Enzimi, legumi, proteine… fanno bene?

di Gianfranco Di Mare

Performance Engineer

Ho promesso questo post ad un lettore che mi poneva quesiti sui legumi, gli enzimi digestivi ed il mangiare sano.
Abbiamo parlato tante volte di come si può arrivare ad un regime nutrizionale buono e sano. È estremamente difficile, e spesso controproducente, seguire la moda e le news sulle varie molecole e sottomolecole continuamente scoperte al ritmo di centinaia al giorno, anche considerando il marketing scientifico che c’è dietro, ed il fatto che si spinge sempre ciò che fa guadagnare di più.

L’attenzione agli enzimi digestivi rappresenta solo un aspetto del mangiar bene: ogni alimento contiene da diecine a centinaia di migliaia di tipi molecolari diversi, ed ogni molecola interagisce con le altre e con l’organismo (interagiva, a dir la verità, anche prima che il marketing la “scoprisse” e battezzasse nella sua individualità personale).
In nutrizione avanzata – quale quella che si fa nella mia Scuola di formazione – sono noti e tenuti sotto controlllo meccanismi di azione e di interazione di/tra alimenti anche estremamente sofisticati: credetemi, queste “leggi” sono più che sufficienti a darci precise indicazioni (anche di tipo terapeutico) su come mangiare.

Gli enzimi digestivi sono solo una delle classi di sostanze che intervengono nei processi digestivi. Non è utile focalizzarsi su una classe di sostanze perdendo il senso complessivo del nutrirsi bene, che – a parte necessità individuali ed approcci terapeutici mirati – vive sostanzialmente di poche regole. Ma bisogna conoscerle!

Il nostro personale parco enzimatico è certamente legato anche alla natura genetica dell’individuo, ma è pesantemente influenzato dalla nostra storia, come la maggior parte degli equilibri e delle sostanze che produciamo e utilizziamo. Ecco perché la Nutrizione, come scienza, è in grado di cambiare la fisiologie (e molte patologie) di una persona.
Dunque ciò che mangiamo influenza anche i nostri enzimi. Ad esempio, come notavamo qualche giorno fa, se si sospende una classe di alimenti dopo un po’ di tempo comincia a risultare sempre più complesso digerirli, perché si perdono le affinità enzimatiche con quelle sostanze. Per questo consigliavo, in quel post, di mangiare latte almeno una volta ogni 3-4 settimane.

I nostri enzimi, che partecipano ai meccanismi di assimilazione dei cibi insomma, vengono quindi generati – fatta salva la nostra specifica individualità – a partire da quello che mangiamo giorno dopo giorno, in un processo di feedback affascinante e complesso. Non sono sostanze date a priori, non sono soggette ad “usura” nel senso di una quantità destinata ad esaurirsi. Li danneggia, in un individuo sano, un’alimentazione povera (proteine di scarsa qualità, alimenti troppo vecchi o troppo cotti, o – per quelli da cuocere – troppo crudi, scarsa varietà dei cibi, scarsa appetibilità, insistere con cibi che ci causano dismetabolismi…).

Per quanto riguarda, poi, mangiare i legumi crudi germogliati, si tratta di una pratica che non consiglio mai a nessuno dei miei pazienti. La demolizione tissutale legata alla degenerazione della struttura proteica e glucosidica di questi (ex) legumi in fase di alterazione genera peptoni che tendono a creare legami disordinati, di non facile utilizzo da parte delle nostre cellule e che, per essere gestiti, richiedono una grande fatica organica.
Non ritengo, poi, che i legumi crudi, germogliati o no, presentino alcuna qualità che possa spingerci a mangiarli.

Ritengo che le indicazioni nutrizionali veramente utili siano quelle che riguardano l’appetibilità dei piatti, le macrocategorie alimentari e le loro frequenze settimanali, come più volte descritto in questi post. Se mangiassimo ottimizzando questi tre fattori otterremmo probabilmente un notevole incremento dell’ottimismo, della salute e del benessere, ed una drastica riduzione delle patologie.
Buon appetito a tutti!

Image courtesy w3.uniroma1.it

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