La recente sottoscrizione degli Accordi integrativi regionali (AIR) da parte di Molise e Valle d’Aosta ha riacceso il dibattito sull’importanza della personalizzazione dell’Accordo collettivo nazionale (ACN) del 2024. Ma perché è così cruciale adattare le politiche sanitarie ai contesti regionali? Questi sviluppi dimostrano chiaramente come si possa rispondere alle esigenze uniche di territori che affrontano criticità logistiche significative. Come sottolinea Silvestro Scotti, segretario nazionale della FIMMG, è fondamentale adottare un approccio più localizzato nella gestione della medicina di famiglia, specialmente in aree come il Molise, che si trovano a fronteggiare sfide particolari a causa di un sistema sanitario commissariato.
L’importanza degli Accordi regionali
Scotti definisce emblematico l’esempio di Molise e Valle d’Aosta, evidenziando come l’ACN possa offrire un quadro per adattare i principi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) in modo efficace. Ma cosa significa realmente “personalizzazione” in questo contesto? Non si tratta solo di rispondere adeguatamente alle esigenze locali, ma anche di implementare soluzioni innovative per migliorare l’assistenza di prossimità. Questa flessibilità è cruciale in un momento in cui le risorse sono limitate e la domanda di assistenza sanitaria è in continua crescita. È un’opportunità unica per le regioni di mettere in campo strategie su misura per i loro cittadini.
Un aspetto chiave della questione è rappresentato dalle differenze strutturali tra le varie regioni italiane. In territori con modelli di assistenza metropolitani e in quelli più dispersivi, l’urgenza di una definizione chiara dell’Atto di indirizzo per il prossimo ACN diventa sempre più pressante. Senza un indirizzo chiaro, i medici di famiglia rischiano di trovarsi in una situazione di stallo, compromettendo così la qualità dell’assistenza offerta ai pazienti. Non è forse il momento di riflettere su come possiamo migliorare questo sistema?
Le sfide da affrontare
Scotti avverte che l’assenza di un Atto di indirizzo non solo blocca l’avvio delle trattative per il nuovo ACN, ma ha ripercussioni dirette sull’ingresso dei medici di famiglia nelle Case di Comunità. Questo ritardo frena anche l’evoluzione verso un modello di assistenza più integrato, rendendo difficile la creazione di un ruolo unico per i medici di famiglia. E se pensiamo all’aumento dell’inflazione, che ha raggiunto il 13,4% cumulato tra i rinnovi contrattuali, ci rendiamo conto che la sostenibilità del lavoro dei medici è a rischio. La mancanza di adeguamenti retributivi potrebbe allontanare nuovi talenti dal settore. Che ne pensi? È giusto mettere a rischio la qualità dell’assistenza per questioni economiche?
In un contesto così complesso, i dati ci raccontano una storia interessante: è evidente che la salute del sistema sanitario nazionale dipende dalla capacità delle regioni di adattare le politiche sanitarie alle loro specifiche esigenze. Le recenti firme sugli AIR devono essere interpretate come un modello replicabile, che potrebbe stimolare altre regioni a seguire l’esempio, per garantire un’assistenza più efficiente e vicina ai cittadini. Ma come possiamo garantire che queste buone pratiche siano condivise e adottate ovunque?
Strategie per il futuro
Per affrontare queste sfide, è essenziale che le regioni elaborino piani strategici concreti e basati sui dati. L’implementazione di best practices, come l’adozione di modelli di assistenza integrata e l’uso di tecnologie digitali per il monitoraggio delle performance, può migliorare significativamente la qualità dell’assistenza. Le regioni dovrebbero anche investire nella formazione continua dei medici e nel miglioramento delle infrastrutture sanitarie, per garantire che i professionisti possano operare in condizioni ottimali. Non sarebbe bello vedere un sistema sanitario che funziona veramente per tutti?
In sintesi, il futuro della medicina di famiglia in Italia è strettamente legato alla capacità di ciascuna regione di rispondere in modo efficace e tempestivo alle sfide locali. Gli Accordi integrativi regionali rappresentano un passo importante in questa direzione, ma è fondamentale che non rimangano isolati. Devono essere il punto di partenza per una riforma più ampia e condivisa del sistema sanitario nazionale. È il momento di unire le forze e lavorare insieme per un’assistenza sanitaria migliore.