Rita Levi Montalcini, un secolo di passione tra scienza e arte

Esattamente un secolo fa, il 22 aprile del 1909, nasceva a Torino in Piemonte Rita Levi Montalcini. Cento anni attraverso la storia personale e del mondo che noi oggi celebriamo parlando di "una vita dedicata alla scienza".

Eppure la scienziata neurobiologa che nel 1987 fu premiata con il Nobel per la medicina, avrebbo potuto tranquillamente diventare artista sia per il patrimonio genetico sia per quello culturale, acquisito dall'ambiente in cui è nata e vissuta.

Cresciuta nell'apparente sicurezza della buona borghesia intellettuale torinese e all'interno di una comunità ebraica rigorosamente laica, per cui verrà colpita insieme alla sua famiglia e molti amici dalle leggi razziali, Rita sembra infatti circondata dal sacro fuoco dell'arte, sapientemente bilanciato dalla vena scientifica del padre.

Artista era sua madre Adele Montalcini, pittrice di talento, e artista era suo fratello Gino, l'unico che il padre Adamo Levi, ingegnere elettrotecnico e matematico, avrebbe fatto studiare, nella migliore tradizione dell'epoca per cui solo i figli maschi avevano il privilegio di pensare a una carriera più alta. Ma il primogenito di fare l'ingegnere come suo padre non ne voleva sapere e così, già eccellente scultore, diventerà negli anni 30 un importante architetto con il cognome d'arte di Levi Montalcini (qui una sua autobiografia).

Dopo Gino arrivano solo figlie femmine e tutte, anticipando i tempi, si laureano, sebbene in campi diversi:  Anna, detta Nina, nel 1907 e mancata qualche anno fa (l'unica che sarà madre e che curiosamente sposerà un Montalcini, omonimo ma non parente di sua madre) e poi il 22 aprile 1909 le gemelle Paola e Rita. Un'anima divisa in due. Un fascio di nervi, tenacia e passione a cui consacrare la vita intera, rinunciando alla missione tradizionale della donna, la creazione di una famiglia propria e la generazione dei figli. Una missione che né l'una né l'altra – femministe di fatto – hanno mai rimpianto.
Paola studia pittura con Felice Casorati e diventa un'artista di grande valore. Vive appartata, aliena dalla ribalta, ma apprezzata dagli intenditori. Il ministero dei Beni culturali dedicò non molti anni fa ai suoi quadri e alle sue installazioni una magnifica retrospettiva, dalla quale emergevano una ricchezza inventiva e una capacità di rinnovamento mai venute meno neppure negli ultimi anni di attività.
Rita invece decide di studiare Medicina, «per aiutare i poveri e i sofferenti». Ma l'insegnamento del professor Giuseppe Levi, un'autorità mondiale nel campo dell'istologia e padre della scrittrice Natalia Ginzburg, le rivela la propria vocazione per la ricerca pura. Rita si laurea nel 1936, e subito ha inizio l'avventura delle sue ricerche sugli embrioni di pollo, che la condurrà nel 1947 in America (entrando negli Usa anche Rita sceglierà il cognome Levi Montalcini), poi alla scoperta del Ngf, infine al Nobel.

In mezzo però c'è la Guerra, le difficoltà, le fughe dalle persecuzioni razziali. Dopo la laurea e i primi passi a Torino, le ricerche di Rita continuano in Belgio, in laboratori di fortuna, poi di nuovo a Torino, dove prosegue gli studi nel celebre laboratorio costruito con le proprie mani nella sua stanza di ragazza.

Nel settembre del 1943, mentre le divisioni corazzate tedesche occupano l'Italia, sarà Gino Levi (non ancora ufficialmente Levi Montalcini) a portare al Sud tutta la famiglia: la madre, la giovane moglie e le sorelle. Inizia un viaggio pericolosissimo, per superare la Linea gotica, ma per fortuna i Levi lo concludono a Firenze, ospiti della famiglia Mori, la cui figlia, amica di Paola è, guarda caso, pittrice. Resteranno a Firenze, divisi in vari alloggi, sino alla liberazione della città, cambiando spesso domicilio tra fughe rocambolesche in extremis e sfiorando più volte quel confine sottile tra la vita e la morte. I Levi rischiarono la vita e noi che il fattore di accrescimento del tessuto nervoso restasse celato per molti anni, o per sempre, ma ancora l'arte in qualche modo salvava tutti.

Ma non è finita qui. Oltre ai tanti artisti che in un secolo di vita Rita Levi Montalcini ha conosciuto personalmente e, ricambiata, ammirato, anche le generazioni successive dei Levi non sembrano rimaste immuni al fascino dell'arte.
Il 17 febbraio del 1948 nasce infatti a Torino Rita Montalcini, figlia di Nina e quindi nipote della scienziata che viene introdotta nel campo artistico dalla zia Paola e da trent'anni ormai si occupa di attività didattica nel settore delle tecniche delle arti decorative, con particolare attenzione a quelle della pittura, del decoupage, dello stencil, del tromp l'oeil e della creazione di gioielli in argento e pietre dure. Per lei la zia Rita ha scritto la dedica al libro Ritmi d'arte di cui è autrice (nell'immagine qui sopra).  

Poteva in un ambiente così saturo d'arte considerarsi e rimanere immune Rita Levi Montalcini nonostante la passione per la scienza? No! E, infatti, tracce del suo amore per l'arte si trovano nelle sue parole, nelle interviste, e nei libri.

Come non citare per primo Un universo inquieto (Baldini Castoldi Dalai, 2001), il libro che ha scritto sull'amata gemella e pittrice in cui si legge che "Paola Levi Montalcini, poco più che ventenne, emergente nel gruppo degli allievi di Casorati, possedeva già nei suoi dipinti un'impostazione personale, scevra da ogni legame". Impostazione che ha saputo mantenere negli anni. Dopo le drammatiche vicende della guerra riprese infatti il discorso interrotto della sua pittura in base ad un nuovo concetto "la fine di un monologo per una prospettiva corale". In questo volume  la sorella gemella Rita, riporta appunto i passaggi più salienti della sua attività, che traducono la sua vita nell'opera artistica da lei prodotta, sotto sembianze sempre diverse.

Nel libro Senz'olio contro vento (Baldini Castoldi Dalai, 2008), la celebre scienziata si confronta, invece, con dieci personaggi, da lei amorosamente ritratti e scelti fra le innumerevoli personalità che ha avuto modo di conoscere e che si trovano accumunati da un'unica costante: quella di aver affrontato il mare dell'esistenza con coraggio e determinazione, da cui il titolo del libro che è appunto un'espressione marinaresca. Sono figure che, per l'autrice, riscattano con il loro esempio di vita la specie umana. Dal nipote Guido Montalcini, tragicamente segnato da una crudele malattia, al partigiano Giacomo Ulivi, fucilato non ancora ventenne in una piazza di Modena; dall'amica biologa Simonetta Tosi, morta di cancro, al sionista Enzo Sereni, scomparso a Dachau; dalla dermatologa Marcella Nazzaro all'architetto razionalista Giuseppe Pagano; da Vito Volterra a Max Delbruck; da una quasi sconosciuta poetessa, Maria De Laude, della quale si mettono in luce le eccezionali doti liriche, al famoso e caro amico Primo Levi, con il quale Rita Levi Montalcini intesse un commosso ideale colloquio. Tanti quindi gli artisti protagonisti di questo libro in cui l'autrice non cede mai al patetico, al sentimentalismo, da cui rifugge per una certezza che viene da lontano, dalle sue esperienze di lavoro, di incontri e di scontri, da cui si enuclea una sola verità: vivere per lei non è mai stato un mestiere; piuttosto un dovere, un imperativo etico.

E a proposito di personaggi vogliamo dimenticare L'asso nella manica a brandelli (Baldini Castoldi Dalai, 2008), un altro suo libro importante, in cui Levi Montalcini vuole fornire alcune indicazioni su come affrontare i problemi della vecchiaia con serenità e sicurezza non partendo da considerazioni etiche, sociologiche o psicologiche, bensì scientifiche, con le quali dimostra che il cervello umano invecchiando perde alcune prerogative, ma le sostituisce con altre che in parte compensano e superano quelle perdute. L'autrice accompagna infatti la sua dimostrazione con una serie di esempi di personalità attive fino alla vecchiaia, come Galileo Galilei, Bertrand Russell, ma anche Michelangelo e Pablo Picasso.

E poi ci sono i libri scritti non dalla neurobiologa piemontese, ma su di lei. Come La clessidra della vita di Rita Levi Montalcini (Baldini Castoldi Dalai, 2008). L'Autrice, Giuseppina Tripodi è comunque qualcuno che la conosce bene essendo la sua più stretta collaboratrice da circa quarant'anni. E se lei, volendo ricostruire per temi il pensiero e il senso della vita della grande scienziata, ha riportato particolari inediti della sua esistenza e componendo come in un mosaico le opinioni più chiare sulle questioni a lei più care: il rapporto fra ricerca ed etica, il confronto con i giovani e le grandi speranze per il futuro del mondo, e il peso dell'intuizione nell'arte come nella scienza, possiamo credere che l'arte non sia un dettaglio ininfluente nella vita di questa grande scienziata. La "first lady della scienza", come ricorda questa testimonianza ammirata della vita esemplare di una donna che sin da giovanissima si è consacrata alla ricerca scientifica, ma anche all'impegno nel progresso civile.

Un impegno che "ha contagiato e continua a contagiare" le persone che l'avvicinano, motivandole nelle loro scelte e attività, come testimonia il grande affetto che suscita la Montalcini tra i giovani. Come summa degli alti valori morali che hanno contrassegnato tutto il percorso di Rita LeviMontalcini, la lucidità del suo pensiero, frutto anche della fiducia nelle potenzialità dell'uomo, questo libro si propone quindi come una sorta di viatico per quanti si sentono smarriti di fronte alle sfide, alla complessità e al caos di questo inizio di millennio.
Decisamente un testo da non farsi mancare accanto a quelli scritti direttamente da Rita Levi Montalcini.

Non sappiamo dire con certezza se e a quale tipo di arte in particolare si sia dedicata nel corso dei suoi cento anni, se ha mai preso in mano i pennelli della sorella o si sia mai dilettata con le matite del fratello. Però qualcosa di artistico dalla penna di Rita LeviMontalcini è uscito di sicuro. Lo vedremo col prossimo post.

Prima, però, un'altra piccola curiosità. Sapete cosa stava facendo quando arrivò la telefonata che le annunciava la vittoria del Nobel?

Lavorava dite? No, no! E va bene ve lo dico io: stava leggendo un romanzo di Agatha Christie che per l'emozione non è riuscita a finire. Lo ha confessato lei stessa in molte interviste senza però mai specificare quale degli oltre 80 romanzi scritti dalla giallista inglese.
Chissà, però, se ha pensato anche lei che dall'evoluzione della sua scrittura negli anni si potesse vedere l'arrivo imminente dell'Alzheimer come sostenuto da alcuni ricercatori in un articolo di cui vi ho parlato qualche tempo fa?

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