Glaucoma: molti pazienti rischiano la cecità per paura di contrarre il covid

La paura di contrarre il Covid ha influito sui pazienti affetti da glaucoma, che ora senza visite specialistiche rischiano la completa cecità

Da poco si è conclusa la settimana del glaucoma, e purtroppo in tempi di covid-19, i dati rilevano una certa diffidenza da parte dei pazienti affetti da questa patologia oculistica.

Secondo una ricerca europea, questo problema interessa 14 milioni di persone, e circa un terzo dei pazienti non è riuscito a fissare degli appuntamenti con il proprio medico curante durante la pandemia. Circa il 50% di loro ha ammesso di non seguire rigorosamente gli ordini prescritti dai medici, come il costante utilizzo dei colliri. L’altra metà invece reputa fondamentale utilizzare i farmaci prescritti per prevenire il glaucoma.

Spostandoci in Italia, la situazione è preoccupante, perché i dati registrati raccontano di un comportamento irresponsabile assunto dai pazienti in cura, in parte fortemente preoccupati di poter contrarre il virus. Il 37% degli intervistati, infatti, ha dichiarato di sentirsi troppo ansioso per gestire al meglio il disturbo.

Il 44% non è riuscito a presentarsi ai controlli medici programmati, mentre il 22% si è dichiarato troppo occupato da impegni familiari per procurarsi i farmaci prescritti contro il glaucoma. Solo nel 36% dei casi le visite mediche sono andate avanti in presenza, nonostante la pandemia.

Glaucoma: i rischi con il Covid

“Lo scoppio della pandemia ha fatto emergere problematiche già note tra gli addetti ai lavori, quali la fragilità del sistema di fidelizzazione alle cure e la disomogeneità del “disease awareness” non solo nella popolazione generale, ma addirittura negli stessi pazienti – ha dichiarato il Professor Stefano Gandolfi, Presidente della Società Italiana del Glaucoma (SIGLA) . “In pratica, il paziente, una volta ricevuta la diagnosi, prescritta la cura e pianificato l’appuntamento per il controllo, è lasciato a se stesso. In parole povere, è il malato che deve accedere al sistema, curandosi da solo. Ovviamente, un setting organizzativo di questo tipo è estremamente fragile. In questo, la pandemia va colta come un’opportunità per ripensare l’intero percorso gestionale, ridisegnandolo in modo da renderlo più robusto attraverso l’applicazione di quanto l’innovazione tecnologica già ci offre: telemedicina, semeiologia in remoto col supporto dell’home computing e degli smartphones, multi-condivisione protetta di dati clinici sensibili, deep learning con sviluppo di algoritmi di follow up personalizzati con attivazione di recall/monitoraggio cura a misura del singolo paziente. Tutto questo, analogamente a quanto è accaduto con lo smart working e, in parte, con la didattica a distanza, deve perdere la patina del “…sarebbe bello, ma non siamo ancora pronti…” e, seguendo quello che in economia viene definito come “distruzione creatrice”, può (o meglio, deve) costituire un modello operativo già per il presente. Sta, poi, a noi medici (e, aggiungo, “Italiani”) riuscire da un lato a “umanizzare” un percorso apparentemente straniante, destinato in teoria ad una utenza di stampo anglosassone (le “virtual clinics” già in azione nel Regno Unito ne sono un esempio), e ad accettare a nostra volta che la tecnologia faccia, in termini di fidelizzazione da remoto, quello che di persona non siamo in grado di garantire ai nostri pazienti (ad esempio una copertura costante e continua della gestione della loro malattia).”

Altri dati della ricerca confermano la scarsa consapevolezza degli italiani in merito alle conseguenze della patologia. Solo il 32% è consapevole di rischiare la cecità nel caso non utilizzasse correttamente i farmaci. Una buona percentuale però è decisa a prevenire a tutti i costi il glaucoma: il 63% infatti si attiene scrupolosamente alle istruzioni terapeutiche del medico curante e circa l’88% è d’accordo sul fatto che gestendo meglio la patologia si possa rallentare drasticamente il pericolo della cecità.

“La vista è spesso considerata il senso più importante e prevenirne il peggioramento o addirittura la perdita e mantenendo quindi la qualità di vita delle persone è una priorità di Santen”. Così ha dichiarato Paolo Casati, General Manger di Santen Italia, l’agenzia che ha svolto questa ricerca sul glaucoma.

“ Speriamo che la consapevolezza derivante da questi risultati, sia motivante per i pazienti con glaucoma per continuare a fare tutto ciò che è necessario per mantenere in buona salute i propri occhi durante e dopo la pandemia”, conclude il Dott. Paolo Casati.

Chi è Santen

Azienda farmaceutica specializzata nel settore oftalmico, Santen si occupa di ricerca, sviluppo, marketing e vendita di medicinali oftalmici da prescrizione, che costituiscono oltre l’80% del fatturato netto globale. Santen offre anche altri trattamenti oculari come farmaci da banco e dispositivi medici. Santen è stata fondata in Giappone circa un secolo fa, dove è da tempo leader di mercato per la prescrizione di farmaci oftalmologici ed è attualmente leader di mercato anche nell’area EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa) nel trattamento del glaucoma e della sindrome dell’occhio secco. Inoltre ha ampliato la propria gamma di prodotti con trattamenti per le infezione oculare, le allergie e dispositivi medici per la correzione della vista e la terapia chirurgica del glaucoma

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