Leptospirosi: da cosa è causata? I sintomi e i rimedi

La leptospirosi è un'insidiosa malattia infettiva che si trasmette dall'animale all'uomo. Come riconoscerne sintomi e sviluppo per curarla

La leptospirosi (detta anche febbre autunnale o febbre dei sette giorni) è una malattia infettiva trasmessa dall’animale all’uomo (il termine scientifico è zoonosi) diffusa in tutto il mondo. Anche se in Europa risulta decisamente meno presente rispetto ai paesi tropicali e sub tropicali, in Italia contagia circa un centinaio di persone all’anno. La malattia è immessa nell’ambiente attraverso le urine di animali infetti, principalmente roditori.Con il passaggio in zone acquitrinose e quindi nel terreno, essa può essere contratta dagli animali domestici, che risultano così un pericoloso ma comune veicolo di trasmissione per l’uomo. La leptospirosi è considerata una malattia grave: se contratta in gravidanza può causare la morte del feto.

Leptospirosi: le cause

La leptospirosi è causata da batteri del genere Leptospira. Questi sono in grado di sopravviere e moltiplicarsi all’interno di un animale ospite. L’ambiente più favorevole allo sviluppo di questi microorganismi è l’acqua, in particolare quella stagnante. É bene sapere tuttavia che il contagio non può quasi mai avvenire nei laghi e tanto meno in acqua marina, in quanto il sale presente rende l’ambiente del tutto inospitale. Sebbene sia possibile contrarre la leptospirosi attraverso il contatto con molte specie animali, il veicolo principale di trasmissione è il ratto, insieme agli altri piccoli roditori. Per contro, il contagio da uomo a uomo risulta rarissimo.

Le acque infette non sono però l’unica causa di trasmissione della malattia. Altre fonti di contagio possono essere l’inalazione di vapori contenenti il batterio o il morso di un animale infetto. C’è poi un dato rassicurante: il semplice contatto con l’acqua contaminata dalle urine infette non è sufficiente alla trasmissione dell’infezione, in quanto le leptospire non sono in grado di penetrare la pelle sana. Per introdursi nell’organismo esse devono necessariamente passare attraverso tagli o ferite aperte.

I sintomi della leptospirosi nell’uomo

Riconoscere la leptospirosi in fase di esordio non è così semplice. I sintomi clinici spesso variano e non sono specifici. Non è così raro infatti che gli animali domestici colpiti da questa patologia risultino in una prima fase asintomatici. Il periodo di incubazione del batterio varia dai 2 ai 20 giorni. Una caratteristica particolare della leptospirosi è il fatto che l’andamento della malattia proceda quasi sempre secondo due fasi.

  1. La prima fase, detta setticemica, può durare dai 4 agli 8 giorni e consiste nella comparsa improvvisa di sintomi come mal di testa, forti dolori muscolari, e febbre alta accompagnata da brivi, tosse e dolore toracico. Dopo circa tre o quattro giorni la patologia colpisce gli occhi, causando dolore oculare e fotofobia e in alcuni casi uveite.
  2. La seconda fase, detta immune, si verifica dopo almeno sei giorni di malattia. Essa comporta la comparsa degli anticorpi necessari a contrastare l’infesione. Ciò tuttavia non equivale a una scomparsa della febbre. Si tratta della fase in cui possono subentrare disturbi di gravità maggiore, come intense eruzioni cutanee, danni a reni e fegato e meningite.

La leptospirosi negli animali domestici

Tra le possibili sintomatologie della leptospirosi il vostro animale animale domestico potrebbe mostrare:

  • febbre
  • debolezza
  • inappetenza
  • vomito
  • diarrea

Per proteggere cani e gatti, i veterinari consigliano la somministrazione di un apposito vaccino, soprattutto nel caso in cui essi possano trascorrere molto tempo in ambienti esterni ed entrare in contatto con animali selvatici.

Leptospirosi: i rimedi

La cura più efficace per contrastare la leptospirosi è costituita dagli antibiotici, principalmente penicillina e doxiciclina. Il trattamento normalmente dura dai cinque ai sette giorni.

Nei casi più gravi, i pazienti vengono anche sottoposti a un trattamento di supporto, costituito dal reintegro idro-elettrolitico e dalla dialisi.

L’isolamento del paziente non è necessario, ma le urine vanno sempre maneggiate ed eliminate con cautela.

Scritto da Flavia Ferrero

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