Staminali per salvare il tendine d’Achille di Andrew Howe?

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Da Vanessa Ferrari a Andrew Howe, il numero di atleti fermati da un infortunio con la lesione del tendine d'Achille che fatica a guarire sembra allungarsi come la coda di polemiche per la gestione degli stessi da parte delle rispettive Federazioni.

Da un lato gli atleti e i loro staff lamentano di essere stati male indirizzati o addirittura trascurati, dall'altro i responsabili federali ribadiscono di aver fatto tutto il possibile inviando dai migliori esperti del settore e snocciolando, a riprova, tutte le fatture delle spese sostenute per curare l'atleta.

Ma se il "caso Ferrari" scoppiato in tutta la sua violenza durante i Campionati Europei di ginnastica artistica di Milano, sono in parte rientrati dopo la medaglia d'argento conquistata dalla nostra ginnasta alla finale del corpo libero, il "caso Andrew Howe" sembra appena entrato nel vivo.

In questi giorni ne hanno parlato ampiamente tutti i quotidiani sportivi e per noi sta seguendo la vicenda, tra accuse e frasi sibilline lanciate a mezzo stampa, anche Massimo Brignolo del blog Olimpiadi (qui e qui).

Dal punto di vista medico Andrew ha superato l'infortunio al bicipite femorale della gamba destra procuratosi a febbraio, ma non la microlesione di 2-3 millimetri alla parte mediale inserzionale bassa del tendine d'Achille sinistro, quello del piede di stacco.

«Quando lo appoggio bene a terra – spiega l'azzurro – il dolore è acuto. Ho già perso due mesi e mezzo di lavoro e per almeno un altro dovrò stare molto tranquillo. Non posso nemmeno fare balzi. Figurarsi provare una rincorsa o la tecnica… Se tutto andrà bene, spero di correre un 400 verso fine giugno, poi spostarmi sui 200 e magari provare un 100 a fine stagione. Ma col lungo, specialità traumatica come poche, ho chiuso prima ancora di cominciare.

Ho visto l'ecografia al tendine: se si lacera, dovrò stare fermo due anni. Sono un leone in gabbia».

Per il dottor Giuseppe Fischetto, responsabile sanitario Fidal, la natura dell'infortunio al tendine di Howe «Potrebbe essere addirittura cronico, pregresso. Il problema, evidentemente, è che il dolore non è mai stato acuto al punto da suggerirgli di dichiararlo. Certe terapie del resto, su casi non gravi, hanno effetto analgesico». Potrebbe esserci anche un legame tra questo acciacco e i tanti del passato.

«Dalle lesioni allo scafoide del 2004 a quelle muscolari della scorsa stagione e di quella in corso. – ammette l'esperto – Se il piede sinistro non è a posto, inconsciamente si carica sulla parte destra del corpo. Resta che la sua carrozzeria è delicata. Occorre solo aspettare».

Dopo i 40 giorni trascorsi ad Appiano Gentile sotto le cure dallo staff medico dell'Inter guidato da Franco Combi, da una dozzina di giorni Howe è tornato a Vigna di Valle, sede dell'Aeronautica, il gruppo di cui fa parte, dove sta seguendo il protocollo riabilitativo suggerito da Combi con lo staff di fisioterapisti.

«A fine mese effettuerà un nuovo controllo, poi si capirà come procedere, ma c'è molto nervosismo intorno a lui quando serve, invece, tranquillità» spiega il maresciallo Fabrizio Leoni, d.t. della sezione atletica. «Gli abbiamo prescritto un altro mese di quasi riposo – conferma il professor Francesco Benazzo, direttore d'ortopedia all'ospedale di Pavia che sta monitorando la situazione – non è detto non possa tornare presto a saltare».

Ora, infatti, il problema principale non è tanto se potrà tornare a saltare, ma se potrà farlo in tempo per gli appuntamenti importanti di quest'anno.

Due stagioni consecutive concluse con un "nulla di fatto", diventerebbero un po' pesanti e potrebbero far pensare comunque a un drastico cambiamento di rotta nella carriera dell'atleta. Ammesso che il reatino recuperi, le scadenze sono impellenti e il periodo senza lavori specifici ormai molto lungo.

Chi non vuole credere a questa possibilità è il c.t. Francesco Uguagliati. «Aspetto la riunione di giovedì per intervenire ma non posso né voglio pensare ad Andrew come a uno sprinter.

– sostiene infatti il tecnico – Se è rotto per il lungo, lo è anche per la velocità e nel caso dovrà prendersi un anno sabbatico, curarsi e preparare con calma il 2010».

Già curarsi, ma come? Delle lesione tendinee di sportivi e non ci siamo già occupati qui e se ve lo siete persi vi invito a rileggerlo, perché è quanto i protocolli prevedono per questo tipo di infortuni.

Il punto, infatti, è proprio questo: in medicina ogni problema ha un suo protocollo approvato sulla base dei risultati scientifici ottenuti in campo internazionale per quanto riguarda sicurezza (ogni terapia approvata non deve creare effetti collaterali peggiori del male o irreparabili) ed efficacia.

Ogni medico o struttura sanitaria è tenuto ad applicare quei protocolli, per cui mi riesce difficile pensare che medici specializzati in medicina dello sport che si occupano di atleti professionisti non conoscano o non applichino tutto quanto la scienza ha già dimostrato essere efficace. Vero è che le lesioni del tendine sono particolare ostiche, anche in considerazione del fatto che questi tessuti non essendo vascolarizzati, riparano più lentamente e richiederebbero tempi di riposo assoluto e poi ripresa graduale dell'attività.

Cosa che spesso non è troppo compatibile con la breve durata della carriera di uno sportivo di alto livello. Gli appuntamenti sono tutti importanti e si susseguono uno dopo l'altro portando spesso a forzare i tempi di guarigione. Il rischio di vanificare l'effetto delle terapie e cronicizzare il problema sono così dietro l'angolo, con tutte le conseguenze che ne vengono: malumori nello staff e soprattutto nell'atleta che si demoralizza e pensa al ritiro o a drastici cambiamenti di carriera, come nel caso di Howe.

Sinceramente, non credo che passare allo sprint – tanto per fare qualcosa quest'anno – sia la soluzione migliore per Andrew. Penso che correre rallenterebbe ulteriormente la guarigione e in questo senso concordo con Uguagliati: il tendine viene sollecitato molto anche nei 100m e in tutto l'allenamento necessario per la corsa in generale.

A meno che, ovviamente, il passaggio alla velocità non sia una sua volontà a prescindere dall'infortunio. Lui però dice «proverò con la velocità partendo dai 400.

Ma certo non è la stessa cosa, né per i miei gusti, né per i risultati». Il suo obiettivo resta tuttavia quello di «correre i 200 ai Mondiali di Berlino della seconda metà di agosto».

Se quello che dice è vero, la scelta di correre, facendo qualcosa che non piace, che verosimilmente non darà grandi risultati e potrebbe compromettere del tutto la sua carriera nel salto in lungo, mi sembra ancora meno sensata se per il fatto che questa scelta potrebbe rassicurarlo facendolo sentire ancora atleta attivo e vitale in un momento psicologicamente difficile.

Ma d'altra parte le lesioni al tendine d'Achille sono molto brutte, soprattutto per uno sportivo di questo livello che deve recuperare completamente per riprendere la preparazione e tornare competitivo in tempi brevi.

Tuttavia, c'è oggi una speranza in più per tutti quelli subiscono questo tipo di infortunio.
Si tratta di una tecnica di riparazione basata sull'uso di cellule staminali che sinora è stata adottata per guarire centinaia di cavalli da corsa infortunati ma che a brave verrà sperimentata per la prima volta su persone che hanno riportato lesioni al tendine d'Achille.

Lo studio di efficacia si svolgerà in Gran Bretagna con la collaborazione anche di un chirurgo ortopedico italiano e grande esperto di medicina sportiva, Nicola Maffulli, da tempo residente oltremanica.

L'azienda britannica di biotech MedCell Bioscience ha già annunciato che inizierà i test clinici nel giro di 12 mesi e prevede di svolgere uno studio più ampio di conferma in diversi ospedali europei nel 2011. I pazienti riceveranno iniezioni contenenti milioni di proprie cellule staminali, estratte e moltiplicate in un laboratorio, allo scopo di rigenerare tessuti di parti lesionate.

«Il passo dalla clinica veterinaria alla medicina per esseri umani è ispirata ma insolita, visto che di solito si verifica un passaggio nella direzione opposta», dice Nicola Maffulli.
Ma intanto nel cavallo funziona. Da quando questa tecnica di riparazione è stata adottata per la prima volta dai chirurghi del Royal Veterinary College a nord di Londra, portando alla nascita come spin-out dell'azienda MedCell, è diventata la preferita nel campo delle corse dei cavalli per la riparazione di lesioni ai tendini, frequenti in settore in cui ci sono animali che valgono milioni di dollari. Più di 1.500 cavalli da corsa sono già stati curati usando lo stesso procedimento con cellule staminali che verrà ora usato sull'uomo e i dati indicano una riduzione del 50% di ricadute in un periodo di tre anni, rispetto ai trattamenti convenzionali.

Forse per Vanessa Ferrari ed Andrew Howe non si potrà utilizzare o forse non sarà nemmeno necessario perché cominceranno, finalmente, a funzionare le cure classiche, ma visto che si tratta di un tipo di infortunio molto frequente e invalidante per la carriera sportiva professionistica, è pur sempre una buona notizia!