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Recentemente, la rivista The Lancet Neurology ha pubblicato un articolo che segna un passo importante nel campo della neurologia: i criteri McDonald per la diagnosi della sclerosi multipla sono stati aggiornati.
Questo cambiamento si traduce in un metodo più rapido e accurato per identificare la malattia, grazie all’inclusione di nuove evidenze biologiche.
I criteri McDonald, adottati come standard internazionale dal 2001, hanno subito modifiche sostanziali che mirano a facilitare il riconoscimento della sclerosi multipla in fasi iniziali. Le revisioni più recenti, che si basano su scoperte scientifiche aggiornate, ampliano le possibilità diagnostiche per i medici e i pazienti.
Una delle principali innovazioni nel campo della neurologia è la possibilità di diagnosticare la sclerosi multipla anche in presenza della Sindrome Radiologicamente Isolata (RIS). Questo fenomeno si verifica quando i pazienti mostrano anomalie nella sostanza bianca del sistema nervoso centrale, evidenziate tramite risonanza magnetica (RM), ma non presentano sintomi clinici evidenti.
In precedenza, per confermare una diagnosi era necessario dimostrare che le lesioni neurologiche si fossero sviluppate in momenti diversi, un processo noto come disseminazione nel tempo (DIT).
Con i nuovi criteri, è ora sufficiente evidenziare lesioni in almeno due delle cinque aree chiave del sistema nervoso centrale, un concetto definito disseminazione nello spazio (DIS).
Per la prima volta, il nervo ottico è ufficialmente riconosciuto come uno dei siti anatomici cruciali per la diagnosi. La sua valutazione avviene attraverso la tomografia a coerenza ottica (OCT), una tecnologia che misura lo spessore del nervo ottico.
Inoltre, è stata introdotta l’analisi delle catene leggere kappa (kFLCs) nel liquido spinale. Questo nuovo strumento diagnostico arricchisce ulteriormente il processo di identificazione della malattia.
Per i pazienti sopra i 50 anni con fattori di rischio vascolare, come ipertensione e diabete, sono previsti criteri diagnostici aggiuntivi. Anche per i bambini e gli adolescenti, si raccomandano esami di laboratorio supplementari per garantire una diagnosi accurata.
Le modifiche ai criteri McDonald mirano a ridurre il tempo necessario per arrivare a una diagnosi. Fino al 2001, i pazienti attendevano in media quattro anni per ricevere una diagnosi; attualmente, grazie a queste nuove linee guida, il tempo si è ridotto a pochi mesi. Questo progresso rappresenta un significativo miglioramento nella pratica clinica e nell’accesso alle cure.
Il lavoro di aggiornamento è stato condotto da un comitato internazionale composto da 56 esperti provenienti da 16 diversi paesi.
È stato fondamentale considerare non solo i dati scientifici, ma anche le esigenze e le esperienze di chi vive con la sclerosi multipla. L’obiettivo principale è quello di facilitare l’accesso alle cure e migliorare la qualità della vita dei pazienti.
La Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (FISM) e l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM) hanno svolto un ruolo attivo in questo processo, collaborando con enti di rilevanza internazionale come la National Multiple Sclerosis Society e l’ECTRIMS.
Attualmente, si stima che circa 144.000 persone in Italia convivano con la sclerosi multipla, con una nuova diagnosi ogni tre ore. La malattia risulta più comune nelle donne e rappresenta la principale causa di disabilità neurologica tra i giovani adulti. Queste statistiche evidenziano l’importanza di diagnosi tempestive e accurate.