(Adnkronos) – "Togliere questo paletto burocratico è importante per il nefrologo che, invece di fare un piano terapeutico – che sia aggiunge agli altri che già deve compilare ogni 6-12 mesi per ciascun paziente – può utilizzare il tempo risparmiato per riempire moduli in una migliore qualità di visita per il paziente o per visitarne un altro, contribuendo alla riduzione delle liste d'attesa.
Il paziente che per la prescrizione deve rivolgersi solo al medico di medicina generale" può più semplicemente accedere a un trattamento che "riduce la progressione della malattia". Così Luca De Nicola, presidente Sin (Società italiana di nefrologia), commenta all'Adnkronos Salute la recente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della riclassificazione delle gliflozine, da parte dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), nella fascia A dei prodotti rimborsabili acquistabili in farmacia, con l'eliminazione dei piani terapeutici che vengono compilati dallo specialista.
La riclassificazione delle gliflozine "non è una piccola conquista – osserva De Nicola – è una grandissima conquista, perché si semplifica l'accesso a una cura che è essenziale per la malattia renale cronica con e senza diabete. Le gliflozine riducono nel 40% la progressione della malattia renale verso la dialisi. Se usate all'inizio della malattia, quindi in maniera tempestiva, riescono a rimandare la dialisi anche di 20 anni. Quindi è una conquista enorme" che "mi auguro" sarà implementata anche "per altri farmaci a basso costo: non sto parlando di farmaci biologici ad altissimo costo, dove la spesa deve essere contenuta, controllata, eccetera – chiarisce il nefrologo – ma di farmaci che costano meno di un caffè, adesso stanno intorno ai 0,80 centesimi al giorno".
La patologia, "poco conosciuta, ma estremamente diffusa, è la prima malattia cronico-degenerativa al mondo – spiega il presidente Sin – Dà delle complicanze importantissime e, nei prossimi anni, potrebbe diventare la quinta causa di morte in tutto il mondo occidentale". Non a caso "l'Organizzazione mondiale della sanità, lo scorso 23 maggio, l'ha definita una priorità di salute globale. E' una patologia in crescita che generalmente insorge dopo i 55-60 anni e ha il suo picco nell'età avanzata".
Certo, riflette De Nicola, "è aumentato anche il diabete, stiamo fronteggiando un'epidemia di obesità e abbiamo un numero infinito di pazienti ipertesi che, tra l'altro, non sanno neanche di esserlo": tutti fattori di rischio per la patologia renale che, inoltre, "ha costi altissimi. I paziente in dialisi, che è la parte finale della storia del paziente nefropatico, costa 50mila euro a paziente l'anno. L'Italia spende per 45mila pazienti attualmente in dialisi 2, 5 miliardi di euro l'anno: il 2,5% del Fondo sanitario nazionale è per lo 0,08% della popolazione".
Entro fine anno, "dovrebbe essere legge l'offerta di uno screening nei soggetti a rischio di malattia renale cronica da parte delle medicine generali – annuncia De Nicola – Solo il 10% dei pazienti sa di avere una malattia renale, e quindi va dal nefrologo. La patologia, nelle fasi iniziali, non dà sintomi – puntualizza – perché i reni riescono a compensare il danno: il paziente con una malattia renale in cui si è perso anche il 50% della massa funzionante può avere solamente un senso di stanchezza, una pressione più alta, tutti segni aspecifici.
Con Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera, Anna Rita Patriarca e Ugo Cappellacci – informa – abbiamo portato avanti l'idea di fare uno screening in tutti i pazienti con età tra i 55 e i 75 anni che abbiano un fattore di rischio come ipertensione, diabete, obesità, cardiopatie". Si tratta di uno "screening proattivo – illustra lo specialista – Su questi soggetti si esegue creatininemia ed esame delle urine, 2 test a bassissimo costo. Il medico di medicina generale", in base a questi risultati, può individuare così "i pazienti a più alto rischio di progressione che vanno inviati tempestivamente al nefrologo".
L'Italia, se tutto procede senza intoppi, sarà "il primo Paese al mondo a dotarsi di una legge sullo screening della malattia renale cronica: un altro grosso passo in avanti per questi nostri pazienti" e la riduzione del "ricorso alla dialisi che, inoltre, aumenta il rischio di mortalità cardiovascolare".
Le gliflozine sono disponibili "da circa 15 anni, ma sono prescritte ancora poco in Italia proprio per le barriere amministrative – rimarca De Nicola – Oggi siamo riusciti, grazie ad Aifa, a togliere queste barriere.
L'indicazione è di prescrivere e superare quella che gli anglosassoni chiamano 'therapeutic inertia' o 'clinical inertia', cioè il rimandare la prescrizione alla prossima visita perché abbiamo tanti moduli da compilare. L'idea è: il primo che vede il paziente – che sia il medico di medicina generale, il diabetologo o il nefrologo – prescrive perché prima si incomincia la terapia e maggiore sarà l'efficacia nel lungo tempo. Se comincio a 60% di funzione renale la gliflozina – precisa il nefrologo – rimando la dialisi di 15-20 anni; se comincio con funzionalità al 30%, la rimando di 5-6 anni.
C'è sempre un dato positivo, ma ovviamente" l'obiettivo è di allontanare la dialisi e, possibilmente "mettere in remissione la malattia". Attualmente, "la patologia renale cronica viene definita appunto 'cronica e progressiva' – evidenzia De Nicola – Io penso che con le gliflozine, ma anche con finerenone e semaglutide, si potrà parlare di malattia cronica, ma non più progressiva: possiamo mettere in remissione una malattia. Oggi la patologia è trattabile" e, come presidente della società scientifica, "il messaggio è: trattiamola", conclude.
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