Terapie naturali: perché curarsi con le piante?

di Gianfranco Di Mare

Performance Engineer
 

“Lo ammetto, qualunque cosa che ha l’appellativo ‘naturale’ suscita in me molti dubbi. Perchè desiderare una terapia naturale e non chimica? Per molti versi la chimica migliora quello che si trova in natura. Cosa mi dici a riguardo?”
È quanto mi scrive ralph in un commento al post di giovedì scorso.
Si tratta di un quesito che in molti si pongono e che merita un approfondimento.

Esistono molte ragioni per le quali una persona può scegliere di curarsi con prodotti naturali anziché di sintesi (la cosiddetta farmacia chimica).
Molte persone fanno questa scelta perché sentono le piante meno pericolose, meno aggressive, meno “forti”. Questo, per nostra fortuna, è vero solo per le piante o i preparati poco efficaci, quelli così deboli da avere anche un debole effetto terapeutico.

Ricordiamoci che l’efficacia di qualsiasi terapia a base di sostanze parte dal 17%-20% circa di riscontri positivi, cioè dal valore del placebo. In altre parole, una terapia che mostri (circa) il 17% di risultati positivi sul campione è considerato del tutto inefficace. Diverso è il caso delle terapie speciali, ad esempio quelle per le malattie ancora senza cura, per le quali il 17% di remissioni è da considerarsi ovviamente un miracolo.

Molte persone si curano tramite prodotti naturali perché si sentono vicine ad un ideale di naturalezza, e non vogliono assumere sostanze chimiche.
È bene specificare che, quando bisogna fronteggiare un’emergenza, questo atteggiamento può rivelarsi a volte pericoloso: chi ha la febbre a 41 e resta due giorni senza far nulla per non prendere una Tachipirina rischia seriamente la salute! Allo stesso modo, chi ha una patologia da infezione batterica deve prendere degli antibiotici, naturalmente non a caso ma in seguito ad opportuna indicazione medica/antibiogramma e per il ciclo specificato: non si possono prendere gli antibiotici a caso, né quando “se ne sente la necessità”, ad esempio una volta al giorno o per un’unica assunzione: il dosaggio dev’essere seguito completamente e per un ciclo intero.

Il concetto che “la Natura deve fare il suo corso” è secondo me una solenne sciocchezza: l’uomo naturale muore a 35 anni, quando riesce a diventare adulto (la mortalità infantile è a volte superiore al 50%). Senza medicine saremmo decimati da un’infreddatura, come accadeva fino all’800. Ci sarebbero il tifo, e il vaiolo…

Il motivo più importante per seguire una terapia naturale (ad esempio fitologica) è, però, la natura complessa delle patologie e delle piante allo stesso tempo.

Una gastrite, ad esempio, è una malattia caratterizzata da diverse disfunzioni ed alterazioni, sia a carattere centrale che locale: una alterazione del metabolismo delle cellule epiteliali, una infiammazione locale, una variazione del pH locale, rilevanti componenti neurosomatiche ecc.

La potenzialità della Fitologia sta nella possibilità di costruire il farmaco: attraverso la conoscenza approfondita delle azioni e qualità delle parti di molte piante possiamo assemblare una formula di struttura che riesce a coprire efficacemente tutti gli aspetti della patologia.

Naturalmente non sto dicendo che qualsiasi prodotto a base di piante viene formulato con questi intenti (se così fosse l’efficacia dei prodotti naturali sarebbe ben maggiore!): per arrivare a questo risultato sono necessarie conoscenze avanzate di tipo ecologico, medico, botanico, chimico, clinico e nutrizionale.
È un fatto, però, che un farmaco di sintesi non ha MAI questa caratteristica: il tipico farmaco contro la gastrite cronica, ad esempio, non riesce a curare la patologia attraverso ciascuna delle disfunzioni sopra elencate: si limita a creare una patina protettiva sulla parete interna dello stomaco: uno schermo meccanico, quindi, che di fatto non cura nessuno degli aspetti della patologia come l’abbiamo presentata. La sua funzione è paragonabile a coprirsi bene quando si esce di casa col raffreddore.

Nella farmacologia di sintesi è molto difficile ottenere risultati similari: l’associazione di principi attivi differenti in un solo prodotto (o l’associazione di più farmaci per costruire una terapia complessiva) è operazione spesso rischiosa, a causa del fatto che è molto difficile predire il comportamento di molecole di sintesi che si spezzano, si riaggregano, si annullano a vicenda, si ricompongono a formare nuove molecole non desiderate ed incontrollabili ai mille livelli del loro complesso processo di assorbimento. Così difficile che quasi nessuno lo ha fatto sino ad ora.

Nonostante possa sembrare che in un prodotto fitologico una formula di struttura sia a questo punto necessaria per ottenere i risultati che abbiamo descritto, pure dobbiamo notare che, spesso, la natura ci fornisce piante o parti di piante capaci di svolgere, da sole, più di una funzione: contrariamente a quanto accade per una singola molecola (costruita in laboratorio o a che estratta), in una parte di pianta ci sono diecine, a volte centinaia di migliaia di molecole diverse che, spesso, interagiscono in sinergia per un certo fine.

Parecchio si discute su come questo sia possibile, parendo a molti che sia necessario a questo punto pensare ad una intelligenza che abbia concepito il mondo. Non voglio entrare in meriti teologici o… extraterrestri, e mi limiterò a sottolineare che uno studio approfondito delle leggi della natura permette di rendersi conto dell’aspetto analogico degli ambienti e dei sistemi: dove c’è una pianta col fiore a imbuto c’è, guarda caso, un uccello dal becco a proboscide; dove fa più caldo la frutta presenta caratteristiche speciali nei suoi zuccheri e nella sua digeribilità… e così via. Anche l’essere umano, nato su questo mondo, presenta – nelle sue infinite declinazioni – le caratteristiche che informano i vari ecosistemi.

Ma allora, si starà chiedendo certamente il mio amico ralph, perchè spesso le terapie naturali non funzionano? Non posso che rimandare lui e quanti siano interessati all’apposito post

Wellness a tutti!

Image courtesy acupunturamadrid.com

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