Mangiare animali: stomaco e provette

di Gianfranco Di Mare

Performance Engineer

 
Uno degli aspetti più importanti per capire cosa avviene delle sostanze che mangiamo, cioè cosa ne faccia l’organismo, è legato alle modalità di scissione dei vari nutrienti complessi nel tratto digestivo.

Si tratta di un processo di cui, inevitabilmente, si perde traccia quando si cerca di ricostruire in reattore (“in provetta”) i processi fisiologici.

Cosa fa, infatti, lo scienziato che studia la digestione? Ad esempio può prendere una sostanza, scioglierla in acido cloridrico, ed analizzare le molecole risultanti. Ma otterrà dei risultati utili a capire le qualità di quel cibo?

Immaginiamo una sostanza complessa (del riso, del pollo, una foglia di insalata…) come una complicata matassa di catena, con gli anelli di diverso colore, forma e diametro. Immaginiamo, anche, che da molti di questi anelli partano delle catene laterali, di varia lunghezza e complessità.

Cosa vediamo in provetta dopo la simulazione di un processo digestivo? Quasi sempre piccole catene di pochi anelli, o anelli singoli. Cioè, i mattoni fondamentali costituenti “il cibo”. In questo modo spesso non si nota alcuna differenza tra un pezzo di pollo ed un pezzo di gallina, ad esempio.

La sto mettendo giù molto semplice, forse troppo, ma la cosa importante è capire che nel corpo umano non accade nulla del genere: perché le varie catenelle ed anelli singoli non hanno solo la tendenza a separarsi, ma anche a riaggregarsi: e non si riaggregano mai nella loro forma originale.

Il sistema digerente (circolo sanguigno incluso!) è una fucina di molecole, anche di grande complessità. Idroglucidi, peptoni, glicoproteine, aggregati più stabili o volatili che si mescolano in un’orgia gioiosa in cui prevalgono le leggi della chimica, dell’elettromagnetismo, delle affinità polari, le individualità della persona… A seconda di quello che abbiamo mangiato nei pasti precedenti, e di come stiamo al momento, cambiano infatti le reazioni fisiochimiche del corpo, e di conseguenza i sottoprodotti di questa reazione.

Due tessuti (ad esempio gamberetto e sarago) possono rilasciare catene proteiche molto simili, che però avranno la tendenza a spezzarsi in punti diversi, e quindi a produrre sottoprodotti completamente diversi tra loro che tenderanno, per forza di cose, a legarsi col resto dell’ambiente in modi diversi.

Anche la stabilità delle catenelle non è costante, ma dipende dalla loro origine.

Come si intuisce a questo punto, anche la combinazione delle diverse tipologie di cibo che possiamo introdurre in un singolo pasto determina risultati combinatori diversi.

Un ultimo punto che vorrei sottolineare oggi – e che spesso sfugge – è che le sostanze non sono mai “libere” in un alimento, ma associate ad altro: un minerale può ad esempio essere associato ad uno zucchero in un tipo di tessuto, e ad un altro – o ad una proteina – in un tessuto differente. Se il legame tra le due parti è forte queste tenderanno a restare unite – a viaggiare insieme – per molto tempo, con tutta una seie di potenzialità riaggregative. Se il loro legame è debole, o se una qualche altra sostanza proveniente da un altro cibo tende ad intrufolarsi tra le due, rompendone la relazione, si separeranno presto ed i loro destini saranno molto differenti. Risultato? Le possibilità di azione di una stessa sostanza proveniente da due fonti diverse sono – o possono essere – del tutto diverse.

Come può influenzare la nostra salute questo affascinante processo? Questo modello ci offre una visione della nutrizione nella quale ogni cibo mantiene proprie specifiche caratteristiche. Ecco che il calcio del latte interagisce con le ossa in modo completamente diverso dal calcio della verza o del sesamo.

Capite bene che per fare scienza nutrizionale seria è necessario utilizzare modelli di analisi che prevedono, comprendono ed interpretano queste dinamiche. Ecco il motivo per il quale la semplice analisi in reattore della composizione di un alimento non dà informazioni utili: inutile bere latte per rafforzare le ossa, inutile mangiare carne e pesce – o carne e formaggio, o carne ed uova – nello stesso pasto tentando di aumentare l’apporto di aminoacidi…

Esistono, quindi, differenze sostanziali tra un cibo ed un altro, anche a parità di “composizione”. Senza entrare nello specifico di ciascun alimento cercheremo nei prossimi post di tracciare una mappa di orientamento che ci permetta di operare delle scelte strategiche intelligenti. Buon appetito a tutti!

Image courtesy ecoalfabeta.blogosfere.it

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