Musica come antidoto per la depressione

È certificato. Da oggi i medici potranno considerare anche la musica tra le varie strategie terapeutiche per curare il "male oscuro". Del resto che le sette note potessero aiutare in molte situazioni cliniche non era una grossa novità. Esistono vari studi che dimostrano quanto la musicoterapia possa essere efficace in ambiti anche molto diversi tra loro. Inoltre, il solo ascolto di una melodia piacevole può aiutare i bambini e gli adulti ad affrontare i fastidi di certe procedure medico-diagnostiche. La bella notizia è che a confermare i benefici effetti della musica anche nella depressione non è uno studio singolo, ma una revisione della Cochrane Collaboration , un ente internazionale no-profit nato con lo scopo di raccogliere, valutare criticamente e diffondere le informazioni relative all'efficacia degli interventi sanitari. In pratica produce revisioni sistematiche che rivedono in modo scientifico e rigoroso tutta la letteratura biomedica relativa a specifici trattamenti allo scopo di trarre conclusioni comprensive di tutti gli studi fatti su quell'argomento. In questo caso i ricercatori del Depression, Anxiety and Neurosis Group della Cochrane Collaboration, coordinati da Anna Maratos, un’arteterapeuta che lavora alla Central and Northwest London Foundation NHS Trust, di Londra ha trovato 5 studi, di cui 4 mostrano una maggiore riduzione dei sintomi di depressione nei pazienti che erano stati trattati con la musica rispetto a quelli assegnati a un gruppo di terapia senza implicazioni musicali. Il quinto studio invece non ha evidenziato alcun affetto significativo. Anna Maratos, commentando questa sua prima indagine ha detto che “per quanto pochi e di dimensioni limitate siano gli studi sembrano comunque indicare una buona efficaci a fronte di un basso tasso di abbandoni prima della fine della terapia che, soprattutto in campo psichiatrico, è già un bel risultato.”
Ora si tratterà di realizzare nuovi studi per chiarire se diverse forme di musicoterapia possono avere esiti diversi e in che termini le si può integrare nel trattamento classico, ma mi sembra che la strada sia quella giusta.
Fonte: Cochrane Collaboration

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