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La malattia di Alzheimer è comunemente associata a problemi di memoria e difficoltà nel riconoscere volti familiari. Tuttavia, un aspetto spesso trascurato è il disorientamento spaziale, che può manifestarsi nei primi stadi della malattia, talvolta anche prima che si presentino amnesie significative. Questo fenomeno offre un’opportunità preziosa per gli esperti di intervenire tempestivamente.
Il disorientamento spaziale si manifesta quando una persona ha difficoltà a orientarsi in ambienti che un tempo considerava familiari, come il proprio quartiere o il tragitto verso casa. Questa condizione rappresenta uno dei primi segnali allarmanti dell’Alzheimer, evidenziando la compromissione della capacità del cervello di formare una mappa mentale del contesto circostante.
Secondo le spiegazioni di Sandro Sorbi, ex presidente di Airalzh Onlus e direttore di Neurologia presso l’ospedale universitario Careggi di Firenze, il cervello umano è elaborato come un sistema di navigazione interno. Questo sistema si basa sull’attività di tre diversi tipi di neuroni dedicati, principalmente localizzati nell’ippocampo e nella corteccia entorinale.
Neuroni specializzati e Alzheimer
Queste aree cerebrali sono cruciali per la memoria e l’orientamento. Nei primi stadi dell’Alzheimer, si osservano segni di compromissione in queste zone, rendendo evidente l’importanza di monitorare i sintomi iniziali. Un’indagine condotta da Davide Maria Cammisuli, psicologo e ricercatore in neuroscienze, ha rivelato chiaramente l’esistenza di alterazioni nella cognizione spaziale tra individui con lieve declino cognitivo e biomarcatori indicativi di Alzheimer.
La ricerca innovativa sul disorientamento
Questo studio è stato realizzato in un giardino urbano, un ambiente naturale ma controllato, utilizzando un dispositivo indossabile chiamato smart body. Questo strumento è dotato di sensori che monitorano parametri della marcia e dell’attività del sistema nervoso autonomo. Grazie a questa tecnologia, è stato possibile osservare reazioni neurovegetative legate allo stress da disorientamento, come le variazioni del battito cardiaco e della sudorazione, mentre i partecipanti affrontavano percorsi urbani complessi.
Monitoraggio tramite tecnologia
Il dispositivo ha catturato i segnali di allerta inviati dal sistema simpatico, attivato in situazioni di emergenza, durante compiti di orientamento spaziale, anche quando questi risultavano oggettivamente semplici. Inoltre, un sistema di monitoraggio remoto ha permesso di tracciare il percorso effettuato dai pazienti grazie a un GPS integrato. Questa tecnologia, se arricchita da messaggi di avviso, può guidare una persona con demenza o Alzheimer verso casa, nel caso vengano rilevati segnali di disorientamento.
Riconoscere i segnali precoci
Il disorientamento spaziale, come accennato, può precedere di anni sintomi più evidenti come la perdita di memoria e l’incapacità di riconoscere persone care. Nonostante ciò, questo segnale viene spesso sottovalutato, sia dai familiari che dai pazienti stessi, i quali, per non darvi peso, iniziano a evitare situazioni potenzialmente problematiche, come uscire da soli, guidare o percorrere nuove strade.
Identificare correttamente questo segnale è vitale per due motivi principali. In primo luogo, permette un intervento precoce che può migliorare la qualità della vita della persona, e in secondo luogo, aiuta a preparare i familiari e i caregiver ad affrontare le sfide future associate alla malattia.