivo fitologico è essenzialmente rappresentato come qualcosa dall’effetto dolce, non invasivo, sostanzialmente debole, quindi più gestibile e rassicurante. Vorrei sottolineare qui che sono proprio le piante ed i preparati fitologici deboli e più gestibili ad avere scarso effetto terapeutico. Voglio anche ribadire che per manifestare efficacia, un prodotto terapeutico (qualsiasi prodotto terapeutico) deve poter esprimere un’azione forte (cioè una alta attività): utilizzare per la cura un principio attivo sulla base del convincimento che la sua azione sia blanda è un vero controsenso. Il punto è che questa azione va perfettamente controllata, e non ci si improvvisa medici.
Invece è opportuno a mio parere utilizzare di volta in volta il miglior principio attivo (o la migliore combinazione di principi attivi, naturali o di sintesi), col dosaggio più adatto alla persona ed alla sua situazione del momento e per il tempo più giusto.

Questo lo stato delle cose:
Alcune piante hanno azione terapeutica La concentrazione di principio attivo in certe piante è molto bassa; la quantità efficace è quindi proporzionalmente alta Naturale non è sinonimo di migliore Spesso il principio attivo presente in una parte di una pianta non è assimilabile, perché inglobato in amidi indigeribili per l’uomo (ancorché digeribili per la capra) Ogni anno, migliaia di persone in Italia devono ricorrere a cure mediche perché hanno utilizzato impropriamente a scopo curativo piante o estratti di piante Quando si assume una sostanza – qualsiasi sostanza – l’effetto placebo (rafforzativo o negativo) è statisticamente attorno al 12-15% (dipende dalla patologia e dalla percezione del farmaco) Sulla vendita di prodotti terapeutici naturali si sono costruite fortune Non tutti i medici hanno una formazione nel campo della Fitomedicina Gli erboristi non sono medici La legge italiana – paradossalmente – vieta la vendita di sostanze o prodotti dall’accertata azione trapeutica al di fuori delle farmacie
Sulla base di queste ed altre valutazioni cercheremo, nei giorni seguenti, di fare un po’ di chiarezza. Intanto, il sito a mio avviso più interessante sulla Fitologia Medica seria e sull’uso terapeutico delle piante – soprattutto per le varie risposte disseminate nelle sue pagine – è quello di Reiner Pharma.

Image courtesy farmaceutico.planetaclix.pt

Lascia un commento

SOS cellulite: la crema o l'olio vanno massaggiati (video)

Allergie ai pollini: prova con l'agopuntura

Leggi anche
Contentsads.com