La scienza dice sì al doping … purché sia mentale!

Per la scienza il doping non è tutto uguale!

Da un lato c'è quello degli sportivi che voglio aumentare le proprie performance in gara e dall'altro c'è quello degli intellettuali, ovvero individui in numero crescente che cercano di migliorare le proprie prestazioni mentali a scuola o nel lavoro. Anche a guardar bene si fa fatica a vedere dov'è la differenza: in entrambi i casi si ricorre all'uso di farmaci e trattamenti medici studiati quasi sempre per curare malattie, su individui sani che vogliono avere successo nella vita professionale. Che cosa cambia se si fa sport o una qualsiasi attività che richiede l'uso del cervello più che del corpo?

Magari per me e per voi nulla. Ma per alcuni scienziati c'è una gran bella differenza, tanto che se il doping sportivo deve continuare ad essere condannato, quello mentale dovrebbe essere non solo tollerato ma addirittura incoraggiato. Non c'è dunque solo il nostro bioeticista John Harris a pensare che l'uso di sostanze per aumentare le prestazioni umane deve far paura, ma solo quando le prestazioni in questione sono quelle sportive.

Perché?

Semplicemente perché, "mentre il miglioramento di una prestazione sportiva non ha nessun effetto sul benessere del mondo, il miglioramento delle prestazioni intellettuali ne ha" e quindi "tutti dovrebbero usare le pillole dell'intelligenza". È questo, in estrema sintesi, il succo del discorso fatto nell'editoriale di commento a un indagine pubblicata a inizio anno della rivista Nature secondo cui ben il 7% degli studenti americani usa già una o più sostanze, procurandosele spesso via internet, per migliorare le proprie prestazioni mentali.

In realtà questo è solo uno dei sette  motivi per cui "doping mentale è meglio". Sette come sette sono i capitoli in cui è suddiviso l´articolo che è diventato un vero e proprio manifesto a favore dell'uso dei brain enhancement. Uno per ciascuno dei sette neuroscienziati di università americane e britanniche che vi hanno messo la firma.

Sette autorevoli menti che, dopo aver messo in guardia contro eventuali effetti collaterali di lungo termine, ingiustizie sociali dovute al costo dei farmaci o pressioni dei genitori per migliorare le prestazioni scolastiche dei figli, sposano con convinzione la causa delle "pillole dell'intelligenza"…

Ma non saranno un po' ottimisti sulle capacità dell'uomo di saper gestire eticamente l'uso di sostanze per migliorare le prestazioni mentali?!

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