Giornata del caffè, immunologo: “Dal cervello al microbiota ecco come ci aiuta”

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(Adnkronos) – Popolare e irrinunciabile, la tazzina di caffè per gli italiani continua ad essere la carezza del mattino o la perfetta conclusione di un pasto.

Domani è la Giornata internazionale dedicata ad una bevande più consumate al mondo, una sorta di enzima per le relazioni sociali, che riesce a predisporci al meglio ad ogni attività quotidiana. Dall'Etiopia all'Egitto e poi, dal 16esimo secolo, in Europa, il caffè si è esteso fino alle Americhe diventando oggi la seconda bevanda più bevuta al mondo, dopo l'acqua. Dal cervello al microbiota, il caffè riesce anche ad aiutare il nostro organismo.

"Oltre ad essere bevanda ipocalorica, contiene, tra le altre, una molecola, la famosa caffeina, un alcaloide noto per i suoi effetti sulla vigilanza e l'energia. In effetti la caffeina riesce a facilitare la liberazione e dunque la biodisponibilità di importanti neurotrasmettitori come l'adrenalina, ecco perché ci sentiamo più energici dopo aver sorseggiato un buon caffè. E' stato osservato che la caffeina è in grado di inibire la secrezione di interleuchine infiammatorie, riducendo così l'infiammazione, nelle cellule del colon.

Il caffè ha anche un impatto significativo sul nostro microbiota intestinale. Una recente revisione degli studi pubblicati ha dimostrato che il consumo di caffè può influenzare la composizione e la diversità del microbiota intestinale". A fare il punto per l'Adnkronos Salute è Mauro Minelli, immunologo clinico e docente di Nutrizione Umana alla Lum. Altri effetti riscontrati riguardano la "soppressione della crescita cellulare e dei tumori. Questi risultati sono ancora poco attendibili – precisa lo specialista – poiché soggetti ad alta variabilità.

Di sicuro c'è che una tazzina di caffè di caffeina ne contiene in media 80 mg contro i 5 mg presenti nel decaffeinato". Ci sono delle controindicazioni importanti? "Da menzionare è quella legata alle interferenze tra caffè e farmaci, perché molti antinfiammatori e antidolorifici contengono caffeina, ragion per cui sarà il caso di modulare l'assunzione ravvicinata di una tazza di caffè o di un farmaco, men che mai – avverte l'immunologo – assumerli insieme utilizzando il caffè per fare scendere giù la pastiglia, visto chela bevanda può amplificare o, al contrario, inibire gli effetti dei farmaci".

Proseguendo sull'altra faccia della medaglia, ovvero i rischi dell'abuso del caffè, "c'è quello che questa bevanda può provocare assuefazione e aggravare eventuali malattie cardiovascolari già in atto. Le donne in gravidanza devono limitarsi, perché un consumo esagerato potrebbe portare ad un ritardo della crescita intrauterina del feto. E' importante sapere che il caffè produce una maggiore secrezione dei succhi gastrici, quindi chi soffre di reflusso gastroesofageo o di gastrite deve eliminare o ridurre l'assunzione di caffè", ricorda Minelli.

Sempre sul rapporto caffè-microbiota intestinale, "una recente revisione degli studi pubblicati ha dimostrato che il consumo di caffè può influenzare la composizione e la diversità del microbiota intestinale – prosegue il medico – Alcuni composti presenti nel caffè, come gli acidi clorogenici e la caffeina, sembrano avere un effetto sulla crescita di specifici batteri intestinali. Ad esempio, l'assunzione di caffè è stata associata a un aumento degli Akkermansia e ad un calo di Escherichia coli, Enterococcus, Bacteroides e Clostridium.

I polifenoli – conclude lo specialista – hanno dimostrato la capacità di modulare il microbiota intestinale aumentando la concentrazione di Faecalibacterium sp., Lactobacillus, Akkermansia e Bifidobacterium associati alla produzione di acidi grassi a catena corta (Ssfa)". —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)