Erboristeria, fitoterapia, terapie naturali: logiche imbarazzanti

di Gianfranco Di Mare

Performance Engineer
 

Dicevamo ieri che in Italia le terapie naturali sono soggette ad un paradosso.
Solo le famacie possono vendere sostanze dalla riconosciuta azione terapeutica. Di conseguenza, tutte le piante ed i prodotti fitologici venduti in erboristeria “non hanno”, per legge, qualità curative di alcun genere. Infatti, ogni volta che il Ministero della Salute si accorge che una delle piante di libera vendita ha un’azione qualsivoglia, la vieta e la relega nell’ambito farmaceutico.

“È giusto”, si dirà: “il Ministero deve tutelare i cittadini”. Il paradosso: secondo la legge italiana, noi possiamo comprare in erboristeria quello che vogliamo, a condizione che non ci faccia nulla.

A conferma di questo, non troverete mai sull’etichetta di un prodotto fitologico la descrizione di una patologia, un’indicazione terapeutica o la parola “posologia”: per il Ministero della Salute l’erboristeria è un negozio di alimentari con annesso erbivendolo. E verdure devono dichiararsi i prodotti fitologici per poter essere venduti.
Fa eccezione l’omeopatia, che per come è stata concepita, non contenendo quantità misurabili di principio attivo sfugge a queste restrizioni.

Insomma, le Case Farmaceutiche detengono di fatto il potere medicinale. Del resto, una casa di prodotti fitologici che credesse in un suo principio attivo e volesse dargli la dignità di farmaco dovrebbe a sua volta trasformarsi in casa farmaceutica, con sperimentazioni di anni in vitro, poi su cavia, poi su volontari, poi su campioni più vasti… ben oltre il ciclo di vita e gli investimenti che una casa erboristica si può permettere di riservare ad un suo prodotto (a meno che non sia già casa farmaceutica).
“È giusto”, si dirà: “il Ministero deve tutelare i cittadini”. Paradosso: secondo la legge italiana, noi possiamo comprare in erboristeria quello che vogliamo, a condizione che non ci faccia nulla.

Mettiamola in un altro modo: possiamo comprare in erboristeria un prodotto che funziona davvero, purché nessuno lo dica troppo forte. Se il prodotto comincia a vendere bene, diventa pericoloso… e va in farmacia.

Il Paradosso Fitologico ci mostra anche quanto poco sia diffusa negli ambienti scientifici la cultura della fitologia farmacologica e clinica: anziché sperimentare in maniera attiva i principi fitologici, contribuendo all’evoluzione della fitologia medica, alla salute di tutti, al risparmio per i consumatori, all’uso di sostanze non sintetiche che potrebbero anche essere coltivate in loco (ad esempio nei Paesi del Terzo Mondo, spesso costretti ad “accontentarsi” di farmaci scaduti o che noi riteniamo superati) il Ministero si limita pigramente a giocare allo sceriffo, al pacato slogan (grido suona eccessivo, indeed) di “non voglio noie in questo paese”.

Ho come l’impressione di aver già visto questo film… Chi saranno stavolta i cattivi di turno?

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