Il panorama delle tariffe sanitarie in Italia è caratterizzato da una significativa disomogeneità tra le varie regioni. Solo sei di esse, vale a dire Sardegna, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Provincia autonoma di Bolzano, Lombardia ed Emilia-Romagna, hanno aggiornato i loro tariffari per le nuove cure essenziali garantite dal Servizio sanitario nazionale (SSN), aumentando i costi ai livelli di mercato. Al contrario, gran parte del centro-sud Italia ha mostrato un’inerzia preoccupante, rimanendo stagnante nelle tariffe a causa di piani di rientro o mancanza di risorse. Questa situazione ha portato a una vera e propria ‘mappa a macchia di leopardo’ per quanto riguarda l’assistenza specialistica ambulatoriale.
Disparità regionali nelle tariffe e nelle prestazioni
I nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea) hanno introdotto nel nomenclatore nazionale ben 1.184 nuove prestazioni, per un totale di 2.108. Tuttavia, le tariffe e le prestazioni disponibili variano notevolmente da regione a regione. Secondo un rapporto del Centro studi di Confindustria dispositivi medici, la maggior parte degli aumenti tariffari si concentra su visite (72%), diagnostica (51%) e laboratori (47%). È interessante notare che, nonostante l’aumento delle tariffe, alcune aree hanno visto una riduzione dei valori per le prestazioni di laboratorio, in particolare nel settore della chimica clinica e dell’ematologia, dove molte regioni hanno scelto di incrementare i prezzi mediamente del 31% e del 59% rispetto ai valori di riferimento.
In un’analisi più dettagliata, emerge che solo tre regioni (Piemonte, Toscana e Trentino-Alto Adige) hanno ampliato significativamente il proprio nomenclatore per la specialistica ambulatoriale del 2017, aggiungendo più di 100 prestazioni ai nuovi Lea. Altre sei regioni (Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Emilia-Romagna e Valle d’Aosta) hanno incluso da 26 a 100 nuove prestazioni, mentre le rimanenti hanno aggiunto meno di 25 prestazioni fornite dal Servizio sanitario regionale. Le prestazioni aggiuntive si concentrano in particolare in aree come laboratorio (oltre 200 nuove voci), riabilitazione e terapia fisica (oltre 125) e valutazioni cliniche e visite (più di 60).
L’importanza di un coordinamento tra Stato e Regioni
Guido Beccagutti, direttore generale di Confindustria Dispositivi Medici, ha recentemente sottolineato l’importanza di un coordinamento più stretto tra Stato e Regioni per stabilire tariffe che possano bilanciare sostenibilità economica e contenimento della spesa. La necessità di aggiornare le tariffe minime nazionali è diventata cruciale, poiché altrimenti si corre il rischio di compromettere l’equità nell’accesso alle cure, specialmente nelle regioni sotto piano di rientro. L’adozione dei nuovi Lea rappresenta un passo significativo, ma è evidente che il lavoro è ancora lungo e complesso.
In conclusione, la situazione attuale delle tariffe sanitarie in Italia richiede un’analisi attenta e una strategia coordinata per garantire che ogni cittadino possa accedere a prestazioni sanitarie di qualità, indipendentemente dalla regione di appartenenza. La sfida è quella di mantenere un equilibrio tra le esigenze economiche delle amministrazioni locali e il diritto alla salute dei cittadini.