Dallo spazio all'ospedale (e viceversa)

Dio non ci ha fatto calciatori, ma nemmeno astronauti. Secondo Antonio Dal Monte, direttore scientifico dell'Istituto di Scienza dello sport del CONI che abbiamo incontrato ieri per la rubrica Sportivamente, pensieri e parole sullo sport, «se il Padreterno avesse immaginato che la sua creatura si sarebbe dovuta cimentare tanto in una attività sportiva come il calcio, ci avrebbe creato in modo diverso». E, infatti, i problemi a cui va incontro chi vi si dedica con assiduità per molti anni, dimostrano che «il calcio è uno sport per il quale la struttura corporea umana non è tagliata».

D'altra parte, nel corso dell'intervista pubblicata su il Giornale della previdenza, Dal Monte spiega che anche la sedentarietà è cosa per la quale la struttura corporea umana non è tagliata. E a dimostrarlo, stavolta, ci sono i problemi a cui vanno in contro gli astronauti costretti a stare per molto tempo in spazi limitati e per di più in assenza di gravità che sulla Terra esercita continuamente anche se non ce ne rendiamo conto una forza che il nostro corpo deve vincere per poter fare qualsiasi cosa dal semplice toccarsi la punta del naso al più complesso salto con l'asta.

In buona sostanza dovremmo ammettere, parafrasando Dal Monte, che la macchina-uomo non gradisce la sedentarietà e tutto quello che si verifica in assenza di gravità: il corpo umano adora i movimenti per i quali è stato programmato e in condizioni che può prevedere, g compresa.
Se l'atto di tirare calci a un pallone è "uno spaventoso stress biomeccanico a tutto il sistema muscolo-tendineo che mette in crisi la struttura dell'arto inferiore", non avere alcuna forza che sottopone alla giusta quantità di stress lo stesso sistema è ugualmente pericoloso. E non solo per gli arti inferiori.

In neuroscienze a proposito di uno degli organi più preziosi di cui disponiamo, il cervello si è soliti dire "use it or lose it", usalo o lo perdi, ma lo stesso principio vale anche per il resto del corpo: usalo o perdilo. Se non si sollecitano le strutture muscolo-scheletriche con il movimento per cui la natura le ha sviluppate si rischia di perderle: i muscoli si atrofizzano, i tendini si induriscono, le ossa si rarefanno, le cartilagini si assottigliano e le articolazioni dolgono e infine si bloccano.  

Dovremmo, quindi, dissuadere gli astronauti dal continuare ad andare nello spazio?
Ovviamente no! Anche perché le condizioni degli astronauti di oggi sono molto migliorate rispetto a quelle dei colleghi delle prime missioni. "I primi astronauti, racconta infatti Dal Monte, erano condannati a vivere in capsule spaziali al cui interno non potevano muoversi e tornavano a terra con il fisico profondamente provato perché il cuore si assottiglia e perde la sua potenza, i muscoli perdono la loro efficienza, il sangue si impoverisce dell'emoglobina. In altre parole un disfacimento causato dalla deficiente attività fisica dovuta e alla mancanza della gravità."

Proprio per ovviare a tali sgradite conseguenze, continua l'esperto, "le navicelle spaziali successive sono state attrezzate come delle mini palestre per tenere gli astronauti in attività fisica alcune ore al giorno; ma l'assenza della gravità, causa lo stesso problemi che non sempre è possibile risolvere una volta tornati sulla Terra, soprattutto se la permanenza nello spazio è stata particolarmente lunga".

Il crescente interesse dei medici per i voli aerospaziali non è finalizzato però solo a curare i problemi che ciascun astronauta accusa al rientro o a cercare di prevenirli in quelli che li seguiranno. La speranza, infatti, è che il monitoraggio continuo degli equipaggi prima, durante e dopo la permanenza nello spazio possa fornire informazioni utili anche per i pazienti sulla Terra. Un assaggio di queste possibili inferenze medico-scientifiche tra spazio e Terra lo avevamo avuto nel Carnevale della fisica 8, grazie al contributo di Paolo Navaretti che il mese scorso nel blog Lo scettico errante ha parlato della prima missione umana (simulata) su Marte in cui si indagheranno in particolare le risposte di stress dell'organismo in condizioni di isolamento estremo.
A indagare saranno i medici dell'Istituto di Problemi Biomedici di Mosca (Ipbm), ma anche gli scienziati italiani sono molto interessati alle possibili implicazioni medico-scientifiche delle missioni aerospaziali. La Fondazione Maugeri di Pavia, ad esempio, ha deciso di portare la medicina spaziale nelle palestre e nei laboratori dei suoi istituti, grazie a un'alleanza sancita di recente proprio con il Centro scientifico statale della Federazione Russa Ipbm dell'Accademia russa delle scienze "per offrire nuove speranze ai malati che con la riabilitazione cercano di 'rinascere' dopo un ictus o un incidente stradale, ma anche per costruire eco-corsie a prova di infezioni."
Le innovazioni 'figlie' di questa partnership sono state illustrate lo scorso 21 giugno all'università degli Studi di Pavia, durante la seconda 'HTA Pavia Conference: Technology and Management in the Hospital' in cui Marcello Imbriani, direttore scientifico centrale dell'Irccs Fondazione Maugeri, ha presentato più progetto di collaborazione nato per lo studio di tecnologie avanzate in riabilitazione e nelle nanotecnologie.

Dunque una ricerca che si muove su un doppio fronte. Da un lato cercherà di fornire risposte su come ristabilire le funzioni motorie in pazienti colpiti da ictus o gravi traumi cranio-cerebrali, indurre variazioni di postura, imitare la marcia stimolando meccanicamente le zone del piede, riprodurre il movimento del passo attraverso uno stimolatore meccanico. Dall'altro proverà a portare allo sviluppo di rivestimenti fatti di nano-materiali battericidi o biocompatibili per applicazioni mediche, igieniche e sanitarie, o ideare vernici con caratteristiche ecologiche, anti-corrosive e antibatteriche.
In entrambi i casi si tratta di ricerche ispirate agli studi della medicina spaziale, nell'ambito dell'accordo Italia-Russia sottoscritto con l'assistenza di Sib Laboratories Ltd per le quali sono già in corso sperimentazioni in alcuni istituti dell'Irccs specializzato in riabilitazione.

Non c'è che dire, lo spazio ha sempre esercitato un fascino notevole sull'umanità fin dai suoi albori. E i bambini non ne sono immuni.
Infatti, alcuni medici hanno pensato bene di sfruttare questa passione quasi innata per rendere meno dolorose e angoscianti certe procedure medico-diagnostiche nei piccoli pazienti. Come lo vedremo nel prossimo post.

Questo post partecipa alla nona edizione del Carnevale della fisica che sarà ospitata su Rangle, il blog di Peppe Liberti col tema principale di Meraviglia, rigore e stravaganza. Una sorta di continuazione e arricchimento di quanto introdotto con l'edizione dedicata al tema "Fisica e arte" ospitata il mese scorso proprio qui su Arte e salute.

Per chi volesse partecipare c'è ancora qualche giorno di tempo. Scrivete i post a tema o sulla fisica in generale nel vostro blog e inviate i link a Peppe.

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