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Hai mai provato un’emicrania? Se sì, sai bene quanto possa essere debilitante. Questa condizione colpisce una buona fetta della popolazione mondiale, con circa il 12% degli adulti che ne soffre. E in Italia, il quadro è ancora più preoccupante: si stima che quattro donne su sei ne siano affette. Un dato che non solo mette in luce la prevalenza dell’emicrania nel genere femminile, ma sottolinea anche le gravi ripercussioni che può avere sulla vita lavorativa e sociale. La neurologa Grazia Sances, del Centro Diagnosi e Cura Cefalee IRCCS Fondazione Mondino di Pavia, ci ricorda che l’emicrania può costringere le pazienti a rinunciare al lavoro o a fare straordinari per recuperare le ore perse a causa del dolore. E non è solo una questione di lavoro: le conseguenze si riflettono anche sulle relazioni familiari e sulle attività ricreative. Come si può affrontare questa sfida?
Il costo dell’emicrania e l’importanza delle nuove terapie
Parliamo di costi: l’emicrania non si limita alle spese sanitarie per visite, esami e farmaci, ma ha anche un forte impatto sociale. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’emicrania è la seconda malattia più disabilitante al mondo, e per le donne giovani addirittura la prima. Ma c’è una buona notizia: negli ultimi anni, il panorama terapeutico ha visto un’evoluzione significativa, portando con sé nuove speranze per chi vive con questa condizione. Fino a poco tempo fa, le opzioni terapeutiche si limitavano a farmaci non specifici come betabloccanti e antidepressivi, utilizzati per altre patologie ma che mostrano efficacia nel controllo dell’emicrania. Dal 2013, abbiamo visto l’introduzione della tossina botulinica per il trattamento dell’emicrania cronica, ma la vera rivoluzione è avvenuta nel 2018 con l’arrivo di nuovi farmaci mirati. Questi sviluppi hanno cambiato radicalmente il modo di affrontare la malattia.
Le nuove opzioni terapeutiche: anticorpi monoclonali e gepanti
Parliamo ora di innovazione: gli anticorpi monoclonali anti-CGRP, come Erenumab, Galcanezumab, Fremanezumab ed Eptinezumab, rappresentano i pionieri di questa nuova era terapeutica. Questi farmaci agiscono bloccando un peptide fondamentale nel processo di modulazione del dolore. Ma come si somministrano? Alcuni di essi vengono iniettati sottocute, altri per via endovenosa, offrendo così una flessibilità che può essere personalizzata in base alle necessità del paziente. La dottoressa Cinzia Finocchi, esperta in neurologia, sottolinea che questi farmaci possono ridurre gli attacchi di emicrania fino al 75% per chi risponde bene al trattamento. E non è finita qui: dall’anno scorso, i gepanti come Rimegepant e Atogepant hanno ampliato le possibilità di trattamento. Questi farmaci, più piccoli e con un meccanismo d’azione diverso, possono essere utilizzati sia come prevenzione che per il controllo degli attacchi acuti. E la cosa migliore? Si assumono per via orale, rendendo così la gestione del trattamento molto più semplice rispetto agli anticorpi monoclonali che richiedono iniezioni regolari.
L’importanza di un approccio multidisciplinare
Infine, non dimentichiamo l’importanza di un approccio multidisciplinare nella gestione dell’emicrania, in particolare per le donne. Le cefalee, e in particolare l’emicrania, sono spesso collegate a fasi della vita riproduttiva, come il ciclo mestruale e la perimenopausa. È fondamentale che neurologi e ginecologi collaborino per garantire un trattamento ottimale. Le fluttuazioni ormonali possono influenzare l’incidenza e l’intensità degli attacchi, rendendo necessarie strategie terapeutiche integrate. Durante la gravidanza, per esempio, alcune donne possono notare un miglioramento dei sintomi, mentre per altre il dolore può intensificarsi. In questi casi, è essenziale un monitoraggio attento e una gestione delicata dei farmaci per garantire la sicurezza della madre e del bambino. Le nuove terapie offrono strumenti preziosi, ma la chiave resta sempre nella personalizzazione del trattamento, per affrontare efficacemente questa complessa condizione. Come possiamo trovare il giusto equilibrio tra innovazione e necessità individuali?