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Il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), introdotto nel 2012 con il Decreto Legge n.
179 e attivato dalle Regioni a partire dal 2015, rappresenta un tassello fondamentale per la digitalizzazione della sanità in Italia. Tuttavia, nonostante le aspettative iniziali, la sua adozione non ha raggiunto i livelli sperati. I dati rivelano un’implementazione irregolare e una significativa differenza tra le diverse regioni, creando un contesto di disuguaglianza nell’accesso ai servizi sanitari. Questo articolo esplorerà le sfide attuali del FSE, analizzando i dati disponibili e le possibili soluzioni per un futuro più equo.
Un’analisi della Fondazione Gimbe ha evidenziato come il FSE non stia decollando come previsto. Attualmente, solo quattro tipologie di documenti sanitari sono disponibili in tutte le Regioni, con circa il 42% dei cittadini che ha dato il consenso per la consultazione dei propri dati. Questo è ben lontano dai 16 documenti previsti inizialmente. Le differenze regionali sono preoccupanti: mentre alcune regioni come il Veneto si distinguono per una maggiore disponibilità di servizi e documenti, altre, come la Calabria, mostrano tassi di adesione e disponibilità estremamente bassi.
Le implicazioni di questa situazione sono gravi. La mancanza di uniformità nell’accesso ai servizi sanitari digitali potrebbe portare a nuove forme di esclusione sanitaria, in un sistema che si propone di essere universalistico. Il Presidente di GIMBE, Nino Cartabellotta, ha sottolineato come questa situazione non sia accettabile in un sistema sanitario che dovrebbe garantire pari opportunità a tutti i cittadini, indipendentemente dalla regione in cui risiedono.
Nonostante le criticità, l’analisi di GIMBE ha messo in luce alcuni aspetti positivi. In più dell’80% delle Regioni, il FSE contiene un profilo sanitario sintetico con prescrizioni e referti specialistici. Tuttavia, i documenti chiave come il certificato vaccinale e i documenti di erogazione delle prestazioni specialistiche sono disponibili solo nel 71% delle Regioni. Tali dati indicano un miglioramento, ma non sufficiente per garantire un accesso equo ai servizi sanitari.
Un altro aspetto critico è la disponibilità dei servizi. Solo in Toscana e Lazio i servizi stimati sono completamente implementati, mentre in Calabria la situazione è inaccettabile, con solo il 7% di completamento. Questa disparità è allarmante e richiede un intervento immediato per garantire che tutti i cittadini possano accedere ai servizi sanitari di cui hanno bisogno.
Per affrontare le disuguaglianze attuali nel FSE, è fondamentale che le regioni collaborino per armonizzare l’accesso e la disponibilità dei servizi.
La deadline per l’ultimazione del Profilo Sanitario Sintetico (PSS) è fissata per fine settembre 2025 e rappresenta un’opportunità per integrare i dati e migliorare la continuità delle cure. Il PSS dovrà raccogliere informazioni essenziali, come le terapie in corso e l’anamnesi familiare, per garantire un’assistenza sanitaria più integrata e personalizzata.
Inoltre, è essenziale che gli operatori sanitari, come i medici di medicina generale e i pediatri, collaborino attivamente per garantire una corretta compilazione e aggiornamento del PSS.
Questo non solo migliorerà l’accesso ai dati durante le emergenze, ma contribuirà anche a creare un ecosistema sanitario più efficiente e reattivo.
In conclusione, il Fascicolo Sanitario Elettronico ha il potenziale per trasformare il sistema sanitario italiano, ma è necessario un impegno collettivo per superare le attuali disuguaglianze e garantire a tutti i cittadini un accesso equo e universale ai servizi sanitari digitali.