Meditazioni sul calcio

«Giocare a calcio un’ora al giorno è meglio che affrontare un’ora di meditazione».

«E certo,bella forza!», direte voi. «Figuriamoci se i nostri pallonari, cresciuti a pane, pallone e playstation possono trovare piacevole anche solo 5 minuti di meditazione.» La frase in questione, però, non l’ha detta un calciatore ma niente meno che il Mahatma Gandhi, uno che di meditazione se ne intendeva davvero.

La passione di Gandhi per il calcio non è notissima. L’ha scoperta e raccontata sul Fifa Magazine il giornalista del quotidiano spagnolo Marca, David Riuz de la Torre in occasione dei recenti mondiali di calcio in Sudafrica. L’ha ricordato ieri in un ampio servizio Sportweek, l’inserto settimanale di Gazzetta, in cui si precisa che “non ci sono tracce di un suo passato come giocatore, ma era un tifoso accanito e quando era già era un personaggio in vista della lotta contro l’Appartheid fondò addirittura tre club in tre città sudafricane diverse (Durban, Pretoria e Johannesburg) e tutti con lo stesso nome: Passive Resister Soccer club.” Il Satyagraha, la forza della verità, la resistenza contro l’oppressione attraverso comportamenti non violenti, era la base del pensiero gandhiano. Ovvio, quindi, che una delle ragion d’essere di queste tre squadre era innanzitutto quella di promuovere e far conoscere questo principio fondamentale e calamitare l’attenzione sull’ingiustizia di alcune leggi che segregavano gli indiani. Il calcio era quindi un’occasione di incontro e fratellanza tra genti diverse.I giocatori erano neri o hindu che Gandhi reclutava personalmente allo scopo di farli crescere anche politicamente, attraverso il calcio.

Tuttavia, per il plurinominato al premio Nobel per la pace (5 volte senza mai vincerlo tra il 1937 e il 1948), questo sport, non era solo strumento di lotta o educazione politica, ma qualcosa che lo affascinava per la sua essenza stessa.

«Il calcio – ha detto Gandhi – è uno sport che emana nobiltà. È una disciplina che esalta il senso del gruppo ed è un’attività che permette di raggiungere la pace spirituale.»
Lo scoprì durante la sua permanenza a Londra per studiare legge, ma intuendone la grande forza comunicativa lo utilizzò per promuovere i suoi ideali nel lungo soggiorno sudafricano dal 1893 al 1914, anticipando in questo perfino Nelson Mandela. Curiosamente, invece, l’India, terra natale di Gandhi, sta scoprendo  il calcio solo oggi. La speranza dei grandi sponsor che stanno investendo nell’Indian League è quella di riuscire a creare una squadra che sia in grado di qualificarsi per i Mondiali del 2018, ma chissà se, qualora accadesse i valori che si porterebbe in giro per il mondo sarebbero gli stessi del calcio dei Passive Resister Soccer club. Sarebbe una bella lezione di vita per i nostri pallonari (praticanti e tifosi) tutti pane, pallone e playstation.

Meditiamo. Intanto aggiungiamo il post alla nostra rubrica della domenica Sportivamente, pensieri e parole nello sport.

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