Il boom del curling

di Gianfranco Di Mare

Performance Engineer
 

In occasione di grandi eventi mediatico-sportivi si verifica sempre un aumento del numero di praticanti – anche occasionali – di questa o quella particolare disciplina. Durante il Giro d’Italia si vedono più ciclisti per strada, durante la Coppa Davis (quando eravamo nel primo gruppo) si giocava a tennis anche per strada, e nei cortili; durante i Mondiali di calcio si moltiplicano le partitelle di quartiere.

In occasione delle Olimpiadi di Torino il Palaghiaccio di Marino, nei pressi di Roma, ha visto un boom di affluenza sulla pista di pattinaggio, ed il moltiplicarsi delle richieste di corsi e di lezioni.
Ma l’effetto più evidente, in senso promozionale, si è certamente avvertito nei confronti di uno sport che la maggior parte degli italiani non aveva neanche mai sentito nominare.

Il curling, nella sua apparente semplicità, riconcilia i non-atleti con l’agonismo: nel curling non servono un coraggio temerario, spettacolari abilità acrobatiche, quadricipiti potenti o un motore da Formula 1. I giocatori di curling sembrano persone normali: il senso di identificazione è fortissimo. Quando poi l’Italia gioca e vince, la voglia di essere lì anche noi cresce ancora di più! Non è facile vedere uno sport nel quale un quarantacinquenne e un diciassettenne possono far parte della stessa squadra, ed aspirare ad un titolo olimpico! A differenza dei superman di altre discipline, quegli atleti sembrano proprio le persone con cui potemmo andare al cinema, o a prendere qualcosa al bar.

Accese discussioni sono sorte – anche sui forum specializzati – attorno alla questione se il curling sia degno di essere classificato tra gli sport, o non sia piuttosto da considerarsi un mero passatempo, un gioco senza dignità agonistica.
Giova forse ricordare che il termine (inglese) sport deriva dal francese deport, con lo stesso significato dell’italiano diporto, che significa “divertimento”.
Naturalmente si può obbiettare che l’etimologia qui non fa testo, e che conta molto di più il significato corrente del termine. Giusto. Noterei, però, che anche il bridge sta per ottenere il riconoscimento come disciplina olimpica. Gli scacchi non ce l’hanno ancora fatta…

Ora, è chiaro che ogni attività con regole, in cui sia possibile stabilire una metrica di risultato (cioè, stabilire tra due prestazioni quale sia la “migliore”) possa considerarsi agonistica. Mi piace però pensare sport un’attività nella quale si esprima un’abilità anche fisiologica. Dunque io penso bridge e scacchi come giochi agonistici, ma il curling come uno sport.
È anche evidente che non importa quanto sia difficile praticare un’attività per definirne la temperatura agonistica: se è molto facile fare punti, a maggior ragione devo essere più bravo del mio avversario per batterlo, e cercare la differenza nel sottile.

Qualcuno, scoprendo l’acqua calda, ha esclamato: Vabbe’, ma è un gioco di bocce! Vero, più o meno. Basta però fare una partita contro un serio giocatore di bocce (che è sport olimpico, nel quale i migliori giocano a livelli stratosferici) e perdere a zero ignominosamente perché il sorriso sardonico scompaia dalle nostre labbra… 🙂

Quali sono le differenze tra bocce e curling?
il curling pone il problema supplementare dell’equilibrio sul ghiaccio il terreno di gioco nel curling è molto più variabile (anche durante un incontro) del campo da bocce, perché il ghiaccio “respira” e sente le variazioni di umidità e temperatura: una porta aperta o chiusa, cento persone in più sugli spalti… e addio automatismi nel curling non è possibile tirare “a volo”, e per passare dietro uno stone bisogna aggirarlo nel curling il controllo del tiro e della traiettoria non dipende solo dalle condizioni anbientali e dal lanciatore ma anche dagli sweeper. Praticamente si può dire che ciascun tiro viene effettuato da tre giocatori assieme gli effetti di una “bocciata” nel curling sono molto più vasti, sia per la maggiore dimensione di una stone rispetto ad una boccia che per la maggiore inerzia delle stone sul ghiaccio; sono frequenti bocciate nelle quali un urto di terza o quarta generazione porta fuori bersaglio uno o più stone nel curling un giocatore può, in certe situazioni, usare il proprio broom (la spazzola) per alterare il moto di un sasso avversario
Quali sono, invece, le abilità richieste nel curling? Innanzitutto essere a proprio agio sul ghiaccio. Se vi sembra banale, provate già solo a stare in piedi sul rink (il campo di gara)… dopo tre ore di gara il sistema nervoso ha lavorato a mille.
Ma la capacità più sottile è riuscire a sentire il ghiaccio, che non è mai uguale e cambia nel tempo, modificando sensibilmente la risposta al tiro. Il campione di curling capisce prima degli avversari come modificare i suoi tiri in risposta ai cambiamenti del ghiaccio.

Un’abilità fondamentale è, naturalmente, il controllo tecnico dell’attrezzo, e la capacità di prendere la mira ed imprimere allo stone (o sasso) la rotazione (curling) desiderata. Ricordiamo che la rotazione del sasso è fondamentale per permettergli di aggirare un eventuale altro sasso e collocarglisi dietro: proprio come nei tiri ad effetto del calcio.

Notate che anche la posizione di tiro assunta dai giocatori non è delle più semplici: tecnicamente si chiama di affondo sagittale completo (lanciate l’animazione se volete rivederla). Provate ad assumere la posizione, mantenendo la pianta del piede anteriore completamente appoggiata a terra così come il dorso del piede posteriore, e tenendo il busto piegato in avanti. Poi provate a mettervi in posizione per un minuto venti volte in tre ore a temperature da ghiaccio, e il giorno dopo ditemi come vi sentite…
Anche il peso di uno stone (circa 20 kg) può dare problemi sul finale di partita se non si è a posto muscolarmente. Considerate che ci sono giocatori anche molto leggeri, soprattutto tra le donne.

Altro fondamentale, l’azione di sweeping o scopata (ebbene sì). Con un’azione di scopata molto energica lo stone può guadagnare fino a tre metri di gittata, prendendo inoltre molto meno effetto. Si capisce quindi come l’azione degli sweeper sia fondamentale per definire la traiettoria complessiva di uno stone, o la forza con cui colpisce eventuali altri stone. Seguire uno stone veloce lavorando davanti a lui a tutta energia, e intanto non impicciarsi con compagno, evitando anche di sfiorare tutti gli stone già in campo, e intanto pensare alla tattica (quanto lavorare il ghiaccio e come, e fino a quando) richiede esperienza, lucidità ed allenamento.

Infine, lo skip (il capitano e stratega della squadra, quello che di solito in ogni ripresa (end) lancia per ultimo) deve possedere senso tattico (sue sono le scelte e comunque, anche in caso di consultazione collettiva, l’ultima parola) e sangue freddo, per continuare a ragionare lucidamente ed efficacemente anche sotto pressione.

Un curler deve avere muscoli a posto, che non lo tradiscano nel momento del bisogno: non può ad esempio cedere alla fatica durante uno sweeping intenso che potrebbe determinare il punto-partita. Inoltre deve avere una generale resistenza alla fatica, perché dopo tre ore di gara e di tensione diventa molto più facile commettere errori, o diventare imprecisi.

Come ci si allena al curling? Lo vedremo nel prossimo post. Intanto, se volete leggere qualcosa di più su questo sport, ecco un sito carino e ben fatto, che linka anche a giochi scaricabili. Notevole il forum, aperto temporaneamente in occasione delle Olimpiadi e rimasto attivo per… acclamazione popolare!

Image courtesy curling-service.com

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