Le critiche al riscaldamento

di Gianfranco Di Mare

Performance Engineer
 

Vorrei integrare questa serie di post sul riscaldamento con gli ultimi consigli e osservazioni.
Scaldarsi è un’attività che richiede di sapere quel che si sta facendo: lo abbiamo visto in questi ultimi post, a partire dall’8 maggio. Non può essere considerata come una formula apotropaica (“non mi faccio male perché mi scaldo, io!”); non è un’assicurazione sulla vita; scaldarsi è come mettere a punto la macchina per correre un Gran Premio: la qualità dei risultati dipende dalla qualità del lavoro svolto.
Scaldarsi, soprattutto, non significa eseguire a memoria un certo numero di esercizi in una certa sequenza per un certo tempo: un riscaldamento ben fatto significa ascoltare quali parti, funzioni e fisiologie hanno bisogno di essere portate al giusto regime perché siano pronte alla performance che desideriamo, ed agire di conseguenza.

Tra gli oppositori al riscaldamento circolano tre tesi o, meglio, tre obiezioni:
“se ti abitui a riscaldarti bene, poi quando non sei caldo la performance ne risente” “ho un’ora per allenarmi e fare la doccia, non posso perdere venti minuti solo per scaldarmi “se non ti scaldi ti stanchi di più; in questo modo l’allenamento è più duro, quindi più efficace”.
La prima osservazione rappresenta un errore logico: se non ci si scalda (bene) la performance sarà più bassa, esattamente come quando non ci si scaldava, o ci si scaldava in maniera inadatta.

Sulla seconda osservazione, vorrei dire innanzitutto che mi pare una specie di capriccio; non so perché, ma mi suona (mutatis mutandis) molto simile a “non mi interessa niente se non ho i soldi per comprare il motorino: anch’io ho diritto ad averlo, quindi lo rubo”.
Amenità a parte, il riscaldamento non è un imperativo morale: è un modo per aumentare la performance, la longevità atletica ed il proprio stato di wellness anche a lungo termine. Ognuno deve assolutamente sentirsi libero di gestirlo nella maniera più opportuna e consona ai propri obbiettivi. Io, da parte mia, sento ad esempio l’obbligo morale di parlarne! 😀

La terza osservazione, infine, è decisamente… un’idiozia! È vero, invece, che scaldarsi bene prima di un allenamento permette di dare e rendere di più: e l’accumulo di queste differenze, nel corso dei mesi, è davvero notevole!

La filosofia di base che vorrei riuscire a trasmettere ai miei lettori è che il riscaldamento, come rito, non esiste: esistono l’ascolto e la valutazione continua, rilassata e consapevole, da parte dello homo athleticus, dello stato del suo corpo: un certo esercizio, movimento, massaggio o tecnica può non essere utile in quella certa occasione, e non si commette certo peccato tralasciandolo!

Un grande trucco per arrivare a questa sensibilità consiste, secondo me, nella pratica del riscaldamento: trascinati, come sempre, dalla spontanea intensità della passione, quando il riscaldamento comincia a diventare una modalità del nostro essere atleta evoluto ci riscopriamo più sensibili, più capaci di giudicare le nostre condizioni, e più sicuri in quell’extra effort che, spesso, fa la differenza tra il gregario e il campione.

Prossimamente vedremo altre tabelle esemplificative di riscaldamento per alcune disipline-tipo.
Buona performance a tutti!

Image courtesy xtec.es

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