SNAI e l'ormone della felicità

Alla faccia dello shock positivo e del brand sociale!
La nuova campagna lanciata da SNAI per "sensibilizzare il pubblico degli appassionati a un approccio consapevole e responsabile a giochi e scommesse" sembra in realtà  un clamoroso autogol.

Secondo quanto annunciato nei giorni scorsi a Roma durante la conferenza stampa di presentazione, il nuovo brand creato da Oliviero Toscani doveva "invitare il giocatore a un atteggiamento cosciente e consapevole, puntando a scoraggiare le spinte autolesionistiche del giocatore patologico, a spezzarne le spinte compulsive verso perdite sempre maggiori, sostenendo invece, le motivazioni ludiche, ricreative, positive dell'atto del giocare."

"Giocare per divertirsi, giocare per socializzare" erano quindi i valori sui quali Toscani dichiarava di aver puntato per il suo lavoro.

In pratica, spiegavano i realizzatori, "il concept, espresso nel claim "Gioca per vincere" e visualizzato graficamente in un bersaglio, quindi in un vero e proprio obiettivo,  vuole indirizzare il giocatore a un atteggiamento positivo e vincente. Solo giocando con moderazione e razionalità si vince davvero.
I colori sono quelli tipici dei segnali di pericolo (rosso, bianco, nero): senza voler stigmatizzare l'atto del giocare, si vuole così ricordare al giocatore la necessità di tenere sempre alta l'attenzione, di saper riconoscere il momento in cui è necessario fermarsi e non andare oltre le proprie possibilità.
"

"Il motto "Gioca per vincere" della nuova campagna – dichiaravano infine soddisfatti – raccoglie, con estrema semplicità, tutti i concetti positivi dell'atto del gioco: puntare al successo e non alla sconfitta, anche personale."

Peccato che poi le intenzioni rimangano sulla carta e la campagna resti quello che è: la promozione di un prodotto che tanto più fa guadagnare a chi lo realizza quanto più viene acquistato. Certo non ci si poteva aspettare altro. Snai "produce" gioco e scommesse e il suo obiettivo può solo essere far giocare e scommettere gli italiani. Più si gioca maggiore sarà il guadagno di Snai. Pensare che Snai potesse produrre gioco da una parte e consigliare di acquistarlo con consapevolezza e coscienza era un controsenso fin dall'inizio.
Sarebbe come immaginare i Monopoli di Stato che fanno campagne per far smettere di fumare, o vedere "spacciatori" che con una mano ti passano la droga e con l'altra ti allungano la lista dei centri di disintossicazione più vicini. Peggio insomma che produrre tonnellate di pacchetti di sigarette con i messaggi shock di quanto faccia male stampati sopra, perché a questo i produttori sono obbligati da una legge e non da un improvviso e autolesionistico moto di coscienza.
C'era, in altri termini, un conflitto di interessi nella pretesa stessa da parte di Snai di diventare un nuovo brand sociale per scoraggiare il gioco patologico. Si poteva tuttavia dare all'azienda almeno il beneficio del dubbio e attendere di vedere la campagna. E così ho fatto.

Purtroppo dopo averla vista non posso che confermare i miei sospetti e dire anzi che la nuova campagna Snai non solo non riuscirà a scoraggiare il gioco patologico, ma potrebbe addirittura incoraggiarlo.

La campagna infatti è perfetta. Per vendere un prodotto.
È accattivante. Punta sul divertimento, ti fa sentire amato dal brand, accolto come a casa. Ti convince che ti renderà protagonista e ti farà trovare tanti amici. Addirittura l'amore. Di più: esaudirà ogni tuo desiderio, ti darà la felicità!

Ah, la felicità! Ormai il viatico dei pubblicitari. Il chiavistello che apre il cuore di noi consumatori e possibilmente anche il nostro portafoglio!!!
La felicità!

Dopo la mamma che ha inventato la formula della felicità portando in tavola la Coca-cola, anche Snai ha trovato la sua formula per la felicità: il gioco. Perché
"Il gioco è l'ormone della felicità.
Scommettiamo?
SNAI
e felice sarai"

Ecco cosa dice una dei protagonisti della nuova campagna sociale Snai. Mi vengono i brividi al solo pensiero di cosa possa fare un messaggio del genere.
Chi, infatti, non vorrebbe la felicità?! Andrei a giocare pure io che non ho toccato mai in vita mia un gratta e vinci, una schedina, una slot machines e odio persino la tombola!!

Non c'è che dire, shoccante è shoccante, ma non in positivo. La simpatica filastrocca troneggiava a tutta pagina sul mio quotidiano domenicale. E due o tre pagine più in là ce n'era un'altra
"Il gioco è come musica per i miei occhi." – dice un altro protagonista. E ancora, "Scommettiamo? Vai da SNAI sempre riderai".
Meno shoccante ma l'ingombro era lo stesso.

E comunque ormai il danno era fatto. Non avevo più parole. Non riuscivo a immaginare in che modo messaggi del genere potessero aiutare a non cadere vittime della dipendenza da gioco.

Per cercare di capire se fosse solo un'impressione mia ho anche cercato di contattare il prof. Rosario Sorrentino, ma il suo addetto stampa (!!!) mi ha risposto che "il professore ha già risposto scientificamente alle risposte delle Agenzie per quanto riguarda il gioco d'azzardo e su ciò che accade fenomenologicamente nel cervello delle persone con patologie serie. Non è interessato nel merito della campagna Snai e quindi non è disponibile per ulteriori chiarimenti.", rimandandomi quindi a quanto pubblicato dalle varie agenzie, che vi riporto qui sotto.

Alla presentazione della campagna per la sensibilizzazione sul gioco responsabile, sostenuta dai Monopoli di Stato era presente anche lui in qualità di direttore dell'Ircap (Istituto di Ricerca e Cura degli Attacchi di Panico).
Come è ben noto infatti il gioco d'azzardo è diventato una vera piaga soprattutto per i giovani e rischia di essere la malattia emergente del nostro millennio.

"Con i circuiti del piacere perennemente stimolati nel nostro cervello da messaggi e sollecitazioni esterne, – ha spiegato infatti l'esperto – il gioco d'azzardo nella modalità patologica e compulsiva rischia di diventare la tossicodipendenza senza assunzione di droga il cui 'sballo' è costituito proprio dalla ritualità, sequenza e comportamenti che ruotano intorno al gioco".
 "Si profila sempre più il rischio di una generazione dipendente da una scarica di dopamina extra per provare sensazioni fuori dall'ordinario, con il pericolo di una 'porta d'ingresso' verso comportamenti caratterizzati da aggressività, impulsività,rabbia e con una chiara matrice sociopatica. Quando la compulsione, la patologia al gioco attecchisce nel cervello, questo organo appare sempre più in affanno perché non riesce, con il contributo della corteccia prefrontale, a frenare, neutralizzare il desiderio smodato, irresistibile e impulsivo di giocare".

Per fortuna questa dipendenza può essere curata. "La complessità della malattia necessita di una diagnosi precoce e un trattamento farmacologico mirato abbinato a psicoterapie cognitivo-comportamentali – ha precisato infatti Sorrentino – per prevenire la cronicizzazione del disturbo ma anche per contenere la presenza di altre malattie come i disturbi di personalità, quelli dell'umore, l'ansia, gli attacchi di panico, la depressione e la dipendenza da altre sostanze che a volta accompagnano e rendono ancora più difficile la gestione clinica e sociale della malattia".

Nel video qui sotto potete vedere un'intervista fatta al professor Sorrentino su questo argomento.

Cosa avete capito?
Io che tutto ciò che dà il piacere, la felicità, soprattutto se concentrato in un breve lasso di tempo, può dare dipendenza. E questo soprattutto se abbiamo un problema e pensiamo di non essere felici.
Più si sta male più si cerca qualcosa che ci faccia stare bene. Cosa sia questo "qualcosa" dipende da noi e dal caso. Per qualcuno può essere il cibo, per altri la droga, per altri ancora il gioco o anche il lavoro. Lo si fa può succedere che ci dia improvvisamente quello che cerchiamo e allora lo facciamo ancora per riprodurre all'infinito quella sensazione di piacere. Finché ne diventiamo schiavi. Allora magari capiamo che non è più così divertente, ma non sappiamo più uscirne.

Ovviamente non capita sempre: tutti mangiamo, ma non tutti diventano schiavi del cibo. Il problema è che non possiamo saperlo prima. L'unico modo per non caderci è starne alla larga il più possibile.
 
Certo il cibo non possiamo evitarlo. Il lavoro nemmeno.
Droga e gioco-scommesse però sì.
Non sono indispensabili alla nostra sopravvivenza quindi per non correre rischi le possiamo e dobbiamo evitare. Soprattutto se non siamo in un periodo felice e siamo più vulnerabili allo sviluppo di una dipendenza.

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