Alleniamo le qualità muscolari

di Gianfranco Di Mare

Performance Engineer

Concludiamo questa serie di articoli – facendo sempre riferimento a questo post – occupandoci dell’ultimo (per ora!) punto di attenzione quando ci si allena: la qualità e la densità del lavoro.

Come abbiamo ormai chiarito abbondantemente nei post precedenti, l’allenamento è specifico alle qualità che vengono allenate: se il tipo di prestazione per la quale ci prepariamo è sostanzialmente differente dall’allenamento, non otterremo i miglioramenti che ci attendiamo.

In particolare, oggi parliamo di come sono fatte, nel dettaglio, le nostre ripetizioni. Le cose non cambiano di molto che si tratti di esercizio coi pesi, potenziamento a corpo libero, balzi, prove ripetute.

I parametri importanti di un esercizio sono:
numero delle ripetizioni; intensità del carico (peso utilizzato, ad esempio); percentuale dello sforzo massimo ad ogni ripetizione; componente pliometrica ed isometrica; velocità media di esecuzione della ripetizione; accelerazione in ogni ripetizione; intervallo tra due ripetizioni consecutive; ampiezza del movimento (se massima o no); intervallo di recupero tra due serie consecutive; natura del riposo (attivo? passivo?); quantità delle serie.
Sono un sacco di parametri, vero? Eppure contano tutti.

Ora, è chiaro che quando si utilizzano esercizi speciali per alenarsi (cioè quando ci si allena con un gesto diverso dal quello di gara… ad esempio essere un corridore e fare balzi in salita; essere un pugile e fare piegamenti sulle braccia) questi non potranno mai essere del tutto uguali al nostro gesto principale: anzi, li facciamo proprio perché possono darci delle qualità trasversali! Come abbiamo detto anche ieri, fare in modo che queste qualità siano poi efficacemente messe al servizio della nostra gara è abbastanza complesso. Ma, restando in un ambito amatoriale evoluto, il consiglio che vi do è: lavorate sempre abbastanza vicini al vostro gesto di gara.

Ad esempio, se nuotate i 400 metri col ritmo di due bracciate al secondo, è piuttosto inutile fare pesi con un ritmo molto dissimile (a meno che non sappiate cosa state facendo, ma lasciamo le sottigliezze ai professionisti). E sarà inutile fare serie molto corte con grossi carichi per diventare più forti: la forza che serve al quattrocentista è una forza che si distende nel tempo, per cui una serie di buona lunghezza (attorno alle 20-30 ripetizioni) sarà certamente più proficua.

Dice: ma allora cosa faccio a fare i pesi, se poi ci devo fare le stesse cose che faccio in acqua?

Il trucco per gli esercizi speciali consiste nell’utilizzarli in maniera da sfruttare la loro specificità, ma discostandosi poco dalle specificità del nostro gesto di gara. In questo modo il SNC riuscirà più facilmente ad integrare le qualità acquisite nei nostri schemi motorî. In altre parole: se per fare pesi usiamo un po’ più di forza rispetto a quando nuotiamo, riiusciremo più facilmente a ritrovarci più forza di trazione in acqua. Se, al contrario, usiamo carichi enormi, ci ritroveremo una forza sì più alta, ma che si esaurisce dopo poche bracciate e diventa poco significativa sull’insieme della nostra gara.

Allo stesso modo, si capisce come sia relativamente inutile per un maratoneta dedicare una seduta a settimana allo sprint (a meno che non stiamo parlando di un atleta molto giovane, in formazione: ma quello è tutto un altro discorso).

Dice: ma perché, non è possibile che una grara si decida negli ultimi cinquanta metri? Certo, ma ci sono due considerazioni da fare:
se quell’atleta avesse risparmiato tempo, e dedicato una seduta in più a settimana alla potenza aerobica, probabilmente non sarebbe stato costretto a giocarsi una gara di 40 chilometri in pochi metri; anche la velocità dev’essere allenata in condizioni analogiche a quelle di gara: una cosa è fare una serie di sprint come unica componente della seduta, altro è fare uno sprint dopo 40 chilometri: i muscoli, provati da uno sforzo duro come la maratona, non rispondono nello stesso modo che se fossero freschi. Ho visto diverse volte, in gare di fondo, atleti muscolosi e con una velocità di base molto maggiore battuti allo sprint da atleti di gran lunga meno reattivi, che però erano più freschi nel finale.
È molto più utile, per il maratoneta in cerca di brillantezza, fare ad esempio 15-30 volte i 100 metri ad una velocità “superiore” a quella di gara, con recuperi discreti (ad esempio tornare indietro al passo e ripartire).

Se non lo fate già, provate ad applicare questi temi ai vostri allenamenti: vedrete che le vostre prestazioni migliorerenno.

Per concludere questo intrigante argomento, una considerazione generale: le osservazioni fatte riguardano atleti comunque abbastanza maturi, che si allenano con una certa regolarità. Se siete dei principianti assoluti, o del tutto sedentari, qualsiasi cosa migliorerà il vostro stato di forma e, di conseguenza, le vostre prestazioni. Se, ad esempio, la vostra resistenza nel nuoto è molto bassa, dopo tre mesi di bodybuilding sarete certamente, comunque migliorati! Ma non come sarebbe stato con tre mesi di nuoto…

Buon allenamento a tutti.

Image courtesy windoweb.it

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