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La montagna è spesso vista come un rifugio per l’anima, ma per chi soffre di patologie cardiache, rappresenta anche un potenziale rischio.
L’intervista con il professor Marco Metra, primario di Cardiologia all’IRCCS Ospedale San Raffaele, offre spunti importanti su come affrontare gli sport in alta quota in sicurezza.
Salire sopra i 2.000 metri di altitudine comporta un abbassamento della pressione parziale dell’ossigeno nell’aria, il che significa che il nostro corpo riceve meno ossigeno rispetto al livello del mare. Questa condizione non è da sottovalutare, poiché può influenzare negativamente il funzionamento del cuore.
Per i cardiopatici, l’alta quota può aumentare il rischio di vasocostrizione polmonare e di ipertensione nel circolo polmonare. Sebbene questi eventi siano rari, non vanno trascurati. Le persone affette da malattie coronariche, ad esempio, devono prestare particolare attenzione, specialmente se ci sono segni di ischemia miocardica, cioè quando il cuore non riceve una quantità sufficiente di sangue e ossigeno durante lo sforzo fisico.
Per chi ha una malattia cardiaca, è essenziale effettuare un test da sforzo prima di intraprendere attività fisica in montagna. Questo esame aiuta a determinare se il cuore è in grado di sostenere l’impegno richiesto durante l’esercizio fisico intenso. Durante il test, il paziente pedala sotto carico crescente mentre il personale medico monitora vari parametri vitali.
Se il test è stato effettuato di recente, non è necessario ripeterlo.
Tuttavia, una valutazione cardiologica prima di partire è un passo prudente per ridurre i rischi. È interessante notare che lo sforzo fisico eseguito in laboratorio può essere più intenso di quello che si affronta realmente in montagna, rendendo un test negativo un buon indicatore di sicurezza.
Le persone che ignorano di avere problemi cardiaci rappresentano il gruppo più vulnerabile. In particolare, dopo i 60 anni, i fattori di rischio aumentano significativamente, soprattutto nelle donne post-menopausa.
Spesso, chi conduce uno stile di vita sedentario si lascia convincere dall’entusiasmo e decide di intraprendere un’attività come una ciaspolata o una giornata sugli sci, ma questo può comportare conseguenze gravi, come un attacco di angina.
Per chi ha ipertensione, è fondamentale procedere con gradualità. Monitorare la pressione arteriosa è cruciale, poiché in alta quota può aumentare o diminuire a seconda delle condizioni fisiche e ambientali.
Il freddo, pur non causando direttamente l’aterosclerosi, funge da fattore scatenante, aumentando l’attività del sistema nervoso simpatico e, di conseguenza, la pressione sanguigna.
Se un individuo con coronaropatia silente si avventura in montagna, il rischio di manifestare dolore toracico è elevato, soprattutto in situazioni di alta quota, dove l’accesso ai soccorsi è più complicato. Pertanto, sebbene la montagna non sia vietata ai cardiopatici, è essenziale adottare misure di prudenza, soprattutto quando si svolgono attività fisiche intense o si sale oltre i 2.000 metri.