Italiano, la lingua (quasi) morta di un Paese supino e telestupefatto

Così siamo. Telestupefatti e contenti. Padroni – si fa per dire – di una lingua «in via d'estinzione».

L'allarme lanciato dallo scrittore e saggista siciliano Vincenzo Consolo, 77 anni, nella giornata d'apertura del 19º Convegno internazionale degli italianisti (Api), che si è svolto a Cagliari nei giorni scorsi, non lascia molto spazio all'ottimismo.
«La lingua italiana – ha affermato – gode di un cattivissimo stato di salute. È in via di estinzione. Ormai parliamo uno slang dettato dall'invasione di americanismi e un linguaggio tecnologico e televisivo. Siamo supini – ha concluso Consolo – non abbiamo difese immunitarie contro questo fenomeno come accade ad esempio in Francia. L'Italia è un Paese telestupefatto, con le conseguenze politiche e culturali a cui assistiamo».
A margine del seminario, che ha visto la partecipazione di 25 insegnanti stranieri di lingua italiana e dal tema "Insularità e cultura mediterranea nella lingua e nella letteratura italiana", lo scrittore ha tratteggiato uno scenario dove «romanzi di scrittori contemporanei e articoli di giornali sono impregnati di termini stranieri per lo più inglesi. Eppure l'italiano è fra le lingue più nobili, è un giacimento linguistico che in tanti ci invidiano».

Ma non è solo l'uso e abuso di termini stranieri il problema. Rispondendo all'Ansa, Consolo ha aggiunto, infatti, che l'uso del dialetto nei romanzi è un fattore disgregante e non coesivo della unità nazionale. «Trovo abominevole l'uso che in molti romanzi contemporanei si fa del dialetto. Ovvero scrivere in italiano, utilizzando i dialettismi. Altra cosa è l'operazione di un Pasolini o del poeta Andrea Zanzotto, il più grande poeta vivente, che hanno fatto assurgere a lingua letteraria il loro "dialetto"».

Secondo lo scrittore siciliano «la letteratura italiana è finita. Oggi è diventato un altro genere, spettacolare, televisivo. Oggi non si possono più scrivere romanzi seguendo i vecchi schemi, ma organizzare la prosa in senso poetico, creare un ritmo con il ricorso a rime e assonanze. La poesia può salvare la lingua, ma è un genere per pochi».

A questo proposito vi invito a leggere il post dell'amica e collega Sara Faraoni che nel blog Camaleonte ha avviato un'interessante discussione sul ruolo e lo spazio della poesia nella società di oggi.

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