Piangere o ridere al cinema e in tv dipende dal nostro cervello … e dagli sceneggiatori

Prima o poi capita a tutti di piangere per un film visto al cinema o per un libro particolarmente struggente. Alcuni lo fanno spesso, altri invece cercano di ostentare forza. Tuttavia, prima o poi l'immedesimazione con un personaggio a cui ci sentiamo vicini fa capitolare anche i più "duri". L'immedesimazione non è però solo un vissuto spiacevole: ci si può identificare anche con il protagonista di uno show televisivo e fare il tifo per lui, ma anche gioire dei suoi successi come se fossero i nostri.

E qui sta infatti il nocciolo della questione. Che cosa accade nel nostro cervello quando ci immedesimiamo nei personaggi di un film o di un libro fino a commuoverci per le sue disavventure? È possibile pensare di poter sfruttare queste conoscenze anche nel mondo dell'arte e dello spettacolo?

Se lo chiedono da tempo scienziati e psicologi, ma anche scrittori, registi e sceneggiatori. Saperlo consentirebbe infatti di costruire storie e personaggi più adatti a indurre questo processo di identificazione nello spettatore, portandolo a piangere o ridere più facilmente con le loro creazioni, decretandone, forse, un maggiore successo.

Un tentativo di risposta lo ha fatto Dean Mobbs, del Medical Research Council di Cambridge, insieme ai ricercatori della Aarhus University danese e del Cnr di Cosenza, grazie a uno studio pubblicato sulla rivista Science, in cui ci mostrano le aree della corteccia che si attivano quando ci immedesimiamo in un personaggio di un film, di un reality o di un libro.
Per il loro esperimento, i ricercatori hanno sottoposto alcuni volontari a risonanza magnetica funzionale mentre assistevano a un finto quiz televisivo a cui partecipavano due finti concorrenti. Prima dello spettacolo vero e proprio i due sono stati interrogati pubblicamente su problematiche personali, sociali ed etiche, ma le risposte erano studiate in modo che uno dei due sfidanti apparisse come un personaggio "negativo" (con caratteristiche ritenute socialmente deplorevoli), in contrapposizione all'altro. In pratica uno dei due concorrenti era designato per indurre il pubblico all'immedesimazione con lui, mentre l'altro per impedirla.

Mobbs e colleghi hanno così potuto osservare attraverso la risonanza magnetica, che lo striato ventrale, l'area del cervello coinvolta in situazioni di euforia ed eccitazione, aumentava la sua attività quando a vincere era il concorrente più apprezzato. La stessa area si attivava anche quando a giocare e a vincere erano i volontari in prima persona. Anche il cingolo ventrale anteriore (vACC), la zona implicata nei sentimenti positivi che le persone provano verso se stesse, veniva coinvolto, attivandosi in relazione allo striato ventrale.

Secondo i ricercatori, il collegamento tra le due zone delle corteccia suggerisce che il vACC possa influenzare l'attivazione dello striato ventrale. In questo modo le emozioni che si provano verso se stessi verrebbero in qualche modo attribuite anche a estranei.

Lo studio però dimostra pure che per gli ideatori di show televisivi e gli scrittori di sceneggiature, costruire storie e personaggi ad hoc per orientare l'immedesimazione del pubblico è, come dice Mobb, "davvero facile".

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