Troppi dati nel cervello: meno memoria, ma più creatività negli anziani

A chi non è mai capitato di non ricordare il nome di una persona che si sa di conoscere benissimo! Una situazione imbarazzante, ma soprattutto preoccupante specie per gli anziani che si possono convincere di avere una grave malattia degenerativa del cervello come l'alzheimer.

È possibile: oggi quasi il dieci per cento delle persone che hanno più di 65 anni è colpito da questa malattia, ma gli studi più recenti dimostrano che nella maggior parte dei casi non è nulla di patologico, anzi. In realtà il cervello che invecchia non perde le sue capacità: cambia solo il modo di funzionare e questo a volte può aprire la strada a soluzioni innovative.
Con l'avanzare dell'età la quantità di informazioni accumulate diventa sempre maggiore e un cervello che invecchia deve imparare a gestire parecchi dati come non gli capitava da giovane. A questo si aggiunge che un cervello più anziano a maggiori difficoltà a concentrarsi su dati singoli come un nome o un numero di telefono. Ne deriva che per mantenere un sufficiente grado di efficienza il cervello si adatta alle nuovi condizioni votandosi alla visione di insieme e dedicandosi prevalentemente a confrontare le informazioni nuove con l'enorme mole di dati già a disposizione, frutto delle conoscenze precedenti. Da cui deriverebbe la famosa saggezza dei vecchi.

Traducendo il ragionamento neurofisiologico, significa che magari i giovani nelle nuove situazioni sono più svelti nel cogliere al volo ogni nuova informazione e nel ricordare tutto quello che hanno percepito attraverso i sensi, ma gli adulti utilizzano meglio le informazioni nuove. Se devono risolvere un problema usano le informazioni che servono tutte insieme e alla soluzione ci arrivano prima dei ragazzi.
Tutto potrebbe dipendere da un minor funzionamento della corteccia pre-frontale. Uno studio dell'Università di Harvard ha dimostrato, infatti, che se esposti a tante informazioni diverse, gli studenti più brillanti (nei quali di solito si osserva un minor funzionamento di quest'area cerebrale) avevano difficoltà a scegliere e a ordinare i dati secondo delle priorità che però contribuivano all'originalità del loro modo di pensare. L'aumento di creatività si osserva anche in persone che hanno subito un trauma o una lesione della corteccia pre-frontale.

Ancora più recentemente, ricercatori del National Institute of Health di Bethesda, negli Stati Uniti, sottoponendo alcuni  musicisti di jazz a un esperimento molto particolare con la risonanza magnetica, hanno visto che il cervello di un soggetto  che suona leggendo uno spartito si attiva in modo diverso rispetto a quello dello stesso soggetto che improvvisa: nell'improvvisazione l'attività dell'area dorso laterale della corteccia pre-frontale si disattiva a favore di un aumento di attività della corteccia pre-frontale media, similmente a quanto accade di solito negli anziani (nella foto: Abdullah Ibrahim, 74 anni, pianista, compositore e arrangiatore jazz spesso dedito all'improvvisazione musicale).

Ciò significa che le varie dimenticanze e sbadataggini dell'anziano sono dovute a disfunzioni dell'ippocampo e della corteccia pre-frontale, entro certi limiti ancora fisiologiche nell'invecchiamento, ma che non solo non compromettono altre capacità cerebrali, ma addirittura consentirebbero agli anziani di essere più creativi dei giovani.

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