Occhio-quadro: sperimentare l’indescrivibile

Può una persona sana vivere la condizione di uno stato mentale patologico attraverso un quadro? Secondo Giuseppe Pansini, artista e psicoterapeuta di formazione analitica, sì. Lo ha spiegato nel libro, "Il cavallo di Ulisse", ma soprattutto lo ha dimostrato con il quadro "Schizofrenia paranoide: occhioquadro".
Entrambe le opere sono state presentate al nono ciclo di letture attive organizzate dal Museo Laboratorio d'Arte Contemporanea dell'Università La Sapienza di Roma lo scorso anno. E' passato un po' di tempo, ma "Schizofrenia paranoide: occhioquadro" è un'opera che mi piace moltissimo. Il suo significato profondo è capace di riassume in sé molti, se non tutti, i temi trattati in questo blog. Non potevo quindi evitare di parlarvene. Secondo Pansini, infatti, l'arte è sia oggetto sia soggetto della psicologia e rimanda così ad un continuo scambio di ruoli. "Psicologia dell'arte" significa allora "interpretare l'arte con la scienza dell'anima". Insomma, non solo una "psicologia dell'arte preistorica" e una "psicologia dell'arte morta" o, comunque, rivolta ad ipotesi su quanto è già stato, ma una "psicologia dell'arte viva" che permetta di guardare nel "qui ed ora", di guardare in avanti. Lo scopo è quello di costruire un contenitore capace di trattenere le esperienze, i vissuti e le percezioni per poterle elaborare ed utilizzare in maniera adattiva.
Alla presentazione erano presenti anche Simonetta Lux, direttore del Mlac, Sergio Lombardo, psicologo e artista e Aldo Carotenuto, psicoanalista e scrittore. Proprio Simonetta Lux ha ricordato che "la riflessione della psicologia e della psicanalisi si fa in questo caso arte, in un'identità che ci chiama in causa tutti (fruitori, artisti e psicanalisti, critici e storici dell'arte), "eventualisticamente" come direbbe appunto Lombroso, nel tentativo di mettere a fuoco, di interpretare, di comprendere."
Tornando alla domanda iniziale "tutto ruota intorno alla nostra capacità, come "pazienti sani", di vivere la condizione di uno stato mentale patologico attraverso il vissuto artistico che diventa stimolo ad una risposta attiva, non indotta, e dunque realmente creativa e conoscitiva."
Il libro. Arte intesa quindi come processo creativo, conoscitivo e dunque formativo. Nel suo saggio "Il cavallo di Ulisse. Tra Freud e Jung un progetto per la psicologia dell'arte" (Franco Angeli, 2006), Pansini affronta infatti la complessa relazione tra arte e psicologia, distinguendo innanzitutto tra psicologia dell'arte e arteterapia. Nel primo caso è la psicologia ad essere al servizio dell'arte mentre nel secondo i ruoli si invertono ed è l'arte ad essere al servizio della cura del disagio psicologico.
Nelle parole di Sergio Lombardo "lo sguardo è diretto al mondo dell'arte costellato di oggetti bizzarri, di quadri che ci ascoltano, di poesie che ci guardano, di colori che ci parlano, di vocali che ci osservano. La qualità simbolica delle opere d'arte produce benessere e sanità psichica perché in grado di unificare elementi apparentemente incompatibili fra loro. Nell'economia psichica dell'artista e del fruitore esse sono la testimonianza del lavoro di recupero delle parti scisse del Sé, del lavoro di ricucitura insito nell'operazione creativa, del "fare arte" come ponte che unisce quei territori psichici che sembravano essere perduti per sempre. Come il chirurgo, in virtù del suo sapere manuale, disseziona i corpi, allo stesso modo, per arrivare ad avere una vera "psicologia dell'arte" è indispensabile "sporcarsi le mani"."
Il quadro. E se le è "sporcate" davvero le mani Pansini per gettare con la sua opera un ponte tra arte e psicologia. In "Schizofrenia paranoide: occhio-quadro", psicologia e psicanalisi sono insite nell'opera d'arte, ma senza finalità terapeutiche. L'obiettivo non è curare uno stato patologico, bensì proporre un'esperienza culturale dal valore creativo e conoscitivo.
Da un punto di vista formale "Schizofrenia paranoide" si presenta come una composizione modulare di riquadri in otto gradazioni di grigio, ma solo ad una certa distanza lo spettatore può ricomporre il pattern deframmentato dei quadrati nell'unità visibile che si rivela come l'immagine in primo piano di un occhio umano. In questo modo l'osservazione del quadro, come percezione frammentata e ambigua, ci immette nella condizione mentale scissa dello schizoparanoide che, nel suo stato patologico, non è in grado di assumere una visione coerentemente unitaria del percepito.
Lo stato mentale dello schizoparanoide è originato dall'incapacità di accettare una realtà dolorosa, incapacità che si traduce in una frattura con la realtà stessa: ad una condizione di sofferenza si preferisce la fuga dalla percezione del reale come unità. Lo spettatore "troppo vicino", non riuscendo a riassumere le parti in un tutto, si trova così nella posizione del paziente affetto da schizofrenia, ma il suo stato "sano" lo conduce a compiere un processo di distanziamento e messa a fuoco per poter integrare i frammenti e "vedere". È nient'altro che il processo terapeutico, il quale consiste appunto nel distacco dalla situazione dolorosa e dalla ricomposizione del proprio universo caotico in un vissuto dotato di senso. Geniale!
Arte e psicologia che si incontrano nella visione di quest'immagine deframmentata e ricomposta, dove la psicologia diventa metodo dell'arte e, in quanto dispositivo visivo suscettibile di interpretazione differenziata, l'arte rivela il suo valore psicologico: ad uno spettatore di stato mentale "sano", Pansini offre uno sguardo che lo espone all'incapacità di "vedere" e metaforicamente l'immagine si ricompone, guarda caso, in un occhio: ciò che si compone, si comprende, nel senso letterale del termine, è l'atto stesso del vedere e più in generale le condizioni in cui si dà ogni atto percettivo completo e dotato di senso.
Per leggere l'immagine e vederla come un tutto è necessaria la distanza e un dosaggio di luce relativamente basso: troppa vicinanza (fisica ma, perché no, anche emotiva e mentale) e un'esposizione ad una luce troppo intensa in luogo della realtà nella sua interezza e nel suo significato complessivo ci fanno percepire porzioni di realtà, riquadri.
Questa considerazione però ci riporta più concretamente alla nostra vita quotidiana. Se lo sguardo "reale" e qualsiasi comprensione si danno a distanza e ad una luce discreta, non siamo forse tutti noi esposti alla stessa incapacità dello schizoparanoide? Non sono forse uno sguardo schizofrenico e un orizzonte caoticamente privo di senso quelli in cui ci immette la cultura sovraesposta, ridondante e pressante della società contemporanea? E, in questo caso, qual' è la via terapeutica per questo nostro contemporaneo stato simbiotico con il caos di una realtà parcellizzata? La risposta è ancora nel quadro. "Distanza". Con la distanza lo sguardo, di quadrato in quadrato, si ricompone. E l'arte rivela la possibilità di una visione autentica.
Fonti: Mlac

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