Dal teatro alla scienza è sempre "disease mongering"

"L'unico modo per difendersi dal "disease mongering" è conoscerlo". È questa la conclusione a cui erano giunti Ray Moynihan e David Hanry, rispettivamente giornalista e farmacologo dell'università di Newcastle (Australia), nell'editoriale del numero speciale che Plos Medicine – una rivista medica medico-scientifica fruibile liberamente – aveva dedicato tempo fa a questo fenomeno. "Il "disease mongering" – che si potrebbe tradurre con "malattie create dal marketing" – trasforma i sani in malati, causa lesioni iatrogene e disperde risorse preziose, al solo scopo di aumentare il numero di malati e di potenziali clienti nel mercato di chi vende e distribuisce farmaci. È un problema globale che interessa tutti quelli che si occupano di salute". In pratica l'arte di creare prima il farmaco e poi la malattia che dovrebbe curare. Si tratta di un problema globale, come hanno detto gli autori, ma non è un fenomeno dei tempi moderni.In Knock, una commedia scritta nel 1923, Jules Romains narra la storia di un medico sostenitore dell'infallibilità della medicina e dell'efficacia della pubblicità commerciale che riesce ad indurre la popolazione di un intero paese a sottoporsi alle sue cure. Nella frase fatta pronunciare al protagonista "le persone sane sono malate che non sanno di esserlo" è racchiuso tutto il pensiero dei più moderni "commercianti di malattie". E anche sulle riviste medico-scientifiche non mancano i tentativi di definire e studiare il fenomeno, così come non mancano gli esempi concreti. Esistono, infatti, molte forme di "disease mongering". A volte vengono medicalizzati aspetti normali o fasi fisiologiche della vita, come è accaduto per la menopausa o si elevano al rango di patologie semplici fattori di rischio come è successo con l'ipercolesterolemia e l'osteoporosi che sono state presentate come malattie da trattare farmacologicamente quando sarebbe forse più corretto e sicuro modificare gli stili di vita. Altre vengono rappresentati come malattie gravi quelli che in realtà sono problemi lievi: è il caso per esempio della sindrome del colon irritabile, un problema disfunzionale diagnosticato escludendo problemi organici che certe campagne pubblicitarie hanno invece cercato di far diventare la spia di un problema ben più grave. Ma c'è anche chi gioca con numeri e statistiche: problemi diffusi, come la calvizie o la timidezza, sono diventati malattie da curare e problemi relativamente rari o comunque frequenti solo in certi gruppi specifici di persone come i disturbi sessuali maschili e femminili sono diventati diffusi in generale semplicemente lavorando sui dati da proporre. Sostanzialmente si tratta di strategie che non differiscono da quelle usate anche per gli altri prodotti commerciali, volte a "creare il bisogno" instillando nella gente l'idea di una necessità di cura.

Molti di questi esempi sono analizzati nel dettaglio nei vari articoli di Plos Medicine, comprese le più recenti novità in fatto di "medicalizzazioni a tutti i costi" come la sindrome delle gambe senza riposo o il disturbo da iperattività e deficit di attenzione (ADHD), ma sono soprattutto gli aspetti più generali del problema e i mezzi che abbiamo per difenderci ad interessare ai due editorialisti.

Pensare infatti che dietro tutto questo ci siano i produttori dei farmaci è scontato, ma come fanno notare Moynihan e Henry "le aziende farmaceutiche non sono gli unici attori in questo dramma". Alleanze informali tra queste aziende e società di pubbliche relazioni, gruppi di medici e associazioni di pazienti sono ugualmente responsabili nel forzare una certa visione di una malattia sfruttando anche i potenti mezzi di comunicazione di oggi. Ognuna di queste parti ha motivi diversi, ma c'è un interesse comune che li spinge verso queste "alleanze informali". Le associazioni di medici o pazienti per esempio possono promuovere campagne informative per accrescere la consapevolezza sulle malattie o su un potenziale rischio per la salute, ma se per richiamare l'attenzione dei cittadini, dei governi e delle istituzioni danno un immagine della patologia non veritiera o se anche nell'interesse dell'azienda farmaceutica che sponsorizza l'evento promuovono un farmaco o una terapia delle quali non è stata provata in modo adeguato l'efficacia a discapito di altre soluzioni più utili e sicure, allora ci troviamo nel pericoloso campo del "disease mongering" e il vero pericolo per la salute dei cittadini sono le campagne informative stesse.

"Oggi, comunque, pur ammettendo il ruolo delle aziende farmaceutiche e di tutti quelli che, nonostante i nobili intenti, finiscono per partecipare a questi giochi diffondenti idee false su salute e malattie, non possiamo non riconoscere anche il ruolo dei cittadini, che sebbene sempre più informati e consapevoli scelgono di adeguarsi a questo modello di medicalizzazione del benessere". Certo l'ansia diffusa verso la propria fragilità e la fede nell'innovazione e nel progresso scientifico tipiche dell'uomo possono contribuire a questo atteggiamento, ma è arrivato il momento di agire per difendersi. Piccoli passi sono già stati fatti su tutti i fronti interessati. A livello dei consumatori la Health Action International sta cercando di promuovere in tutto il mondo un uso più razionale dei farmaci. Per i media il gruppo Media Doctor di cui Henry è cofondatore, è tra quelli che combattono la tendenza diffusa nel loro settore a esagerare la prevalenza o la gravità delle malattie. Anche tra i medici c'è chi lotta per arrivare un'attività medica il più possibile libera da condizionamenti e collusioni con industrie farmaceutiche.

"Combattere il "disease mongering" – concludono infine Moynihan e Henry – può migliorare non solo la salute dei singoli individui, ma anche la situazione dell'economia sanitaria pubblica e privata".

La denuncia lanciata allora su Plos Medicine ha cominciato a dare i suoi frutti, ma Moynihan ed Henry, non hanno mai abbandonato la campagna di sensibilizzazione della comunità scientifica sull'argomento, così il congresso promosso per la prima volta due anni fa sul tema, oggi è arrivato al suo secondo appuntamento con nuove pseudomalattie di cui discutere e, soprattutto, nuovi attori da coinvolgere nel dibattito: medici, scienziati, organizzazioni no profit, ma soprattutto media e opinione pubblica. Bisogna sensibilizzare l'opinione pubblica e metterla in guardia rispetto alla prassi della creazione di nuove malattie al fine di espandere il mercato dei farmaci, che, secondo gli autori, è sempre più diffusa.

La strategia infatti si basa sullo stesso meccanismo ormai ben collaudato: prima un gruppo di specialisti riconosciuti definisce una malattia specificandone sintomi, sindromi (insieme di sintomi) e rimedi; poi si procede pubblicizzando queste caratteristiche attraverso campagne di sensibilizzazione e una volta creata la malattia e fatta "attecchire" nel pensiero comune si tira fuori il farmaco che era già pronto, et voilà, il gioco è fatto. Moynihan ed Henry sono quindi decisi a continuare la loro battaglia contro questo modo di fare medicina facendo appello stavolta soprattutto alla coscienza di chi lavora nel campo dell'informazione, che a loro dire è troppo impreparato sulle tematiche sanitarie rischiando di fare il gioco dei disease mongers, e agli utenti finali che dovrebbero sforzarsi di acquisire il senso critico necessario a non farsi abbindolare.

Fonti:

The Fight against Disease Mongering: Generating Knowledge for Action
Disease mongering is now part of the global health debate

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