Studiare rafforza il cuore

A quanto pare studiare, imparare ed acculturarsi non fa bene solo al cervello ma anche al cuore.

A quanto pare studiare, imparare ed acculturarsi non fa bene solo al cervello ma anche al cuore.

E’ il risultato al quale è giunta la dottoressa Annika Rosengren. A capo di un team di ricercatori del Sahlgrenska University Hospital. L’equipe di medici, infatti, ha ipotizzato che la cultura e lo studio non solo allenino il cervello rendendolo più elastico. Preservano il cuore da patologie quali l’infarto. La conclusione c’è stata dopo aver preso in esame i dati clinici di più di 50 paesi. Tra i quali erano presenti 2000 persone colpite da infarto e 14.000 persone in buona salute. Ebbene, il discriminante tra i due gruppi risiedeva essenzialmente nell’istruzione, e non nel reddito o nel lavoro svolto. Ovviamente, non bisogna affermare che studiare abbia come diretta conseguenza il preservare il cuore dall’arresto cardiaco. Permette di acquisire una maggiore consapevolezza del proprio organismo e dei danni a cui si va incontro con comportamenti poco sani.

Studiare, imparare e farsi una cultura promuove la salute del cuore. Gli individui che dedicano alla propria istruzione almeno 8 anni hanno minori rischi d’infarto.

La ricerca

Il team della Rosengren ha messo sotto esame i dati clinici provenienti da 52 Stati diversi. Per un totale di 2.000 infartuati e 14.000 persone in buona salute. E’ stato così notato come l’istruzione, indipendentemente dal reddito familiare e dal lavoro svolto o dai beni posseduti, agisse come scudo contro le malattie cardiache.

Spiega allora la dottoressa Rosengren: “Un livello di istruzione, uguale o inferiore a 8 anni di scuola, può significare un maggior rischio di avere un infarto, circa il 30% in più rispetto a chi è più istruito. La correlazione è più marcata nei paesi ricchi, ma evidente anche nei Paesi meno sviluppati”.

La ricercatrice ed i suoi colleghi ammettono come i risultati non siano definiti, ma sia possibile lo stesso fare ipotesi sul perché di tale legame, presente sia nei Paesi ricchi che in quelli a meno reddito.

E’ probabile, allora, che maggior cultura significhi maggiore consapevolezza e migliore azione. Chi studia di più, cioè, conosce meglio i fattori di rischio e sa prevenirli tramite attività fisica, alimentazione sana e corretto stile di vita.

La seconda ricerca

Lo studio fa bene alla mente e al cuore: riduce infatti il rischio di infarti. A darci questa notizia sono i ricercatori di varie università europee, dalla Oxford al Centro Ricerche in Epidemiologia e Medicina Preventiva (Epimed) dell’Universita’ dell’Insubria, che ha coordinato lo studio intitolato “Education and coronary heart disease: mendelian randomisation study” e pubblicato sul British Medical Journal.

Per giungere a queste conclusioni i ricercatori hanno analizzato 162 varianti genetiche già collegate in passato con gli anni di studio e raccolte da 543.733 uomini e donne di origine europea. Si pensa infatti che alcuni bambini siano geneticamente più predisposti di altri allo studio, come se ci fosse una corrispondenza diretta tra la genetica e gli anni di scuola.

Randomizzazione mendeliana

La tecnica utilizzata dai ricercatori è quella della “randomizzazione mendeliana”. Che sfrutta le informazioni genetiche per esaminarne l’effetto causale ed evitare i tipici problemi degli studi osservativi e che porta a risultati meno discutibili e più attendibili.

Dai dati raccolti è emerso che “3,6 anni aggiuntivi di scolarità causano il 33% in meno di eventi coronarici”, insomma, le persone che studiano di più rischiano di meno di avere un infarto. “Incrementare il numero di anni a studiare riduce il conseguente rischio di sviluppare malattie coronariche”. Insomma, se la cultura non dovesse essere un sufficiente motivo per studiare, a stimolarci potrebbero essere i rischi per il nostro cuore.

I ricercatori spiegano che “Il legame tra bassa educazione e incremento di rischio coronarico è noto da tempo, ma è sempre stato attribuito ad altri fattori, quali fumo, dieta ed attività fisica”. E ancora che “I risultati devono stimolare il dialogo tra la comunità medico-scientifica, la classe politica e gli operatori di salute pubblica per pianificare strategie volte a incoraggiare i giovani a migliorare sempre il proprio livello di educazione. Infatti, interventi come la riduzione delle tasse scolastiche, o il contrasto dell’abbandono scolastico precoce, potrebbero diventare misure con riflessi positivi in termini di salute pubblica, con forte impatto sulla prevenzione delle malattie coronariche”.

La terza ricerca

Studiare e laurearsi oggi sembrano avere sempre meno importanza, soprattutto per quanto riguarda la loro utilità nel mondo del lavoro. Ma, secondo una ricerca statunitense, il sospirato “pezzo di carta” a qualcosa invece serve. Stando alla ricerca, infatti, lo studio fa bene alla salute e in particolare alla pressione sanguigna soprattutto nelle donne.

Lo studio, pubblicato sul Bmc Public Health, è stato condotto da Eric Loucks e dai suoi colleghi della Brown University. Ha coinvolto 3890 individui appartenenti al Framingham Offspring Study dal 1971 al 2001.

In questo studio i ricercatori hanno monitorato per circa 30 anni la salute dei partecipanti. Prendendo in considerazione anche fattori come fumo, alcool ed assunzione di farmaci. Ad ogni visita e controllo i partecipanti venivano sottoposti ad anamnesi, esami fisici, antropometria di laboratorio e valutazione dei fattori di rischio per malattie cardiovascolari. I dati ottenuti hanno evidenziato che coloro che avevano studiato fino alla laurea; presentavano bassi rischi di malattie cardiache correlate, quindi, con valori più bassi di pressione sanguigna.

Le conseguenze di un basso livello di istruzione

In particolare i risultati hanno mostrato che le donne con un basso livello di istruzione; registravano una pressione arteriosa di più 3,26 punti rispetto alle donne con un più alto livello di istruzione. Secondo i ricercatori, inoltre, le donne con bassi livelli di istruzione mostravano maggiore probabilità di soffrire di depressione e vivere in aree povere. Diventare genitori single ed essere disoccupate, tutti elementi che incidono fortemente sulla salute del cuore. Questi risultati forniscono, dunque, la prova che l’istruzione può essere un potenziale fattore di rischio per malattie cardiache.

Inoltre, è stato recentemente dimostrato che studiando si può vivere più a lungo. Ad affermare ciò è stata una ricerca dell’University College di Londra e parte del più ampio progetto Whitehall II. Gli studiosi, guidati da Andrew Steptoe, hanno analizzato la lunghezza dei telomeri di 448 pazienti. Di età compresa tra 53 e 76 anni, con diversi livelli di istruzione. I telomeri sono sequenze ripetute di Dna che proteggono le estremità dei cromosomi. Fondamentali nell’evitare la perdita di informazioni durante la duplicazione dei cromosomi stessi, rappresentano anche importanti indici di invecchiamento cellulare. E’ stato dimostrato che i soggetti con un basso livello culturale mostravano un numero maggiore di telomeri corti.

Conclusioni

Associazione questa rimasta significativa anche dopo aver preso in considerazione le circostanze socio-economiche degli individui. Né il reddito, né l’occupazione, infatti, erano legati alla lunghezza dei telomeri. Possiamo quindi affermare che studiare fa bene alla salute e aiuta a mantenersi giovani. Ci protegge da malattie cardiache e può aiutarci ad entrare nel sempre più tortuoso mondo del lavoro.

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