Il lato segreto della Notturna dell’Arena e il mea culpa del blogger

A distanza di qualche giorno possiamo fare qualche considerazione sulla Notturna dell'Arena che ha calamitato l'attenzione di media e pubblico per la presenza di Oscar Pistorius al suo primo tentativo di conquistarsi il pass per le Olimpiadi di Pechino dei normodotati. Il tentativo come sappiamo è andato a vuoto e della serata potrebbe rimanerci la delusione dell'atleta per essere stato al di sotto delle sue aspettative e di quelle del pubblico. Di possibilità in realtà ne ha ancora due (Roma e Lecerna), ma alla luce del risultato ottenuto, l'impressione è che per questa edizione non riuscirà a centrare l'obiettivo olimpiade.

Tuttavia, la delusione del pubblico, se c'è stata o ci sarà alle prossime occasioni, è più un problema nostro, visto che Pistorius non ha mai detto di essere sicuro di farcela con così poco tempo a disposizione e i mesi persi tra tribunali e test con gli esperti che dovevano accertarne l'idoneità.

Ritornando alla Notturna, il momento di contrarietà è durato comunque poco: il sorriso che abbiamo visto spesso è tornato quasi subito sul volto di Pistorius che si è concesso a giornalisti e pubblico con le solite disponibilità e pazienza, per cui ormai è famoso tra gli addetti alla comunicazione.

Al di là del risultato la serata di mercoledì di cui Silvio di Blogosfere Sport e Motori vi ha già mostrato i video e le foto, è stata comunque eccezionale per Milano, ma non solo.
Bastava guardare il pubblico per capire quanto è amato questo ragazzo (nell'immagine uno dei tanti messaggi di affetto lanciati dalle tribune gremite come non accadeva da tempo all'Arena).
Potreste anche rispondere che, in fondo, noi esseri umani siamo di facili passioni, ma anche di facili disamori. Prendiamo e lasciamo i nostri eroi con la frequenza con cui cambiano le stagioni e a volte anche meno. Tuttavia alla Notturna ho visto normodotati appassionarsi per un ragazzo disabile, riuscendo ad adorarlo nonostante il suo handicap.
Ovvio che non ci dovrebbe essere nulla di "strano", ma purtroppo non accade quasi mai e quando succede, non si può fare a meno di notarlo. Perfino Silvio, raccontando  in questo post un aspetto della serata che a molti sembra ancora sfuggire, ha voluto aggiungere "spero che il senso delle mie parole si capisca".
La paura di essere fraintesi è tanta, ma non sarebbe fondata se la nostra società si basasse sull'integrazione tra disabili e normodotati. Purtroppo siamo molto più lontani di quel che pensiamo e, infatti, quello che è accaduto mercoledì all'Arena di solito non accade. Normalmente avviene il contrario e cioè che disabili ammirano e si affezionano ad un normodotato, il contrario io non l'avevo ancora visto. È difficile perfino vedere un disabile prendere a modello un altro disabile!
Questo avviene non perché di disabili straordinari non ce ne siano, ma perché è difficile che ce li facciano conoscere. I media non solo non parlano della "straordinarietà del quotidiano" di un disabile ma non parlano volentieri nemmeno di disabili protagonisti di imprese uniche nel loro genere e quindi eccezionali.
Giusto per rimanere in tema vi avevo detto che i media, nell'annunciare l'evento si erano "dimenticati" di dire che c'erano anche 4 disabili in gara per la categoria "salto triplo amputati" e questo benché siano tutti atleti pluripremiati a livello internazionale e alcuni siano già sicuri di andare alle paraolimpiadi di Pechino a rappresentarci.
Se non hanno detto che c'erano, il giorno dopo potevano dare i loro risultati? No, appunto! Rimedio subito con questo post.

A proposito di società e disabili, nei giorni scorsi Luis e Luigi hanno lasciato due commenti molto interessanti al post Disabili dimenticati o da dimenticare?
Luigi, riassumendo e semplificando un po' il suo pensiero, sosteneva che non è possibile che i disabili come lui "possano essere considerati solo in quanto estremi, nel bene e nel male, di una normalità".
Certo, sarebbe più bello riuscire a vedere lo straordinario nell'ordinario, ma non è facile e comunque è un problema che accomuna disabili e normodotati. Di ogni "categoria" è più facile parlare di quelli che si distinguono dalla massa per una caratteristica, una dote particolare o al contrario un difetto importante. Dei ragazzini si parla solo quando sono dei geni che bruciano le tappe o quando sono bulli che bruciano le scuole. Dei tanti "semplicemente normali" non si parla, rimangono anonimi, in cerca di identità ovvero "indecisi" se far parte di un eccesso o un altro, mentre tutto quello che ciascuno di noi vorrebbe è solo essere ascoltato.
Dovremmo coltivare la capacità di stupirci per le cose normali come un'arte, perché stupirsi di cose eccezionali, in un senso o nell'altro, è troppo semplice. Stupirsi perché si è trovato lo straordinario nell'ordinario è al contrario molto complesso, ma alla fine paga di più.
Luis parla, invece, del ruolo che persone come Pistorius finiscono con l'assumere agli occhi dei disabili e ringrazia "tutti i ragazzi che come lui riescono a portare avanti ogni giorno la loro "grande e commovente" battaglia per realizzare i loro sogni, trasmettendo l'esempio che  serve a molti altri disabili per reagire e vivere con motivazioni ed entusiasmo rinnovati …"
Vedere ragazzi disabili e normodotati tifare insieme per un disabile che corre coi normodotati è stato stupendo e mi fa pensare che l'esempio di questi ragazzi sia una lezione di vita per tutti, ma è stato proprio questo l'errore che adesso mi pento di aver commesso: come giornalista avrei dovuto prendere carta e penna (che avevo) girarmi e andare a chiedere a tutti quei ragazzi, disabili e non, perché erano lì. Ma non l'ho fatto ed è stata un'occasione persa. Faccio ammenda. Il mio errore deriva da un pregiudizio: ho dato per scontato che l'entusiasmo del pubblico fosse pilotato dai media che creano personaggi da far fruttare economicamente per poi abbandonare quando la loro resa non vale più il prezzo di sostenerli. Oscar Pistorius come ho già detto è "una gallina dalle uova d'oro". Averlo o poterne parlare attira pubblico e quindi produce soldi. Ogni sua presenza è studiata nei minimi dettagli (non da lui, ovviamente) e perfino all'interno dell'Arena ogni sua azione, ma anche ogni altro evento che è accaduto sono stati elaborati a tavolino.
Questo mi fa supporre che spremuto lo spremibile, Pistorius verrà brutalmente scaricato dai media e dal pubblico che oggi lo acclama. In altri termini davo per scontato che il pubblico non fosse sincero e che tutta questa attenzione non porterà, proprio perché falsa, alcun vantaggio a tutti gli altri disabili, atleti e non.
Guardavo Pistorius e provavo una gran pena per il momento in cui calerà il sipario su di lui. Non lo merita perché sono convinta che lui vorrebbe davvero col suo esempio cambiare il modo in cui la società concepisce il disabile. Peccato che facciamo di tutto per non ascoltarlo e l'unica cosa che ci preme sapere è se a Pechino parteciperà anche alle olimpiadi dei normodotati.

Quando però mi sono girata verso il pubblico è ho visto quei ragazzi finalmente insieme sperando che si avvicinasse a loro, avrei voluto strapparlo agli organizzatori che lo muovevano come un joystick e accompagnarlo là da loro, dove, sono stra-sicura, pure lui avrebbe preferito essere.

Sono rimasta bloccata da un conflitto di interesse: essere medico che comprende le difficoltà dei disabili ed essere giornalista non è facile, soprattutto in occasioni come questa. Non ho le caratteristiche del giornalista d'assalto. Dovessi occuparmi di cronaca sarei un fallimento. A me interessano le persone: chi intervisto e chi poi leggerà l'intervista, lo scoop non mi piace se fa torto a qualcuno. Di solito tratto i miei intervistati come i miei pazienti: conversazioni intime che scavano le emozioni e la psicologia che stanno nella storia. Praticamente avrei dovuto "rubare" Pistorius ai giornalisti per una seduta psicoterapeutica.

Non potevo fare questo, ma come blogger avrei però dovuto raccogliere emozioni sulla scena e riportarle qui, in questo blog un po' atipico. Perché il blogger a differenza del giornalista classico non deve attenersi alla cronaca asettica dei fatti o alla rapidità di dare notizie che altri non hanno ancora dato. Per quel che riguarda le mie emozioni ho potuto rimediare, ma purtroppo per quelle del pubblico non posso più fare nulla.

Non ho cambiato idea sul futuro "mediatico" di Pistorius, e forse nemmeno sul pubblico. Tuttavia quello che è accaduto su quegli spalti mercoledì è stata una svolta epocale per la società. È quello che si augurano in molti, compreso Francesco Mondini, presidente del CIP Lombardia che ho intervistato e di cui vi darò conto tra breve.
A questo punto il mio ritrovato ottimismo deriva dal fatto che mi viene in mente il film Rocky IV , in cui il protagonista interpretato da Syvester Stallone, vincitore in Russia su Ivan Drago dopo essere passato da nemico da odiare a idolo da sostenere nello spazio di un eroico combattimento, dice al popolo sovietico: "perché se io posso cambiare … se voi potete cambiare … allora tutto il mondo può cambiare".

Un desiderio … un sogno … un utopia?

Mah! Silvio intanto ci ricorda in questo post che Oscar Pistorius se ne va in giro con una maglietta con su scritta la frase di Nelson Mandela "Un vincente è un sognatore che non si arrende mai".

Traete voi ogni conclusione".
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