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Negli ultimi anni, la ricerca sul carcinoma mammario ha compiuto notevoli progressi, in particolare per quanto riguarda le terapie orali.
Un recente studio, denominato Natalee, ha evidenziato risultati significativi che potrebbero rivoluzionare il panorama terapeutico per le pazienti affette da tumore della mammella in stadio iniziale. La combinazione di un inibitore di CDK4/6, il ribociclib, con la terapia endocrina ha dimostrato un’efficacia notevole nel migliorare la sopravvivenza libera da malattia invasiva.
Presentato durante il congresso della Società europea di oncologia medica (Esmo), lo studio ha coinvolto oltre 5.000 pazienti affette da carcinoma mammario HR+/HER2- in fase precoce.
Dopo cinque anni di osservazione, le pazienti che hanno ricevuto la combinazione di ribociclib e terapia endocrina hanno mostrato una riduzione del 28,4% nel rischio di recidiva rispetto a quelle trattate unicamente con terapia endocrina. Questo risultato rappresenta un miglioramento clinico significativo.
I dati emersi dallo studio rivelano che la sopravvivenza libera da malattia invasiva raggiunge l’85,5% per il gruppo che ha ricevuto il trattamento combinato, rispetto all’81,0% di chi ha seguito solo la terapia endocrina.
Michelino De Laurentiis, direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica presso l’Istituto Nazionale Tumori di Napoli, sottolinea che il ribociclib è stato somministrato per un periodo di tre anni, dimostrando un beneficio clinico duraturo e una riduzione del rischio di recidiva, sia per le pazienti con linfonodi coinvolti che per quelle senza coinvolgimento linfonodale.
Questi risultati indicano che l’efficacia del trattamento possa estendersi oltre la durata della terapia, promettendo un miglioramento delle prospettive di guarigione a lungo termine per le pazienti affette da questa forma di cancro.
Secondo le stime, nel 2024 in Italia si prevede un’incidenza di quasi 53.700 nuovi casi di carcinoma mammario, rendendolo il tumore più comune nel paese. Fabio Puglisi, professore di Oncologia Medica all’Università di Udine, evidenzia che circa il 70% di questi tumori è ormonosensibile, il che implica una prognosi generalmente positiva nel breve termine. Tuttavia, è importante notare che le recidive possono manifestarsi anche dopo molti anni dalla diagnosi, talvolta anche dopo venti anni.
Le recidive a distanza rappresentano un evento critico nel trattamento del carcinoma mammario, poiché possono compromettere significativamente la prognosi delle pazienti. Il beneficio osservato nello studio Natalee mette in luce l’importanza del ribociclib, che si distingue per il numero di evidenze cliniche riportate. La sopravvivenza globale continua a mostrare una tendenza positiva, con una diminuzione del 20% nel rischio di mortalità per le pazienti che seguono il trattamento combinato rispetto a quelle che ricevono solo terapia endocrina.
Lo studio Natalee è ancora in fase di follow-up per raccogliere dati addizionali sulla sopravvivenza globale e su altri endpoint a lungo termine. Questi risultati non solo offrono speranza, ma pongono anche le basi per ulteriori sviluppi terapeutici nel campo del carcinoma mammario.