Osteoporosi infantile, lo studio di Hokkaido

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L’osteoporosi infantile potrebbe essere finalmente curata, grazie ad uno studio dell’università di Hokkaido, in Giappone.

Ma l’osteoporosi – vi starete chiedendo – non viene in età avanzata? Purtroppo no. Ne soffrono anche i più piccoli, il che è difficile da accettare per tante mamme. Nei primi anni di vita dovremmo essere tutti il ritratto della salute. Eppure non si può nemmeno stabilire quanti bambini siano affetti da questa malattia, che all’inizio non dà alcun disturbo evidente. Perciò è spesso trascurata, perché si manifesta raramente, magari come conseguenza di altre patologie (artrite reumatoide, leucemia, tumore).

Lo studio di Hokkaido

Il lavoro dei ricercatori giapponesi ha riacceso una speranza nel futuro dei bambini affetti da osteoporosi.

I farmaci più usati contro l’osteoporosi negli adulti sono i bisfosfonati, che svolgono un’azione protettiva delle ossa. Combattono infatti l’attività degli osteoclasti, che si “mangiano” l’osso assorbendone i sali, e assecondano quella dei loro avversari, gli osteoblasti che “costruiscono” l’osso. Nel migliore dei casi l’osso continua a crescere, o almeno si mantenersi stabile.

Come risultato, gli uomini e le donne che vengono curati coi bisfosfonati lamentano meno fratture delle vertebre, del femore, e delle ossa periferiche.

Ma i bifosfonati hanno dimostrato di avere anche qualche rischio: possono influenzare negativamente lo sviluppo delle ossa. Nel caso degli adulti, il problema è presto risolto con controlli ogni 3-5 anni, e un eventuale aggiustamento del dosaggio. Nel caso dei bambini invece, che devono ancora crescere e formarsi, la questione rimane aperta.

Lo studio di Hokkaido ha scoperto che, inibendo una proteina del recettore osseo, si può contrastare l’effetto negativo dei bifosfonati e salvaguardare lo sviluppo delle ossa nei bambini. Per inibire la proteina si usa un anticorpo del recettore Siglec-15, il responsabile della produzione degli osteoclasti. Bisognerà però attendere ulteriori studi per verificare che la terapia sia completamente sicura ed efficace.

Come riconoscere l’osteoporosi nel bambino

La notizia della scoperta di Hokkaido ha riportato l’attenzione sull’osteoporosi infantile, che normalmente viene sottovalutata.

Un po’ perché non è possibile quantificare il numero dei bambini che ne è affetto. Un po’ perché non è abbastanza conosciuta dai medici: mancano strumenti per accertarla, e i primi sintomi nei bambini non si notano facilmente. Anzi, la malattia può rimanere asintomatica per molto tempo.

Un aiuto per riconoscerla può essere sapere che nella maggior parte dei casi l’osteoporosi si sviluppa a causa di un’altra patologia. Si chiama appunto “osteoporosi secondaria” quella che insorge in bambini che hanno sofferto di paralisi muscolare, malassorbimento dei nutrienti, disturbi nutrizionali, alterazioni degli ormoni.

Non fatevi ingannare dai nomi: sono patologie più comuni di quanto si pensi. Solo, le conosciamo come celiachia, diarrea cronica, ritardo nella crescita, anemia…

Più rara, ma esistente, è la “osteoporosi primaria”, che di solito dipende da malattie genetiche delle ossa.

Di solito un pediatra comincia a sospettare quando il bambino ha fratture ricorrenti (in parole povere, quando si rompe continuamente qualche osso). O, meno di frequente, quando sente male alle ossa (soprattutto alla colonna vertebrale).

Bisogna indagare anche quando, dopo una frattura che è stata correttamente guarita, l’osso non ritorna a posto e rimane deforme.

I sospetti vanno confermati con una diagnosi. Si fanno prima degli esami del sangue, da cui può emergere una carenza di calcio o vitamina D. Poi degli accertamenti strumentali, come la misurazione della densità dei minerali presenti nelle ossa.

Finora, in mancanza di altre cure, i medici hanno continuato a somministrare bifosfonati ai bambini con l’osteoporosi.

Ma si usa sempre grande prudenza: affidarsi a un centro specializzato è sempre la soluzione migliore.