Il Dottor House ha un alter ego reale

Il dottor House esiste davvero! Si chiama William Gahl ed è il direttore del neonato Undiagnosed Diseases Program dei National Institutes of Health statunitensi (NIH), una vera e propria task force composta da un nutrito gruppo di specialisti in diverse discipline mediche come la squadra televisiva del dottor House voluta dal NIH con lo scopo di individuare cause e soluzioni per alcuni disturbi attualmente orfani di classificazione diagnostica. In pratica per i tanti x-files della medicina di cui il NewScientist ha voluto dare un piccolo assaggio qualche giorno fa.

Come Gregory House, il gruppo di medici in carne e ossa, si riunisce in una sala con una lavagna a disposizione dove scrivere, in perfetta dinamica da "brainstorming": sintomi, possibili cause, valori di biomarcatori specifici, ma le differenze tra realtà e finzione ci sono e sono importanti.
"Innanzitutto non è che passiamo le nostre giornate a fare solo questo", precisa subito William Gahl al giornalista che lo ha intervistato per la rivista NewScientist, "Buona parte del lavoro è dedicata anche alla consultazione della letteratura medica già esistente e poi io non ho il caratteraccio di House: non sono sociopatico, non maltratto i miei collaboratori e non abuso di farmaci".

Il confronto con il geniale e scorbutico personaggio televisivo tutto sommato lo diverte, ma si scalda un po' all'idea di come la televisione abbia plasmato l'immagine del medico e del suo lavoro. I misteri medici della vita reale tendono ad essere disturbi cronici che si evolveranno nel corso mesi o anni, piuttosto che le situazioni di emergenza che rendono tanto interessanti le fiction. "In tv vedo queste persone che varcano la soglia dell'ospedale in condizioni disperate e se possibile peggiorano di minuto in minuto", dice Gahl. "Al contrario, i pazienti che vengono qui di solito sono in condizioni ragionevolmente stabili o in via di lenta evoluzione, solo che si tratta di quadri sintomatologici non corrispondenti ad alcuna malattia conosciuta."

Dunque niente suspense ed emozioni forti come in un tipico episodio del dr House, dove i medici, tra ipotesi diagnostiche e tentativi terapeutici, portano il paziente all'aggravamento e spesso e volentieri all'arresto cardiaco con relativa necessità di usare il defibrillatore per resuscitarlo.
"Non è mio interesse arrivare a tanto", precisa Gahl "comunque, anche se la realtà è meno "drammatica" della finzione, – (in senso cinematografico, perché parliamo pur sempre di pazienti che nonostante gli anni di indagini alle spalle, continuano a stare male senza poter nemmeno dare un nome al loro problema, ndb) il mio lavoro non è certo meno interessante".

Da quando il NIH ha lanciato il Programma di Malattie non diagnosticate nel mese di maggio, Gahl ha già ricevuto più di mille richieste di consulenza e oltre 250 cartelle cliniche da parte di altri medici alle prese con pazienti a cui non riescono a dare risposte concrete. "A stupirmi però non è tanto il numero di richieste, quanto piuttosto le dimensioni di alcuni dei plichi che arrivano al mio ufficio. Ne abbiamo oltre una dozzina che superano i dieci centimetri di spessore: centinaia e centinaia di esami e indagini diagnostiche da leggere uno per uno, perché in ogni pagina potrebbe nascondersi il dato clinico chiave che da un senso a tutto il resto".

Nel frattempo la maggior parte dei pazienti continua ad essere seguito dai curanti che hanno fatto la richiesta e solo se si rendono necessari ulteriori approfondimenti o confronti diretti vengono al nuovo dipartimento del NIH. Finora, ne sono stati accolti 35 per circa una settimana di colloqui clinici e ulteriori test medici. Risonanza magnetica, scansione PET, ma anche prelievi di sangue per eseguire test del DNA visto che spesso queste malattie sconosciute hanno un'origine genetica. Tuttavia i colloqui non hanno un ruolo meno importante.
"Dalla serie televisiva emerge chiaramente che alla fine non c'è nulla che non si possa risolvere, ma spesso i pazienti rallentano il processo clinico mentendo o nascondendo dettagli ritenuti vergognosi che sono però cruciali per la diagnosi. I nostri pazienti invece fanno il contrario", spiega Gahl. "dicono di tutto anche cose che sono del tutto irrilevanti, ma è meglio così".
La percezione di molti di questi malati è quella di essere all'ultima spiaggia, all'ultima speranza, ma non sempre la gravità dei sintomi giustifica tale sensazione. Ci sono un sacco di pazienti con problemi pressanti che Gahl è comunque lieto di aiutare. Soprattutto se si sospetta che abbia una malattia metabolica – la specialità di Gahl – In caso contrario, sarà un altro medico a prendersene cura. È questa capacità di disporre di esperti in una vasta gamma di specializzazioni mediche diverse a rendere il progetto del Dipartimento di  malattie non diagnosticate unico nel suo genere. "Il NIH ha probabilmente la più grande disponibilità di specialisti in malattie rare nel mondo", dice Gahl con una punta d'orgoglio, "ma può coinvolgere anche specialisti di altre parti del mondo".

Oltre a risolvere il problema di un singolo paziente, l'Undiagnosed Diseases Program ha un obiettivo più ampio: dare un nome e una causa a una costellazione di sintomi che hanno resistito a ogni tentativo di spiegazione precedente. In altre parole, spera di identificare nuove condizioni mediche. Non si tratta solo di prestigio o del ritorno economico (negli USA che sono molto più meritocratici in questo senso, può riottenere un finanziamento per le sue ricerche solo chi effettivamente produce qualcosa, ndb), ma anche di una pura evidenza scientifica.

"Ogni nuova malattia scoperta può tornare utile anche per condizioni più comuni", dice Gahl, "come ad esempio se il problema risulta essere causa di difetti di proteine in importanti vie biochimiche coinvolte in varie malattie. Ma questo non cambia la sostanza: ai pazienti che vengono da noi non importa se la comprensione del loro problema avrà o meno risvolti per l'umanità. Fino a quel momento si sono sentiti dire che qualsiasi cosa hanno non ha precedenti, né spiegazioni e purtroppo cure. L'unica cosa che vorrebbero è veder finire il loro pellegrinaggio da un medico all'altro che dura da mesi o più spesso anni."

Non è detto che i medici del NIH possano dare loro risposte positive, ma di sicuro trovano accoglienza e disponibilità e chi ha la fortuna di incontrare Gahl per una richiesta di aiuto racconta di essersi sentito rispondere cose tipo: "è un onore per me avere la sua fiducia". Frasi che il dr House non pronuncerebbe mai… al limite la dottoressa Cameron, ma poi lui la licenzierebbe!

Fonte: Pensiero Scientifico

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