Apprendimento: la spia è negli occhi

La scoperta è stata possibile grazie all'eye tracker e potrebbe rivelare nuovi approcci alla comunicazione coi soggetti incapaci di esprimersi

Gli occhi inviano segnali di avvenuto o mancato apprendimento senza che ne siamo consapevoli. L’ha scoperto uno studio del CIMEC di Rovereto (Centro Interdipartimentale Mente e Cervello) con una ricerca condotta presso l’Università di Trento. I risultati, pubblicati sul Journal of Vision, rivelano che ogni volta che apprendiamo una nuova informazione i nostri occhi compiono un piccolo movimento involontario. Ma non è una semplice curiosità: la notizia potrebbe aprire scenari inediti nell’ambito della comunicabilità con persone che non sono in grado di esprimersi a pieno, come gli autistici, i soggetti con deficit fisici e i bambini.

Cos’è l’eye tracker

I ricercatori hanno presentato ai soggetti coinvolti nello studio una serie di immagini. Mentre i soggetti le osservavano, gli esperti tracciavano i movimenti dei loro occhi tramite un eye tracker, un dispositivo che monitora lo sguardo e permette di individuare cosa cattura l’attenzione dell’osservatore.

Ogni volta che osserviamo uno scenario, la nostra visione è attratta dall’elemento dello scenario che ci interessa maggiormente. Questo non avviene del tutto spontaneamente. Infatti è possibile catalizzare l’interesse dell’osservatore su un elemento prefissato, servendosi di un qualche stimolo.

La funzione dell’eye tracker è quella di registrare gli spostamenti delle pupille del soggetto per capire dove si sofferma il suo sguardo, quali elementi rielabora preferibilmente, se riesce a memorizzarli. Stiamo parlando di un gran numero di movimenti, considerato che l’occhio cambia direzione in media 5 volte al secondo.

Ora, mentre l’occhio compie questi movimenti (detti “saccadi”), il cervello non è in grado di elaborare le informazioni. L’elaborazione vera e propria, infatti, avviene durante le “fissazioni”, delle pause della durata di 200-250 millisecondi, in cui l’occhio si sofferma su un elemento preciso e permette al soggetto di memorizzarlo (a breve termine).

La nuova frontiera dell’apprendimento

Giuseppe Notaro, tra i firmatari dell’articolo su Journal of Vision, ha spiegato il modo di procedere adottato nel corso dello studio. Gli scienziati hanno calcolato per mezzo dell’eye tracker la velocità con cui le persone osservavano le immagini che venivano loro sottoposte. Hanno così notato che i soggetti si soffermavano più brevemente sulle immagini che venivano presentate in posizioni attese. Anche perché – ed è questo il dato stupefacente – i loro occhi erano già orientati in via preferenziale verso il punto in cui il soggetto si aspettava di veder comparire l’immagine. Insomma, l’occhio si muove anticipando spontaneamente il movimento verso l’elemento che più interessa al soggetto, prima ancora che questo compaia sullo schermo.

Il coordinatore della ricerca Uri Hasson ha sottolineato le implicazioni positive della scoperta. Sono questi stessi segnali anticipatori che l’occhio invia a dirci se un soggetto ha compreso quello che sta guardando oppure no. Un individuo che non abbia capito e si trovi disorientato non avrebbe alcuna capacità di prevedere la posizione e l’interesse dell’immagine successiva. L’osservatore che invece ha riconosciuto e appreso questa specie di pattern nella sequenza delle immagini, compie spontaneamente questi movimenti impercettibili degli occhi.

Si tratta di una chiave d’accesso ai meccanismi di apprendimento molto preziosa nel caso dei soggetti inespressivi. Si pensi ai malati che per svariati motivi sono limitati nella loro capacità di muoversi e di parlare, e dunque faticano a comunicare. O ancora, agli autistici che spesso appaiono distratti o disinteressati alle informazioni che vengono loro presentate, ma lo sono solo apparentemente. O ancora, ai bambini più piccoli che non hanno ancora sviluppato la facoltà del linguaggio. La frontiera dell’apprendimento si sta spostando un po’ più in là.

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