I segreti della respirazione

di Gianfranco Di Mare

Performance Engineer
 

Oggi voglio proporvi uno stralcio di un vecchio articolo pubblicato a mio nome sul periodico Chitarre nel maggio del ’97. Credo sia adeguato per raccontare aspetti un po’ più esoterici della respirazione.

Il corpo umano è un insieme di mille cavità, che si contraggono e si espandono secondo un’armonia antica.
L’aria ci nutre, ma non solo: l’aria ci fa vibrare. Quando decidiamo di inspirare (lasciando entrare l’aria dentro di noi) l’addome si allarga, i retti addominali si decontraggono e si allungano, i polmoni si gonfiano, le costole si espandono, lo sterno si solleva e il diaframma si contrae, abbassandosi e dilatandosi; il cuore batte più in fretta e con maggiore forza, la pressione intratoracica e addominale cresce, aumenta la pressione sanguigna; ci sentiamo portare un po’ verso l’alto; la colonna vertebrale si distende, le vertebre si distanziano reciprocamente.
Quando scegliamo di lasciar andare l’aria, tutti questi movimenti si invertono.

Anche il cranio – pensate – respira e risuona: il suo ritmo è circa 10 volte più lento di quello della respirazione polmonare: le sue suture si allargano nella parte posteriore e si stringono in quella anteriore, le ossa parietali ruotano verso l’avanti e poi ritornano nella posizione iniziale.

L’uomo è un insieme iperconnesso, inscindibile: in-dividuo.
I movimenti meccanici della respirazione stimolano fisicamente i centri del sistema nervoso vegetativo: la catena gangliare dell’ortosimpatico ed il nervo vago, i cui equilibri determinano il nostro stato di agitazione, di attenzione, di piacere, di emotività e rilassamento. E, insieme a queste, migliaia di altre funzioni ed attività, agganciate al medesimo ciclo di clock, sviluppano e rappresentano la nostra vita. Tutto, dalle reazioni ossidative cellulari alle contrazioni meccaniche della volta cranica, ai riflessi emotivi, è legato al ritmo ed alla qualità della respirazione. Se l’aria è l’essenza della vita, respirare bene ne è il senso.

Sarebbe incompleto pensare all’aria esclusivamente come fornitrice di ossigeno, ed occuparsi della respirazione solo come meccanismo di scambio gassoso: si rischia di non capire, e di restare chiusi in modelli poco utili per la percezione di noi stessi, senza la possibilità di acquisire nuovi strumenti per realizzare i nostri fini. Dalla respirazione (così come da tante altre cose) dipendono la nostra salute, il nostro benessere, la qualità della nostra vita, l’ampiezza delle nostre percezioni, la nostra capacità di prestazione.

Sono stati fatti molti discorsi sul controllo della respirazione (ed anche sulla necessità di un controllo della respirazione) per gli atleti, per i musicisti, per la “concentrazione”, per il rilassamento… Karpovich, uno dei massimi studiosi della fisiologia umana, dice:

“…Si deve ammettere che tutte le discussioni sul controllo respiratorio […] sono soprattutto dei tentativi fantasiosi e futili di interferire in un meccanismo […] mirabilmente regolato”.

È utile e divertente sperimentare e scoprire quale tipo di respirazione utilizziamo normalmente e nelle varie situazioni. Provate a poggiare delicatamente una mano aperta sullo stomaco (poco sopra l’ombelico) e l’altra sullo sterno.

Nella respirazione addominale lo sterno e le costole si muovono poco. La maggior parte del movimento è a carico della parete addominale, che si gonfia e si sgonfia per far spazio ai visceri, spinti in basso dalla contrazione del diaframma (che a sua volta si abbassa per consentire il riempimento dei polmoni).

Nella respirazione toracica, invece, il movimento è prevalentemente a carico di costole e sterno. L’aumento del volume polmonare avviene soprattutto perché la gabbia toracica si allarga (in particolare sui fianchi ed anteriormente), mentre il diaframma si muove poco.

In effetti possiamo respirare più profondamente, se serve o se ci fa piacere, utilizzando entrambi i movimenti, cioè iniziando a respirare con una inspirazione addominale e continuando con una toracica (ed espirando a partire dal torace, è meglio).

Il diaframma è uno strato muscolare sottile posto orizzontalmente nella gabbia toracica, tra polmoni e stomaco (immaginate di coprire con un fazzoletto teso la bocca di un bicchiere). Posteriormente si collega alla colonna vertebrale, lateralmente ed anteriormente a varie costole; ha dei fori che consentono il passaggio dell’esofago e dei vasi sanguigni principali dalla parte superiore a quella inferiore del corpo.

In realtà il diaframma non è piatto come un panno teso su un bicchiere: la sua forma di riposo (quando non è in contrazione) è di cupola, la cui sommità sfiora l’estremità inferiore dei polmoni. Quando il muscolo diaframma si contrae la cupola si appiattisce (liberando spazio per i polmoni ed aumentando la pressione sullo stomaco) e la base si allarga (e con essa, naturalmente, le costole cui è collegata). Anche per questo quando abbiamo mangiato molto respiriamo a fatica: lo stomaco, più grande e meno mobile del solito, non lascia abbassare normalmente il diaframma.

Pensate: su e giù, circa dieci volte al minuto a riposo, per tutta la nostra esistenza… Più di quaranta milioni di oscillazioni in una vita.

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