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Recenti studi hanno evidenziato come un semplice esame del sangue possa rivoluzionare il panorama terapeutico per i pazienti affetti da tumore al colon-retto in stadio avanzato.
La ricerca condotta in Australia suggerisce che molti pazienti con cancro in stadio 3 potrebbero evitare la chemioterapia o riceverne dosi significativamente ridotte, senza compromettere la loro salute.
Circa un terzo dei casi di tumore del colon-retto viene diagnosticato in stadio 3, momento in cui la malattia si è diffusa ai linfonodi adiacenti, ma non ad altri organi. Le attuali linee guida prevedono un protocollo terapeutico standard che combina l’intervento chirurgico per rimuovere il tumore e la chemioterapia post-operatoria per prevenire recidive.
La necessità di una chemioterapia tradizionale post-intervento è stata messa in discussione da uno studio condotto presso il Peter MacCallum Cancer Centre di Melbourne. I ricercatori hanno utilizzato il test del DNA tumorale circolante (ctDNA), un’analisi innovativa in grado di rilevare piccole tracce di DNA rilasciato dalle cellule tumorali direttamente nel sangue.
Nel corso della ricerca, sono stati analizzati quasi 1.000 pazienti con tumore del colon in stadio 3 mediante il test ctDNA, effettuato cinque o sei settimane dopo l’intervento chirurgico.
Di questi, 702 pazienti sono risultati negativi, cioè privi di tracce di DNA tumorale nel sangue. I risultati sono stati sorprendenti: 353 di loro hanno ricevuto un trattamento chemioterapico ridotto o, in alcuni casi, non hanno ricevuto affatto chemioterapia.
Un follow-up di circa tre anni e mezzo ha rivelato che solo il 6,2% dei pazienti con dosi ridotte di chemioterapia ha riportato gravi effetti collaterali, rispetto al 10,6% di chi ha seguito la terapia standard.
Inoltre, il numero di ricoveri ospedalieri è stato inferiore nel gruppo a dose ridotta: 8,5% contro 13,2%. Questi dati suggeriscono che l’opzione di ridurre la chemioterapia non aumenta il rischio di recidiva, soprattutto nei pazienti considerati a basso rischio.
Il nuovo approccio è stato definito come non inferiore: ciò significa che, sebbene non sia più efficace della terapia tradizionale, non è nemmeno meno efficace e presenta notevoli vantaggi in termini di effetti collaterali.
Secondo i ricercatori, i pazienti con tumore del colon in stadio 3 che mostrano risultati negativi al test ctDNA dopo l’intervento chirurgico hanno un rischio molto basso di recidiva.
Il professor Marco Gerlinger, oncologo presso il St Bartholomew’s Hospital di Londra, ha dichiarato che attualmente molti pazienti ricevono trattamenti eccessivi, con circa la metà di loro già curati solo attraverso la chirurgia. Lo studio rappresenta un passo significativo verso un approccio terapeutico più personalizzato e meno tossico, utilizzando test ad alta sensibilità per il DNA tumorale circolante.
Negli ultimi trent’anni, i casi di tumore al colon-retto tra i giovani sotto i 50 anni sono aumentati del 50%, un dato allarmante che richiede attenzione. Questo trend, sebbene ancora parzialmente inspiegato, evidenzia l’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce. Negli Stati Uniti, si registrano oltre 142.000 nuovi casi all’anno, rendendolo il quarto tumore più comune.
Le autorità sanitarie internazionali stimano che oltre il 54% dei casi di tumore del colon-retto potrebbe essere prevenuto attraverso stili di vita sani. Tra queste misure preventive, si consiglia una dieta equilibrata ricca di fibre, la limitazione del consumo di carne rossa e alcol, l’attività fisica regolare e il mantenimento di un peso forma adeguato.
Il test del DNA tumorale circolante rappresenta un’importante opportunità per i pazienti affetti da tumore al colon-retto.
Questo approccio consente di evitare trattamenti chemioterapici non necessari, contribuendo a migliorare la qualità della vita dei pazienti. Si sta così aprendo la strada verso un futuro di medicina personalizzata, caratterizzata da terapie più efficaci e umane.