Sant' Ambrogio e le api

Oggi è Sant’Ambrogio. Milano è in festa, ma non solo. Il Vescovo simbolo della città lombarda è anche il patrono degli apicoltori. Me lo ricorda il nostro apidologo di fiducia Renzo Barbattini, che nel suo articolo sulle api nell’iconograrfia dei Santi pubblicato su Apicoltuaonline ha dedicato ampio spazio proprio al festeggiato di oggi.
Nato a Treviri, in Germania, nel 339 e morto a Milano il 4 aprile 397. Il suo biografo (Paolino da Milano) – scrive Barbattini insieme a Stefano Fugazza, esperto di storia dell’arte e curatore della Galleria d’arte moderna “Oddi Ricci” di Piacenza – narra che un giorno, mentre il piccolo Ambrogio dormiva in una culla nel cortile del pretorio (infatti, il padre, appartenente all’aristocrazia romana, era un funzionario in servizio oltralpe), sopraggiunse all’improvviso uno sciame che si posò sul suo viso con le api che entravano e uscivano dalla bocca. Il padre, che passeggiava nelle vicinanze con la madre e la figlia, proibì alla domestica, cui era stato dato il compito di curare il bambino, di scacciare gli insetti perché aveva intuito che si trattava di un fatto prodigioso. Poco dopo, le api si alzarono in volo salendo così in alto da scomparire alla vista; allora il padre esclamò: “Se questo bambino vivrà, diventerà qualcosa di grande”.”

E grande lo divenne davvero. Di famiglia romana cristiana, governatore delle province del nord Italia, fu acclamato vescovo di Milano il 7 dicembre 374. Rappresenta la figura ideale del vescovo, pastore, liturgo e mistagogo. Le sue opere liturgiche, i commentari sulle Scritture, i trattati ascetico-morali restano memorabili documenti del magistero e dell’arte di governo. Guida riconosciuta nella Chiesa occidentale, in cui trasfonde anche la ricchezza della tradizione orientale, estese il suo influsso in tutto il mondo latino. In epoca di grandi trasformazioni culturali e sociali, la sua figura si impose come simbolo di libertà e di pacificazione. Ecco perché se ne celebra l’acclamazione a vescovo anziché la data di nascita o di morte, come avviene di solito.

Si tratta di una ricorrenza importante per tutta la Chiesa e non solo per Milano, in cui è comunque vissuta come momento particolarmente solenne per ricordare il suo amatissimo Patrono benché non vi fosse nemmeno nato.

Ambrogio nacque, infatti, a Treviri, nella Gallia, verso il 339. – si legge nel sito Santi e beatiEra figlio di un funzionario romano in servizio al di là delle Alpi, e dopo la morte del padre la famiglia rientrò a Roma. Ambrogio studiò diritto e retorica, e intraprese la carriera giuridica.
Si trovava a Milano, quando il Vescovo morì, e da buon funzionario imperiale, cercò che fossero evitati quei disordini spesso provocati dalle tumultuose elezioni ecclesiastiche. Parlò con senno e fermezza nelle adunanze dei fedeli, perché tutto fosse fatto secondo coscienza e nel rispetto della libertà. Fu in seguito a questi suoi giudiziosi discorsi che dall’assemblea si alzò un grido: “Ambrogio Vescovo!”.
Ambrogio, che si trovava in quell’assemblea come funzionario imperiale, non era neppure battezzato, essendo soltanto catecumeno. Sorpreso e anche spaventato, proclamò dunque la sua indegnità; si professò peccatore, tentò perfino di fuggire. Tutto fu inutile.
Ricevette così il Battesimo, e, subito dopo, la consacrazione episcopale. “Tolto dai tribunali e dall’amministrazione pubblica – dirà il nuovo Vescovo – per passare all’episcopato, ho dovuto cominciare a insegnare quello che non avevo mai imparato”. Si diede perciò alla lettura dei Libri sacri, poi studiò i Padri della Chiesa e i Dottori, tra i quali sarebbe stato incluso anche lui, insieme con un giovane retore che, dopo dieci anni, egli stesso avrebbe battezzato: Agostino da Tagaste. L’opera di Ambrogio fu così vasta, profonda e importante, che difficilmente può essere riassunta. Basti dire che fu considerato quasi un secondo Papa, in un’epoca nella quale certo non mancarono alla Chiesa grandi figure di Vescovi.
Ma SantAmbrogio appariva più alto di tutti per la sua opera apostolica, benché fosse piccolo e delicato nel fisico quant’era grande nello spirito.
Egli, che veniva dalla carriera dei dignitari imperiali, sostenne dinanzi all’Imperatore, non solo i diritti della Chiesa, ma l’autorità dei suoi pastori. “Sono i Vescovi che devono giudicare i laici, e non il contrario” diceva, e tra i laici metteva, per primo, l’imperatore.
Un’altra massima dell’ex funzionario imperiale era questa: “L’Imperatore è nella Chiesa, non al disopra della Chiesa”. E le contingenze portarono SantAmbrogio ad applicare tale massima nei riguardi del grande e intollerante Imperatore Teodosio.
Quando Teodosio, in seguito all’uccisione del comandante del presidio di Tessalonica, fece trucidare – almeno così si disse – 7000 abitanti innocenti, il Vescovo non solo gli rimproverò il massacro, ma gl’impose una pubblica penitenza. Teodosio cercò di resistere. Infine cedé. Nuovo David, fece penitenza dall’ottobre al Natale.
L’iconografia ambrosiana si è compiaciuta di rappresentare SantAmbrogio che scaccia dalla soglia della cattedrale l’Imperatore pubblico peccatore: in realtà l’azione del Vescovo si svolse tramite lettere e intermediari, ma il gesto resta ugualmente significativo, per indicare che né corona né scettro esonerano l’uomo dalla legge morale, uguale per tutti, e di cui sono giudici autorevoli soltanto i ministri di Dio e i pastori di anime.”

Questa affermazione è discutibile nel senso che i ministri di Dio e i pastori di anime sono comunque uomini e come tali sbagliano e devono essere a loro volta giudicabili e giudicati se si vuole che sia vera almeno nella sostanza e cioè che la legge morale deve essere uguale per tutti.

Tornando alle api. Entrambi gli episodi ricordati da Barbattini e Fugazza a proposito della nascita del Santo hanno avuto delle rappresentazioni artistiche.

La posa dello sciame sul suo viso mentre era in culla è raffigurato nell’affresco di Masolino da Panicale (nato a Panicale, PG, nel 1383, morto a San Giovanni Valdarno, AR, nel 1440) presente nella Cappella di Santa Caterina (1428) della chiesa di San Clemente a Roma. L’affresco riportato in figura è stato restaurato negli anni scorsi e l’episodio dello sciame è riportato in alto, a sinistra: ciò che sembra intonaco scrostato è in realtà lo sciame d’api sul risvolto del lenzuolo. La figura di lato alla culla è la domestica (nella tradizione era chiamata “fantesca”) che tenta di cacciare lo sciame agitando qualcosa. Anche una delle formelle che corredano l’altare maggiore della Basilica di S. Ambrogio a Milano, il cosiddetto “altare aureo di Volvinio” (dal nome dell’orafo che lo eseguì) è dedicata all’avvenimento delle api. Tale altare, realizzato in oro e argento dorato, pietre preziose e smalti e risalente agli anni tra l’824 e l’859, è certamente uno dei capolavori dell’arte alto-medievale italiana. Il lato anteriore dell’altare raffigura alcuni episodi della vita di Gesù mentre quello posteriore è dedicato alla rappresentazione di vari episodi della vita di S. Ambrogio, resi con un gusto particolarmente vivo per la narrazione e per la concretezza dei personaggi, a partire da S. Ambrogio stesso, visto non secondo un’immagine astratta e spirituale, ma come un uomo in carne e ossa. Nella stessa Basilica è presente un affresco del Porta (1738) che, nonostante già nel restauro di tanti anni fa le api -dipinte a secco -non si vedessero più, ha come soggetto “SantAmbrogio nella culla”.

L’episodio dello sciame che si alza in volo fino a scomparire in alto nel cielo è riportato, invece, dal disegno di Pellegrino Tibaldi (nato a Puria, CO, nel 1527, morto a Milano nel 1596) previsto per uno stallo del coro del Duomo di Milano e oggi conservato nella Biblioteca Ambrosiana.

Non abbiamo ritrovato opere pittoriche, con api, che testimoniano l’attività di SantAmbrogio vescovo di Milano (acclamato il 7 dicembre 374)“, precisano Barbattini e Fugazza nel loro articolo. “Però vi sono numerose immaginette sacre (i cosiddetti “santini”) che lo ritraggono sempre con un alveare”, probabilmente perché “SantAmbrogio stesso paragonò la Chiesa a un alveare e il cristiano a un’ape che lavora con zelo e fedeltà.
Due opere veramente particolari – aggiungono i due Autori – sono state eseguite in occasione del Congresso di Apimondia, tenutosi nel 2003 a Lubiana (Slovenia): entrambe si riferiscono a santAmbrogio, patrono degli apicoltori sloveni. La prima è un dipinto fatto con il propoli su legno d’acero dal pittore Brando Cusin nel 2002; la seconda è un affresco eseguito da Ronald Plut nel 2003 sul muro di un apiario a Semic (Slovenia). L’8 dicembre di ogni anno l’Associazione Produttori Apistici delle Province di Milano e di Lodi ricorda il proprio patrono e nell’occasione viene donata una formella, di pregevole fattura, in cera d’api riportante l’immagine di SantAmbrogio sovrastante un bugno da cui sono uscite alcune api.
In Germania sono diffuse le stufe rivestite di piastrelle di ceramica o di terracotta; in un’Abbazia del Sud n’è stata ritrovata una (del XVIII secolo) che presenta, tra le altre, anche una piastrella con l’effige di SantAmbrogio. Anche se si tratta di un esempio di artigianato “artistico” più che di una vera e propria opera d’arte, non possiamo non ricordare il grande bugno doppio in paglia riproducente S. Ambrogio. Questa antica arnia, del 1870 e proveniente dal Rijksmuseum di Arnhem (Olanda), è oggi conservata presso il Museo delle Api del Cav.Cappelletti di Bregnano (CO).”

Per vedere tutte le immagini citate non vi resta che leggere l’articolo pubblicato su Apicolturaonline e Cartantica. Se poi vi interessa l’argomento Api nell’arte sacra potete leggere sempre di Barbattini e altri Autori anche Api e religione: la cera nelle liturgie e Api e storia: San Giuseppe e le arnie.

Intanto buon SantAmbrogio a tutti!

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