Piccoli geni con ninne nanne e riposo notturno

Chi dorme non piglia pesci, ma se è un neonato rischia di diventare più intelligente. Infatti, secondo i ricercatori delle Università di Montreal e del Minnesota che hanno esaminato 60 bimbi in fasce di età compresa tra 1 e 2 anni quelli che fin dai primi mesi se la ronfano per la gran parte della notte sono destinati ad avere funzioni cerebrali più rapide rispetto ai piccoli coetanei che dormono poco o nulla.
Nei bambini che hanno un buon riposo notturno abbiamo riscontrato una casca di effetti cerebrali positivi – spiega su Child Development una delle ricercatrici, Annie Bernier – che si riflettono sull’acquisizione di alcune abilità“, ovvero memoria, flessibilità mentale e capacità di controllare gli impulsi.

Lo studio – che aveva lo scopo di mettere in relazione la regolazione del sonno nella primissima infanzia con il funzionamento esecutivo successivo – conferma quindi quanto osservato nei bambini in età scolare e cioè che il sonno favorisce lo sviluppo di più elevate funzioni cognitive dipendenti dal coinvolgimento della corteccia prefrontale.

I bambini che dormono senza problemi fin dai primissimi mesi di vita non sarebbero, insomma, la gioia dei loro genitori solo nell’immediato, ma potrebbero riservare piacevoli sorprese anche negli anni successivi. Avanzo però un’ipotesi provocatoria alla notizia pubblicata da ASCA: e se fosse questa la chiave di tutto?

Se fosse la relativa tranquillità dei genitori che hanno bimbi con ritmi sonno-veglia più simili ai loro a renderli più rilassati e quindi più accoglienti e ben disposti nei confronti dei figli? È, infatti, innegabile che non riuscire più a dormire con regolarità durante la notte per seguire i ritmi fisiologici di un neonato possa rendere stanchi, nervosi e magari meno propensi a stimolare poi i piccoli durante il giorno con giochi, fiabe, ninne nanne e quant’altro con la serenità che si dovrebbe invece avere nell’interesse di tutti?!

Non so, avere neonati che dormono con “un ritmo da adulti” dovrebbe essere considerata una fortuna per i genitori, ma mi pare che questo studio lasci intendere che sia invece auspicabile anche nell’interesse del bambino e magari, quindi, da indurre qualora non si fosse genitori così fortunati. Penso che non sia il caso di far venire simili dubbi ai genitori perché i tentativi di “forzare” i ritmi dei piccoli secondo le proprie necessità o le idee degli esperti potrebbero portare ad ansie e difficoltà di interazione genitori-figli che non favorirebbero il corretto sviluppo psico-fisico del piccolo e potrebbero anzi impedire addirittura l’acquisizione dei ritmi fisiologici via via più “normali” in base all’aumentare dell’età.

Fonte: ASCA

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