L’Inter dei miracoli e basta

Dalla squadra dei miracoli al contrario di Andrea Vitali a quella dei miracoli senza condizioni il passo è stato breve. Giusto una settimana: il tempo trascorso tra le due ultime giornate di campionato e il passaggio dall'ambulatorio di un medico condotto alla corsia di un ospedale. Via anche i modi da scrittore navigato e il piglio ironico di Vitali, perché è una favola amara quella che Luciano Fornasiero, fratello di un ricoverato un reparto ospedaliero in cui i motivi per sorridere sono davvero pochi, ha raccontato nella lettera inviata a Beppe Severgnini, curatore della rubrica Italians per la Gazzetta dello sport (per leggerla clicca sull'immagine successiva).

In quell'ultimo fatidico  giorno di campionato lui era lì, in quella stanza d'ospedale con quattro letti e altrettanti pazienti che per varie cause hanno perso l'uso della parola e non hanno un grande futuro davanti. Probabilmente un giorno come tanti altri che in quel luogo di dolore trascorrono tutti uguali con il tempo che sembra essersi fermato per sempre. Niente a che vedere con il clima ansioso e in odor di festa che si respirava fuori. Lì al massimo si percepisce la quiete che preannuncia tempesta, ma l'ansia è solo un ricordo perché non si riesce ad attendersi più nemmeno il miracolo. C'è solo tanta voglia di normalità, di sentirsi un po' a casa con i propri cari come uno se li ricorda e vorrebbe che fossero sempre: accanto a noi e liberi da malattie. "Cosa ha fatto l'Inter?" chiede alle 17,00 la moglie di un altro paziente a Fornasiero. I giochi ormai erano fatti e il mondo di fuori sapeva quale squadra si era aggiudicata lo scudetto. Noi lo sapevamo, ma non sapevamo dell'esistenza di questa isola di dolore simile, purtroppo, a tante altre.Ma i miracoli si sa, sono così: arrivano quando meno te lo aspetti. Fornasiero, 66 anni vissuti intensamente tifando Inter, per scaramanzia si era tenuto all'oscuro di tutto, ma come negare una risposta a qualcuno di cui non può non condividere il desiderio di normalità visto che lo vive lui stesso, tanto più ora che forse è tutto finito per le squadre in campo? Così esce dalla stanza e si procura i risultati che riporta subito dopo ad alta voce. Ebbene il volto del marito della signora s'è bagnato di lacrime e un sorriso beato gli è rimasto per molti minuti. "Mi sono davvero commosso" ha scritto Fornasiero. Commosso molto più che se avesse semplicemente vinto l'Inter dopo aver rischiato di perdere tutto sulla dirittura d'arrivo. "C'è qualcosa di magico in quel sorriso in ospedale" gli ha risposto Severgnini "Chissà quali ricordi sono passati nella testa di quell'uomo in quel letto". Ma il calcio in fondo può essere taumaturgico.

"Non possiamo sperare che tutti capiscano, sul campo e fuori, però molti ci arrivano e si rendono conto di avere una responsabilità. Abbasso quindi tutti quelli che "abusano di un sogno". Via i violenti, gli imbroglioni di Calciopoli, chi sa ma fa finta di non sapere e via anche chi pensa solo ai soldi o gli ingrati che scaricano gli amici dal carro dei vincitori prima che la festa sia finita (o iniziata). Lasciateci quei piccoli sogni fatti di passioni infantili, rivalità innocue e solidarietà gratuite. Lasciateci il calcio che fa miracoli, lasciateci il calcio che ridà dignità ad un uomo cui la malattia sembra aver tolto tutto e lasciateci i tifosi che riescono a commuoversi più davanti a una lacrima di un uomo sconosciuto che alla vittoria della loro squadra.

Se volete pensate che vi abbia raccontato questa bella favola per par condicio dopo quella più "cattiva" per l'Inter di Vitali, ma questo è stato solo il pretesto. A me piacciono la solidarietà, l'amore e il rispetto e poco importa se devo andarli a cercare nei libri delle fiabe, nei romanzi, nei quadri o sulla Gazzetta dello sport. Che siano dove siano basta che ce ne sia tanto.

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