Petronilla e l'arte di cucinare senza cibo

La guerra, la fame e dopo la guerra ancora la fame. Sopravvivere alla miseria creata dai conflitti, comunque se ne esca, è difficile quanto scansare  le bombe e i proiettili che ti piovono addosso. Ma uscirne si può se si impara a far di necessità virtù. Se siamo ancora qui, è perché, in fondo, qualcuno ha imparato l’arte di arrangiarsi e ha saputo insegnarla agli altri, laddove nemmeno il bisogno da solo riusciva a tirarla fuori ad ognuno.

Oggi voglio parlavi di uno di queste persone. Una piccola ma grande donna che ha portato la battaglia degli italiani per la sopravvivenza tra le pareti domestiche, insegnando agli “angeli del focolare” a destreggiarsi tra carenza di cibo e necessità di nutrirsi senza «senza vuotare troppo il borsellino del marito».
Sto parlando di Amalia Moretti Foggia Della Rovere, meglio nota con gli pseudonimi di dr Amaral e Petronilla, di cui oggi a Cusano Milanino, il comune del Nord Milano nel cui anonimo cimitero riposa insieme al medico locale Domenico Della Rovere che sposò nel 1902, è stata ricordata la storia.

Il pretesto per far tornare dalle nebbie del tempo questa mirabile figura di donna è dunque quest’evento, ma abbiamo tanti altri buoni motivi per parlare di Amalia/Petronilla qui, su Arte e Salute.

Nata a Mantova nel 1872 in una famiglia con generazioni di farmacisti alle spalle, è stata, infatti, una delle prime laureate in medicina in Italia, ma anche un’antesignana in ogni avventura in cui si è imbarcata nel corso della sua lunga esistenza. “Protofemminista” e “protonutrizionista” per necessità, ha saputo combinare le sue caleidoscopiche intuizioni aprendo la strada non solo alle donne ma anche alla medicina e alla culinaria nel giornalismo. Le sue rubriche sulla Domenica del Corriere della sera firmate con gli pseudonimi di dr Amal e di Petronilla e i suoi ricettari, paragonabili alla versione al femminile di quelli dell’Artusi, giusto per sfatare il mito che le donne stanno in cucina e gli chef nei ristoranti a dettare il passo nei gusti degli italiani, sono i precursori delle rubriche gastronomiche dei media di oggi e dei volumi di ricette che scalano le classifiche dei best seller.

La storia di questa donna si intreccia, infatti, alle vicende dei due conflitti mondiali. Sono anni drammatici, durante i quali le famiglie italiane si trovano a dover fare i conti con la scarsezza cronica delle materie prime in cucina. Ecco quindi la genialità della sua intuizione: «Petronilla suggerisce nuove tecniche e accorgimenti che consentano di mettere in tavola gli stessi piatti di prima ma senza gli stessi ingredienti ormai introvabili. E’ un vero e proprio inganno al palato, che permette, con qualche virtuosismo, di servire una crème caramel senza latte né uova, una maionese senza olio, una cioccolata in tazza senza cioccolata…», come ricorda Miriam Mafai, in Pane nero, il volume che tratteggia mirabilmente questa figura.

Ma per capire come sia arrivata a questo bisogna tornare agli inizi del suo percorso.

È il 1895 quando, dopo una laurea in Scienze conseguita presso l’ateneo di Padova, la giovane Amalia arriva a Bologna e di lì, infine, nel capoluogo lombardo. Sono tempi difficili, in particolare per la donna, relegata nel chiuso delle pareti domestiche. Ma Amalia non demorde e con una «dote» di 500 lire in tasca, avvia la ricerca di lavoro sostenuta dalle «femministe» dell’epoca: Alessandrina Ravizza, Paolina Schiff, Linda Malnati e, soprattutto, Emilia Maino. È proprio grazie alla Maino se Amalia, nel frattempo laureatasi anche in medicina, ottiene un posto come medico fiscale presso la Società operaia femminile. Poco tempo dopo, nel 1902, la giovane dottoressa viene assunta presso l’ambulatorio della Poliambulanza di Porta Venezia, ove lavorerà per circa quarant’anni, sempre con una attenzione particolare ai poveri e alle famiglie operaie alle quali offre non solo servizi medici, spesso gratuiti, ma anche consigli, indicazioni di vita, fino a combinare matrimoni, riconciliazioni familiari e quant’altro poteva favorire i più piccoli. Una sorta di missionaria laica come tante altre nella storia di Milano che ci rendono conto di un premio come l’Ambrogino d’oro.

In ogni caso, è in questo contesto che sviluppa le sue intuizioni. A fargliele mettere in pratica penserà il destino. Uno dei molti personaggi che frequentavano la casa dei Della Rovere-Moretti Foggia era, infatti, il direttore editoriale del Corriere della Sera, Eugenio Balzan. Fu lui ad affidarle, nel ’26, la rubrica della Domenica del Corriere “Il parere del medicosotto lo pseudonimo di Dott. Amal. Inizia così un dialogo ininterrotto con un pubblico popolare che costituirà la prima e vera informazione sugli aspetti igienici, sulle norme comportamentali e sulla medicina moderna in un Paese ancora legato alle credenze popolari. Non a caso Amalia parla anche volentieri delle erbe medicinali, per entrare in sintonia con il suo pubblico popolare.
Il successo è tale che dopo un paio di anni di la Domenica del corriere pensa di istituire anche una rubrica di cucina da affidare sempre ad Amalia Moretti Foggia che stavolta sceglie lo pseudonimo più apertamente femminile di Petronilla.

La passione per la cucina trova così modo di emergere. Attraverso le preziose righe della rubrica “Tra i fornelli“, la dottoressa-cuoca comincia a dispensare i suoi consigli per una corretta e sana alimentazione. La stessa Amalia descriverà il suo compito: «... intorno all’eterno tema che – dopo quello dei mondiali eventi – tiene sottosopra, in questi tempi, ogni cuor… sul modo di sbarcare il lunario mangereccio, consumando poco grasso, poco riso, poca pasta, poca farina e poco zucchero, spendendo pochetto ma nutrendo bastevolmente».
E l’ennesimo successo non tarda ad arrivare. Le ricette «per tempi eccezionali» di Petronilla conquistano rapidamente l’immaginario delle famiglie italiane, che mettono in tavola succulente pietanze senza vuotare le tasche. Raccolte in veri e propri ricettari nei quaderni della Collana di perline della Petronilla (editi da Sonzogno), costituiranno per i decenni a venire un prezioso scrigno con cui coniugare fantasia e risparmio.

Naturalmente questa nuova avventura non tradisce la sua vocazione e formazione precedente. «Oh, non pensatemi di professione cuoca; né da mane a sera fra pignatte e padelle ad almanaccare nuove pietanzine e piatti ricercati! – confidava alle sue lettrici – … ma soltanto (e come ognuna di voi, probabilmente), una qualunque donnetta di casa che in gioventù ha imparato a cucinare (come ognuna di voi avrà certo imparato) sotto la sola guida della sua mamma. … che, sposa  ha voluto (come ognuna di voi avrà certo voluto) perfezionarsi alquanto tra i fornelli della propria cucina… per maggiormente approfondirsi nel ramo più saggio e pratico della scienza femminile…».

La “grandezza” di Petronilla sta nell’aver saputo parlare a un pubblico popolare proponendo ricette che erano nel novero di quelle “possibili” per il pubblico di riferimento e sono nello stesso tempo “sane”. Nelle ricette di Petronilla la gastronomia si mescola quindi con l’igiene e con la fantasia, la creatività va a braccetto con le disponibilità economiche ridotte delle lettrici di allora. A far breccia nel cuore del pubblico sono però, probabilmente, proprio il linguaggio e la verve comunicativa di Amalia. Le sue non sono ricette vere e proprie nella forma in cui ci aspetteremmo di trovarne oggi, ma brevi racconti di vita familiare, vivaci ed arguti.
Nella prefazione di “200 suggerimenti per ….. questi tempi“, il suo ultimo ricettario, pubblicato in tempo di guerra, Amalia scrive “Ecco qua, alcuni suggerimenti proprio per voi.
Per voi, figlie, mogli, mamme che, da una sorte non certo benigna, foste destinate a vivere in questi tempi di guerra spaventosa che sconvolge l’intero mondo e quindi … di continue mancanze di quanto ci sembrava assolutamente indispensabile; di preoccupazioni le più gravi sul bilancio familiare che di giorno in giorno diventa sempre più costoso; sulla sorte di chi ci è lontano e si vorrebbe tanto vicino; di trepidazioni sul destino che ci attende e (purtroppo!) anche di dolori, di dolori atroci e che spaccano il cuore“. E seguivano 200 consigli per cucinare con “niente pasta, niente grassi, … poche gocce d’olio ….. e così risparmiando“.

D’altra parte insieme alla passione per le scienze aveva ereditato dai suoi avi anche una certa passione per le lettere e la scrittura che l’ha fatta avvicinare a personaggi noti in questo campo come Ada Negri. Il carteggio tra Amalia e la poetessa lodigiana è divenuto persino un libro, tanto è stato intenso e significativo. Come la loro amicizia, del resto.

Amalia continuerà a scrivere le sue rubriche anche al termine del conflitto, fino alla sua morte avvenuta nel 1947 a Cusano.

Dopo di lei saranno il grande Massimo Alberini, lo storico della gastronomia, e la rivista “La cucina Italiana” a valorizzare la figura di Petronilla. Ma se oggi se ne riparla è perché ricettari come quelli di Amalia o dell’Artusi e di chi è venuto prima e dopo di loro, possono dirci molto sulla storia del popolo in seno a cui sono nati. Dai ricettari, infatti, di può venir a conoscenza degli usi e costumi di una data area geografica, delle sue vicende storiche, persino della sua evoluzione linguistica. Si può sapere come vivono gli uomini e le donne a cui sono rivolti e quali problemi possono avere. Se volete approfondire questo aspetto vi invito ad andare nel sito del progetto di educazione agro-alimentare Eng:ing, oppure la pagina della biblioteca gastronomica dell’Accademia Barilla

Per approfondire la conoscenza della protagonista del nostro post di oggi vi rimando, invece, alle fonti.

Fonti:
Roberta Schira – Alessandra De Vizzi, Le voci di Petronilla, Salani Editore, 2010;
Miriam Mafai, Pane nero, Ediesse, 2008;
Renzo Dall’Ara, Petronilla e le altre, edizioni Tre Lune;
Daniele Rota, Cara amica ti scrivo, firmato Ada Negri, Cattaneo editore, 2002, recensito sul Corriere della sera da Caterina Belloni.

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