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La lotta contro il glioblastoma, uno dei tumori cerebrali più aggressivi e difficili da trattare, ha ricevuto un impulso significativo grazie a recenti scoperte scientifiche.
Un team internazionale di ricercatori, guidato da Fabio Mammano dell’Università di Padova, ha sviluppato una terapia innovativa a base di anticorpi che ha mostrato risultati promettenti nel rallentare la crescita di questo tumore e nel ridurre l’iperattività neuronale associata, una condizione che spesso porta a crisi epilettiche nei pazienti. Questo approccio, che potrebbe cambiare radicalmente il paradigma del trattamento per il glioblastoma, merita di essere esplorato in dettaglio.
Il glioblastoma è noto per la sua aggressività e per la difficoltà nel trattamento. La nuova terapia sviluppata dai ricercatori si concentra su un bersaglio molecolare specifico: i canali emisomici delle connessine. Questi canali, che nei tumori risultano iperattivi, rilasciano segnali pro-tumorali come l’Adenosin Trifosfato (ATP) e il glutammato, entrambi cruciali per la crescita e la proliferazione delle cellule tumorali. Intervenire su questi canali potrebbe quindi rivelarsi decisivo per frenare la progressione della malattia.
Nello studio pubblicato sulla rivista Cell Communication and Signaling, i ricercatori hanno utilizzato colture cellulari derivate da pazienti e un modello murino rappresentativo della malattia. Hanno testato un anticorpo monoclonale chiamato abEC1.1, capace di bloccare selettivamente alcune connessine. I risultati ottenuti sono stati significativi: si è registrata una riduzione della migrazione e dell’invasività delle cellule tumorali, oltre a un’inibizione del rilascio di ATP e glutammato, con un impatto positivo sulla dimensione del tumore e sulla sopravvivenza dei soggetti trattati.
Grazie a questa terapia, è stata osservata una significativa riduzione del volume tumorale e una normalizzazione dell’attività sinaptica anomala causata dal tumore. Questo approccio rappresenta un passo avanti importante, poiché è la prima volta che un anticorpo terapeutico riesce a contrastare simultaneamente la crescita del glioblastoma e l’iperattività neuronale che il tumore provoca nei tessuti circostanti. Mammano sottolinea come questo possa aprire la strada a nuove strategie terapeutiche che mirano non solo alle cellule tumorali ma anche alle loro interazioni patologiche con l’ambiente cerebrale.
Inoltre, l’anticorpo è stato somministrato sia come proteina purificata che tramite terapia genica con vettori virali AAV. Quest’ultima modalità potrebbe portare a effetti terapeutici duraturi con una sola somministrazione, un aspetto che potrebbe rivoluzionare la gestione del glioblastoma. La tecnologia è già oggetto di brevetto, frutto della collaborazione tra diverse istituzioni accademiche in Italia e Cina, dimostrando così l’importanza della cooperazione scientifica internazionale nella ricerca oncologica.
Questa scoperta offre una nuova speranza per i pazienti affetti da glioblastoma, una malattia che ha rappresentato una sfida significativa per la medicina tradizionale. Le implicazioni cliniche di questa terapia sono immense e potrebbero trasformare non solo il modo in cui trattiamo il glioblastoma, ma anche come comprendiamo le interazioni tra il tumore e il sistema nervoso. Con ulteriori ricerche e sperimentazioni cliniche, potrebbe assistere a un cambiamento radicale nel panorama terapeutico per questa malattia devastante.