Zanardi senza peli sulla lingua rilancia l’invito del presidente dell’IPC Philipe Craven: “siate liberi di usare il linguaggio che preferite, a patto di non nascondere l’ammirazione per noi”.
Non si è fatta attendere la risposta all’invito provocatorio del numero uno dello sport paralimpico Philipe Craven che a poche ore dall’inizio ufficiale dei giochi ha chiesto ai media di non usare la parola “disabili” in riferimento agli atleti in gara.
A stupire non è però la celerità della risposta ma la provenienza. È stato infatti proprio uno degli atleti in gara a rispedire parzialmente indietro l’invito. E precisamente da uno dei nostri atleti di punta Alex Zanardi, il quale ha definito “stucchevoli disquisizioni semantiche” questi inviti.
“Le definizioni non mi interessano!“, ha detto in un commento a QN – Potete parlare di disabili, potete parlare di portatori di handicap… Siete, siamo liberi di usare il linguaggio che preferite e che preferiamo. A un patto – chiede però Zanardi – : di non nascondere l’ammirazione, sì, l’ammirazione, per chi sceglie di mettersi in gioco, anzi in gara, qualunque sia la sua condizione di partenza.”
Il messaggio è chiaro e diretto: inutile nascondersi dietro un linguaggio politically correct se poi continuate a guardarci con pregiudizio. “Chi partecipa alla Paralimpiade, compreso me, è uno sportivo praticante. – ribadisce con forza Zanardi – Andiamo a Londra per competere. Saranno gare magnifiche, spettacolari, combattute. Noi paralimpici non inseguiamo la comprensione: inseguiamo la vittoria!”
E per rimarcare il concetto non si appella al solite frasi tipo “siamo tutti uguali”, “un giorno potrebbe capitare a chiunque di ritrovarsi da questa parte”, ecc. Un paragone però lo fa. E tira in ballo niente meno che il re delle olimpiadi londinesi Usain Bolt. “Vedete, se ci fossero uomini capaci di volare – dice -, uno come Usain Bolt sembrerebbe un disabile, un portatore di handicap.”
Non c’è bisogno che gli capiti qualcosa: basta qualcuno con un’abilità in più per metterlo in condizioni di disabilità relativa. Sarebbe lo stesso Bolt che oggi ammiriamo, ma probabilmente lo guarderemmo in modo diverso. “Ci avete mai pensato? Tutto è relativo, nelle nostre esistenze. – conclude Zanardi – In fin dei conti, ognuno di noi deve trovare in se stesso le motivazioni per rendere migliore la vita. La propria e quella degli altri.”
Loro, gli atleti paralimpici, proveranno a cambiare la loro e la nostra nelle prossime due settimane. Pronti ad ammirarli senza pregiudizi? Seguiteli con noi!
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