L’arteterapia ad una svolta?

Dipingere, creare piccole sculture, danzare, suonare uno strumento. Non c'è una forma di espressione artistica che non si sia rivelata in qualche modo capace di portare benefici fisici o psicologici a persone sofferenti.

Addirittura c'è chi, convinto del potere curativo dell'arte, ha deciso di farne una professione per la vita con tanto di Scuole ad hoc per la formazione di nuovi terapeuti, studi di settore, pubblicazioni e congressi per la condivisione dei risultati a livello internazionale.

Eppure, nonostante gli evidenti benefici provati in decenni di lavoro "sul campo", l'assenza di effetti collaterali e il costo non eccessivo, l'arte terapia non è ancora mai riuscita a trovare quel riconoscimento da parte della comunità medico-scientifica che la farebbe entrare nel novero delle terapie efficaci da affiancare ufficialmente a quelle tradizionali.

L'ora della svolta potrebbe però essere arrivata grazie a uno studio condotto da Elisabeth Warson, della Eastern Virginia Medical School di Norfolk, Virginia, e riportato nel blog della rivista The Scientist qualche giorno fa. La Warson, infatti, utilizza comunemente l'arteterapia nei suoi pazienti affetti da turbe psicologiche o da disagi fisici e, per dimostrarne la reale efficacia, ha condotto uno studio pilota su un campione di pazienti, analizzando gli effetti provocati da un training di art therapy a confronto con una comune forma di intrattenimento consistente nel dedicarsi ad un puzzle.
Grazie ai risultati raccolti ha potuto mostrare agli scienziati presentati a una conferenza che si è tenuta di recente presso la Ogilvie University, come l'arteterapia sia in grado di diminuire i livelli di cortisolo nel sangue dei pazienti, un ormone comunemente associato a stati di stress e di tensione emotiva.

"Questi risultati, sostiene la Warson, potrebbero consentire all'arteterapia di guadagnare legittimità e di ritagliare un proprio importante spazio all'interno delle terapie di supporto alla medicina, permettendo a un'ampia varietà di pazienti, specialmente malati cronici, di sciogliere il proprio estro e la propria fantasia, liberando la mente da quel turbine silenzioso che, a suo modo, ogni malattia si porta dietro".

Secondo l'esperta, infatti, le forme espressive dell'arte consentono di liberare il proprio inconscio dagli impulsi repressi e permettono al corpo di esprimere il proprio disagio fisico o mentale rappresentando quindi un valido d'aiuto per molte categorie di malati tra cui appunto i pazienti affetti da disturbi mentali o da malattie croniche come quelli di cui lei si occupa.

Nota: nota per leggere il post nel blog di The scientist dovete registrarvi, ma è gratuito e vi porterà via pochi minuti. Per un articolo sull'arteterapia si può fare e poi The Scientist è una rivista molto bella in generale.

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